Cosa c'è da festeggiare? - Live Sicilia

Cosa c’è da festeggiare?

La festa del lavoro vista dal sindaco di Catania, che analizza lo scenario nazionale e quello locale. E lancia un appello...

 

I dati diffusi ieri dall’Istat sui livelli della disoccupazione soprattutto di quella giovanile al Sud sono solo la conferma, purtroppo, che anche questo primo maggio avrà un sapore agrodolce. Anche il nostro territorio, naturalmente, paga da tempo un prezzo molto alto alla grave crisi economica generale: precari, cassintegrati, giovani ma anche cinquantenni ancora in cerca di prima occupazione o che il lvaoro lo hanno perso, cosa potranno mai festeggiare?

Le cifre della disoccupazione in Italia devono inquietare la tranquillità di ciascuno di noi affinché, già dal prossimo anno, si possa celebrare questo giorno come una festa quantomeno più allargata, con minori esclusioni. La ripresa economica globale è in bilico. Invertire questa tendenza attraverso la crescita sostenibile e lo sviluppo, significa combattere l’ingiustizia sociale: « Una pace duratura può essere stabilita solo se basata sulla giustizia sociale » parole del 1919 ma sempre attuali, purtroppo, contenute nella Costituzione dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro.

Il sentimento di profonda ingiustizia si avverte anche perché si ritiene che nel nostro Paese ai più deboli vengano richiesti sacrifici maggiori. Tocca a noi però rafforzare i segnali positivi di un desiderio di invertire la rotta, realizzando politiche sociali « intelligenti », il maggiore investimento produttivo possibile in una ripresa incentrata sulle persone, che elimini definitivamente sprechi e rendite parassitarie che anche a Catania per troppo tempo hanno avuto il sopravvento: privilegio di pochi a svantaggio di molti. È un nostro dovere morale rafforzare l’impegno per la giustizia sociale, ma credo sia anche interesse comune della nostra convivenza civile, incidere per riscrivere le comode regole di favore scritte solo per qualuno.

Per questo, in occasione del primo maggio, faccio mio l’appello lanciato nei giorni scorsi da alcuni vescovi del nostro Paese, proprio sul tema del lavoro: “È arrivato il tempo di cambiare marcia, con una rinnovata assunzione di responsabilità che veda prevalere l’impegno e la disponibilità di tutti verso il lavoro: banche, imprese, sindacati dei lavoratori, società civile, comunità politica”. Noi ci siamo, in prima linea naturalmente.


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