20 Luglio 2020, 07:01
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CATANIA. Da volto simbolo della Protezione civile degli anni Duemila a dirigente in pensione chiamato però dai governatori italiani per intervenire nell’emergenza Coronavirus. Guido Bertolasso è andato in Lombardia, nelle Marche e in Sicilia. Non senza polemiche. Un attivismo che gli è costato caro, tanto da ammalarsi lui stesso di Covid. LiveSicilia lo ha incontrato a Linguaglossa, ai piedi dell’Etna, a margine di un incontro voluto dal sindaco Salvatore Puglisi.
Bertolaso, lei l’ha vissuta sulla propria pelle e ne è uscito mentre altri non ce l’hanno fatta, cos’è la Covid?
“È un virus subdolo, che si confonde con un’influenza normale. Un virus che pian piano ti impedisce di respirare. Ma non te ne accorgi immediatamente. Sembra che si respira normalmente, ma non è così. Ad un certo punto, senza avere tosse, semmai con una leggera febbre, ti accorgi che hai difficoltà a respirare, come se qualcuno ti avesse messo un panno davanti alla bocca”.
Cosa si prova in quegli istanti?
“Si ha la sensazione di soffocare. Quindi si va in ospedale. Solitamente, a quel punto ti devono intubare e attaccare a un ventilatore, una macchina cioè che respira al posto tuo. In Italia ne avevamo 6mila sparsi nelle varie rianimazioni, ne abbiamo oggi 9mila. I 35mila morti sono dovuti alla carenza dei letti in rianimazione. Lo dicono i numeri. Evidentemente qualcosa non ha funzionato. In Germania sono passati da 14mila letti a 30mila letti. Evidentemente si sono saputi organizzare”.
Che cosa ha da dire agli italiani?
“Che questa malattia è terribile, ti ritrovi in rianimazione senza accorgertene. I medici hanno dovuto affrontare una malattia con una sintomatologia che non conoscevano, non avevano i farmaci, non sapevano come arrestare questa polmonite. Gli italiani però sono stati molto più bravi dell’Italia. Hanno saputo rispettare le regole molto di più di quanto il sistema chiedeva loro”.
Lei è un uomo dalla grande esperienza nelle emergenze, avrebbe mai pensato di vivere una vicenda simile?
“Questa esperienza ha preso in contropiede tutti. Io stesso a gennaio, in alcune interviste, avevo detto che non sarebbe stata un’epidemia così drammatica. Parlavo da pensionato, da cittadino che non contemplava alcuna responsabilità istituzionale”.
E oggi?
“Il virus si è dimostrato davvero micidiale e lo è ancora. Oggi ne parliamo meno. Molti hanno le mascherine e ciò è buono. Da noi ha colpito in modo molto potente e ha agito da molto prima rispetto a quando noi immaginavamo. I cinesi sono stati zitti e hanno una grossissima responsabilità. Se l’Oms si fosse svegliata prima, tutto quello che è accaduto non sarebbe avvenuto. A epidemia finita qualcuno se ne dovrà occupare”.
Sulla stampa c’è chi ha fatto satira della sua malattia, cosa ne pensa?
“Ci sono abituato. Non mi fanno né caldo né freddo. È da un vita che c’è chi scrive tutto il male possibile su di me, tutte le cattiverie possibili e immaginabili. Ci sono giornalisti che hanno delle agende scritte. Tu puoi essere anche san Gennaro, ma se per loro sei il diavolo, lo continueranno a sostenere. Essere attaccato da Travaglio, anzi, è motivo di grandissimo onore e soddisfazione”.
Ritiene che gli attacchi alla sua persona siano connessi all’attività svolta quando Silvio Berlusconi era premier?
“Anni fa venne da me l’ex direttore del Corriere della Sera, Ferruccio de Bortoli, una persona perbene. Mi disse che era venuto da me anche per chiedere scusa, perché mi avevano trattato molto male. Meglio tardi che mai, fu la mia battuta. E lui mi confermò che esistesse un ordine di scuderia appunto perché ero considerato l’erede di Silvio Berlusconi. Questo episodio l’ho già raccontato in tv e lui non mi ha mai smentito”.
Gli effetti di questa campagna?
“Che è stato buttato il bambino con l’acqua sporca. Per colpire Bertolaso è stata demolita un’intera struttura che funzionava. I risultati si vedono tutti. La Protezione civile di oggi non è certo quella che ci invidiavano tutti. Siamo pure andati in America, dopo l’uragano Katrina a spiegare come intervenire. E non solo lì. Quando ho visto Conte col maglioncino stile Bertolaso mi è venuto da ridere. Questo non lo deve fare il politico, ma il tecnico. Qui è successo il contrario. I problemi di ciò si vedranno con il tempo”.
Venendo in Sicilia è scoppiato un caso. Ed è scoppiato anche sulla scorta delle dichiarazioni di Claudio Fava. Come stanno le cose?
“La stima con il presidente Musumeci risale a quando lui era al vertice della Provincia di Catania, quando lavorammo fianco a fianco per un mese e mezzo, anche allora c’era un’emergenza da gestire, quella di Santa Venerina. Da allora sono sempre rimasto a sua disposizione. Mi contattò per l’emergenza Covid già a marzo. Avevo già l’impegno con Fontana, poi mi sono ammalato e quindi guarito”.
È venuto davvero in barca?
“Sono venuto con la mia barca a vela, sì. Ormeggiata a Trapani. Ho preferito affittare una macchina, che mi ha permesso di fare per due settimane la spola con Palermo. La verità è che non ero qui per caso, ma ero stato già chiamato per dare il mio contributo”.
E la quarantena?
“Non la devo, e dovevo, fare. Sono immune perché ho avuto il Covid. Ho fatto quattro tamponi, quattro negativi. Questa polemica mi ha fatto ridere tantissimo”.
Che vuol dire prolungare lo Stato d’emergenza oltre luglio?
“Va prolungato, ma con un approccio totalmente diverso. Lo stato d’emergenza deve essere gestito dai tecnici. Troppe volte in questi mesi è successo il contrario. La pressione che hanno subito i membri del comitato tecnico scientifico è stata spaventosa, come nella vicenda della riapertura della Serie A. E non mi pare che siano stati tutelati da questo punto di vista. Va riorganizzata la classe dirigente del nostro Paese”.
Ci sarà la seconda ondata?
“Avremo sicuramente la ripartenza dell’epidemia. Il rischio è che si confonda con l’influenza. Per questo bisognerebbe estendere la vaccinazione per l’influenza obbligatoria, soprattutto per le categorie più deboli. Saremo tuttavia più bravi e più attrezzati rispetto a febbraio: oggi ne sappiamo sicuramente di più”.
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