22 Ottobre 2019, 07:37
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PALERMO – Più che una villa è una residenza turistica. Un mega immobile di 600 metri quadrati, una beauty farm e un boschetto privato, confiscata all’imprenditore di Partinico Benedetto Valenza.
Il provvedimento della sezione Misure di prevenzione del Tribunale, presieduta da Raffaele Malizia, è stato eseguito dai finanzieri del Gico del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Palermo. Contestualmente, però, il Tribunale ha respinto la richiesta di misura di prevenzione personale, ritenendo che la pericolosità sociale di Valenza sia venuta meno ormai da un decennio, e restituito una serie di beni all’imprenditore.
Valenza, come spiega l’avvocato Luca Inzerillo, rientra in possesso di immobili, macchine e conti correnti. Di fatto la sperequazione fra redditi dichiarati e beni acquistati negli anni è limitato al periodo fra il 1994 e il 1998 in cui fu costruita la villa.
Arrestato, scarcerato e processato. A volte assolto, altre condannato. Di vicissitudini giudiziarie Benedetto Valenza ne ha attraversato parecchie. Di certo, però, non gli hanno impedito di diventare il ras delle forniture di calcestruzzo in una grossa fetta della provincia di Palermo. Per decenni gli imprenditori si sono rivolti a lui in massa. Alcuni per scelta, altri perché Valenza aveva creato un monopolio.
L’imprenditore è figlio di Salvatore e nipote di Erasmo Valenza, entrambi inghiottiti dalla lupara bianca nel 1983 e considerati legati al capomafia di Cinisi, Gaetano Badalamenti. Nel 2000 Valenza fu assolto dall’accusa di mafia. Nonostante il verdetto, i giudici fecero rilevare la sua vicinanza ai fratelli Leonardo e Vito Vitale, boss storici di Partinico. Una vicinanza che costò a Valenza la sorveglianza speciale per tre anni e la confisca, ormai definitiva, di beni e società riconducibili a lui, alla moglie e alla figlia.
Nel 2005 Valenza tornò in carcere. Ancora una volta, però, fu assolto dall’accusa di avere fatto parte della famiglia mafiosa dei Vitale e di tentata estorsione. Non tardò a reinserirsi nel settore delle forniture di cemento, stavolta coinvolgendo la madre Flora Camilli. Ed è proprio per l’intestazione fittizia di un impianto alla mamma che Valenza fu arrestato nel 2009 e condannato con sentenza definitiva. Nel corso delle indagini furono sequestrate una serie di imprese di calcestruzzo e trasporti tra le province di Palermo e Trapani.
Nel febbraio 2009 a Valenza vennero concessi gli arresti domiciliari, commutati nel 2012 in affidamento in prova ai servizi sociali. Quattro mesi dopo, di nuovo alla detenzione domiciliare nell’ambito dell’inchiesta sul presunto utilizzo di cemento depotenziato per il porto di Balestrate. Una misura cautelare annullata dal tribunale del Riesame. Una volta rimesso in libertà, Benedetto Valenza, secondo l’accusa, avrebbe ripreso gli affari di sempre, tanto che 2014 finì di nuovo sotto processo, ma le accuse non hanno retto ed è stato assolto nel merito.
Attraverso i rilievi aerofotogrammetrici i finanzieri hanno scoperto che la costruzione risaliva al periodo 1994 e il 1998, “anni in cui Valenza viveva in pieno la propria illecita espansione imprenditoriale”.
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