Cosa Nostra e il delitto dell'uomo "sbagliato": confermati 30 anni

Cosa Nostra e il delitto dell’uomo “sbagliato”: 30 anni di reclusione

La sentenza della Suprema Corte

CATANIA – I killer di mafia sbagliarono persona. E il 17 marzo 2001: il povero Giuseppe Romano, si trovò nel posto sbagliato e nel momento sbagliato. Due assassini, fra cui il capo del clan Bottaro Attanasio, Alessio Attanasio, lo scambiarono per un imprenditore, un appaltatore, e lo uccisero vigliaccamente a colpi di pistola.

Ora la Corte di Cassazione ha confermato la condanna a carico di Attanasio, che si è sempre professato innocente nonostante le testimonianze concordi dei pentiti. Attanasio è stato condannato a 30 anni con rito abbreviato. La sentenza, confermata in appello, ora passa in giudicato. Il condannato si trova al 41 bis.

Il delitto

Per i giudici, agì in veste di capo della cosca Bottaro-Attanasio. Assieme a lui ci sarebbe stato un altro individuo che nel frattempo è morto. Va specificato come già in quegli anni fossero numerosissime le interazioni tra la mafia siracusana e i clan catanesi, egemoni su tutta l’area centro-orientale della Sicilia.

Il vero obiettivo dei killer sarebbe stato un imprenditore. Quest’ultimo, stando alla tesi sostenuta dall’accusa, avrebbe ricevuto dai clan Bottaro-Attanasio e Santa Panagia una condanna a morte dalla mafia. Secondo gli inquirenti, sulla base delle ricostruzioni dei pentiti, ad agire sarebbero stati Attanasio e un’altra persona, come detto, ormai deceduta.

Lo scambio di persona

Ma gli autori dell’agguato si sarebbero fatti ingannare dall’auto, una Fiat 126, che era nella disponibilità dell’imprenditore ma fatalmente guidata, quel giorno, da Romano. Il boss Attanasio nel frattempo in carcere ha preso due lauree, ha sempre puntato l’indice contro i pentiti che lo accusano.

I giudici non gli hanno creduto. E qualche giorno fa una Corte ha anche respinto la sua richiesta di un permesso per sostenere emotivamente la sua compagna, che aveva perso il padre. Per i giudici la perdita del padre della donna non rientra tra le “circostanze eccezionali” per cui si può uscire dal cosiddetto carcere duro.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI