Fiscalità di vantaggio? | Sì, ma solo per lo Stato

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31 Gennaio 2018, 16:41

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Per il sesto anno consecutivo la Sicilia avrà l’Irap e l’addizionale regionale Irpef sparata ai massimi livelli possibili consentiti dall’ordinamento. Quali sono le conseguenze economiche di questo “trattamento speciale”?

Avrete sentito parlare della “fiscalità di vantaggio” che in alcune aree svantaggiate o a ritardato sviluppo si utilizza per favorire l’insediamento produttivo e l’occupazione. L’Irlanda, ad esempio, l’ha praticata a livello di stato, e così Malta e altri ancora.

Ebbene, la Sicilia è un caso di scuola di “Fiscalità di svantaggio”. Se le basse imposte attirano imprese (e quindi creano lavoro), le alte imposte, oltre a tutti i disagi infrastrutturali, logistici, ambientali, sociali, fanno letteralmente fuggire il lavoro dalla nostra terra.

E di chi è la colpa? Della Regione che non ha soldi? Andiamo a vedere meglio questa storia, perché c’è un risvolto che ha dell’incredibile.

Una decina d’anni fa circa lo Stato chiese alla Regione di aumentare la già alta quota di spesa sanitaria corrente a suo carico, fino al 49 %, in cambio di una percentuale delle accise petrolifere che, ricordiamo, in Sicilia fruttano allo Stato più di 5 miliardi l’anno. La Sicilia si prese subito questo carico, ma lo Stato la compartecipazione alle accise non l’ha mai più data. Anche la Corte Costituzionale, in varie sentenze, ha ricordato che prima o poi la Regione si dovrebbe far carico addirittura del 100 % della spesa sanitaria, perché il 100 % delle principali imposte dirette e indirette dovrebbero restare dalle nostre parti. Vero è però che non è più così. Dal 2017 un terzo abbondante dell’Irpef e due terzi circa dell’Ivamaturate in Sicilia sono state “donate” graziosamente dal Governo Crocetta allo Stato, in cambio di nulla, ma tant’è. Vada per il 51 % a carico dello Stato e il resto a carico nostro. Di queste percentuali ne parleremo magari un’altra volta.

Il fatto, anzi il fattaccio, è che lo Stato si guarda bene dal pagarci lo stesso 51 % della spesa sanitaria corrente (che ammonta a circa 9 miliardi l’anno, la penultima pro capite in Italia, a scanso di equivoci). Come, direte voi? Non paga? E come facciamo a coprire la spesa sanitaria allora?

Semplice: ordina all’agenzia delle Entrate di scomputare da quel 51 % proprio l’Irap e l’addizionale Irpef raccolta in Sicilia.

In altre parole, lo Stato paga la sua quota… con le tasse raccolte in Sicilia dai Siciliani, cioè con le risorse della Regione. Alla fine, di 9 miliardi di spesa sanitaria, ne dovrebbe dare circa 4 e mezzo, ma in realtà stacca un assegno per poco meno di 2 miliardi (l’unico e l’ultimo trasferimento che arriva dallo Stato in Sicilia, per i più distratti), e il resto lo paga con le nostre tasse. Giusto no?

Torniamo ora alle aliquote sparate al massimo. Per ragioni inspiegabili l’attuale Governo regionale continua la medesima politica economica del precedente, lasciando queste aliquote ai livelli massimi possibili, spremendo ciò che resta dell’economia sicula peggio dell’impero bizantino.

Ma che succederebbe se la Regione, che ormai è rientrata abbondantemente dal deficit sanitario, provasse ad alleviare questa insopportabile “soma” fiscale che tutti i Siciliani pagano? Perderebbe risorse? No, perché già non sono “sue”. Succederebbe semplicemente che lo Stato avrebbe meno risorse per raggiungere il 51 % di spesa sanitaria a suo carico a suo carico e quindi dovrebbe finalmente mettere mano al portafoglio.

Ma lo Stato è in difficoltà, poverello. E noi Siciliani con il nostro perenne sacrificio abbiamo il dovere morale di aiutarlo. Soprattutto per come siamo tenuti in considerazione dalla stampa e TV “nazionale”.

Ci dicessero almeno grazie…

Pubblicato il

31 Gennaio 2018, 16:41

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