24 Settembre 2011, 15:29
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Bruno Contrada ce l’avrebbe fatta: la Corte di Appello di Caltanissetta ha ammesso la revisione del processo in cui era stato condannato a 10 anni di reclusione – che sta scontando ai domiciliari – per concorso in associazione mafiosa. Altre due richieste erano state in precedenza rigettate. La sua speranza di ”aver restituito l’onore” e la ”rispettabilità del suo nome” si riaccende. La Procura generale di Caltanissetta, tuttavia, ha espresso parere negativo sulla richiesta di revisione del processo presentata dalla difesa. Secondo fonti della stessa Procura generale, ogni decisione finale sarà presa nell’udienza fissata per l’8 novembre.
In quella sede le parti illustreranno le rispettive posizioni e la Corte deciderà definitivamente sul processo di revisione. Non è conclusa, dunque, la vicenda giudiziaria dell’ex numero Tre del Sisde, per decenni ai vertici della polizia e delle squadre antimafia, cominciata la vigilia del Natale ’92 col suo clamoroso arresto quando aveva 60 anni: ne ha compiuti 80 il 2 settembre scorso. Contrada, per bocca del legale Giuseppe Lipera, che ha cominciato ad assisterlo dopo la condanna definitiva, si dice ”frastornato” da una notizia che ”sembrava impossibile”, ma ”pessimista” per la storia della sua vicenda giudiziaria, anche se ”la speranza è l’ultima a morire”.
”Sono sempre fermo – dice Contrada – al brocardo latino ‘ad impossibilia nemo tenetur’ (all’impossibile non si può fare alcunché) perché dopo tutto quello che ho passato negli ultimi venti anni ho tutti i motivi per essere pessimista. Ora devo trovare il tempo e il tempo ormai per me stringe e la salute scarseggia. La speranza è l’ultima a morire; l’unica mia speranza è l’imprevisto”. Lipera dice: ”Sono felicissimo, perché è un risultato a cui credevamo tantissimo e per cui combattiamo da quattro anni”.
”Sin da quando ho conosciuto Contrada – aggiunge – mi sono reso conto di trovarmi davanti a un uomo meraviglioso, che con la mafia non aveva nulla a che spartire. Finalmente potremo dimostrare la sua estraneità ai fatti in un’aula giudiziaria e sarà possibile restituirgli giustizia”. Nella richiesta di revisione Lipera ha allegato agli atti il libro ‘Nel labirinto degli Dei’ del pm Antonio Ingroia e una consulenza psicologica su Contrada. Nel ricorso l’avvocato chiede la citazione dei magistrati: Antonio Ingroia, Alfredo Morvillo e Giancarlo Caselli. Il legale sollecita la Corte a sentirli su un episodio riportato nel libro del procuratore aggiunto palermitano: il magistrato parla di Vincenzo Scarantino, il pentito che si era autoaccusato di avere organizzato il furto della Fiat 126 utilizzata come autobomba nella strage di via D’Amelio e che poi ha ritrattato. Il collaboratore aveva fatto ”nuove accuse a carico di Bruno Contrada” e la Procura di Palermo ”diede incarico alla polizia giudiziaria di fare indagini”, ma ”l’esito fu sconfortante”. Così, si legge nel libro del pm, le sue dichiarazioni ”non furono mai utilizzate”.
Secondo l’avvocato Lipera, il mancato versamento dell’atto istruttorio nel fascicolo del pm avrebbe ”impedito alla difesa di esercitare le azioni che avrebbero potuto chiarire il contesto in cui stava maturando tutta la vicenda giudiziaria e di usare ogni strumento utile per fare emergere la verità”. La perizia dello psicologo ritiene ”non conciliabile con la disposizione caratteriale di Contrada” l’accusa contestata di ”avere ‘colluso’ con un sistema ‘nemico’ rispetto a quello a cui appartiene e che per tutta la sua carriera ha ‘perseguitato”. L’ex superpoliziotto è stato condannato in primo grado, assolto in appello con sentenza annullata dalla Cassazione, e condannato nel nuovo appello: verdetto confermato dalla Suprema corte. La fine pena è prevista il 20 novembre 2013.
(fonte: Ansa)
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24 Settembre 2011, 15:29