Consiglio, altro sgambetto a Pogliese: salta il voto per il vicepresidente - Live Sicilia

Consiglio, altro sgambetto a Pogliese: salta il voto per il vicepresidente

Manca il numero legale e la seduta si chiude senza iniziare.

CATANIA – La maggioranza va sotto, stavolta sul numero legale. Quattordici persone in aula, ne servivano quindici. Il consigliere che mancava era sulle scale quando il presidente del Consiglio comunale Giuseppe Castiglione ha chiuso la seduta per mancanza del numero minimo di presenti in aula. Tra le urla di Tuccio Tringale, esperto del sindaco e di nuovo presente nella sala consiliare a presidiare la maggioranza. Senza successo, appunto.

Stasera sarebbe dovuta proseguire la votazione per il vicepresidente vicario del Consiglio comunale, dopo le dimissioni di Carmelo Nicotra per la candidatura alle Regionali 2022. Per succedergli, come raccontato da LiveSicilia, erano candidati il leghista ex pentastellato Emanuele Nasca e Salvo Giuffrida, nome del sindaco Salvo Pogliese. Un nome per l’opposizione e uno per la maggioranza. Una partita da giocarsi un voto alla volta.

Stasera a Palazzo degli elefanti avrebbe vinto il candidato con più preferenze. Se solo si fosse arrivati al punto di esprimerle. Ma Castiglione, autonomista di Grande Catania, ha cominciato l’appello sei minuti dopo le 19. Ieri la seduta era iniziata con mezz’ora e più di ritardo. “Cortesemente si accomodi fuori“, dice Castiglione a Tringale, che lo contesta con tutto il nervosismo accumulato in questi giorni. La puntualità quasi svizzera sarebbe stata, per i pogliesiani, un brutto escamotage per fare saltare il banco.

“Non è stato rispettoso nei confronti di consiglieri che stavano parcheggiando“, spiega a LiveSicilia Tuccio Tringale. Dopo essere stato visto litigare con veemenza anche con Giuseppe Gelsomino, il quale cercava di spiegargli: “In seconda convocazione siamo sempre puntuali. Prendi, per esempio, la seconda seduta sul regolamento dei chioschi“. Aperta e chiusa in un minuto esatto, per mancanza del numero legale.

Trasformare il fatto di stasera in una questione di orario sarebbe svilire un fatto politico di prima importanza. L’aut aut del sindaco Pogliese – “O si vota Giuffrida o mi dimetto”, si narra che abbia detto – non è stato digerito e la maggioranza si è spaccata. Sia quella ufficiale che, volente o nolente, al momento del bisogno c’era sempre stata (Grande Catania). Sia quella che maggioranza dovrebbe essere per natura, ma che non lo è mai stata: Catania 2.0, pur facendo riferimento ai leghisti Luca Sammartino e Valeria Sudano, è rimasta salda dal lato sinistro dell’aula. Mentre i consiglieri sotto l’egida della Lega siedono a destra.

Da quanto risulta a LiveSicilia, domani dovrebbe essere convocata una nuova seduta per lunedì. Le parti in gioco, al momento, non sembrano volere cedere un passo. Ma c’è una certa fretta: mercoledì 2 marzo si deve votare il rendiconto. Il commissario ad acta è già stato nominato, quel giorno il Consiglio deve agire con l’ormai proverbiale senso di responsabilità. I problemi, quindi, dovranno essere risolti. E qualcuno dovrà vincere la partita.

Dall’entourage di Pogliese fanno filtrare un certo disappunto. Oltre che un “umano dispiacere”. “È come fare un gol ed esultare mentre un giocatore dell’altra squadra è a terra infortunato“, è la similitudine. Per garbo umano, oltre che politico, insomma: banale cortesia in un momento di difficoltà per il sindaco (sospeso per effetto della legge Severino). Tanto più che la maggioranza si mette a contare: tredici sono i consiglieri dei gruppi del sindaco (contando anche Sara Pettinato, appena fuoriuscita da Fratelli d’Italia), tre quelli di Diventerà bellissima e almeno un paio del gruppo Misto in orbita centrodestra. “Non hanno fatto aprire la seduta per questo, perché sapevano che i voti li avevamo”.

Questi numeri, però, ieri non si sono palesati. E hanno consegnato un’immagine di sostanziale parità tra i due lati della barricata. Se il fine settimana porterà consiglio, gli equilibri cambieranno in fretta. Intanto qualcuno dell’opposizione si è detto pronto a brindare, fuori da Palazzo degli elefanti. E qualcun altro ha detto: “Dal 2018 è la prima volta che facciamo politica, finalmente“. Peccato che, fuori dal Palazzo, di queste dinamiche ai cittadini non sembri interessare granché.


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