23 Ottobre 2020, 19:38
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CATANIA – L’ago della bilancia del potere nella mafia militare è molto labile. Cambia in continuazione. Dipende molto da arresti, scarcerazioni, nuove leve. E così quando un boss della vecchia guardia torna a piede libero anche dopo decenni, pensa di avere una sorta di diritto di “prelazione” sullo scettro del comando.
Guardando indietro nella storia recente di Cosa nostra, alcune volte per evitare ambiziose incoronazioni a reggenti si preferiva agire con le pistole. Un modo veloce anche per dare lezioni per ‘il futuro’. Ma la strategia del sangue riguarda fortunatamente il passato, oggi c’è la “diplomazia mafiosa”. Insomma la lupara è messa in conto solo quando non si trovano soluzioni.
L’inchiesta Black Lotus ha documentato le fibrillazioni all’interno del clan Santapaola-Ercolano nel 2016 tra Belpasso e San Pietro Clarenza. Il killer Carmelo Aldo Navarria “rientra” in campo e Pippo Felice, detto “carrozzella”, deve fare i conti con le pretese dell’ex malpassotu nella gestione delle estorsioni a Belpasso.
Navarria avrebbe avuto il ‘placet’ da Francesco Santapaola colluccio, all’epoca capo della famiglia catanese di Cosa nostra. Da San Pietro Clarenza Pippo Felice avrebbe avuto invece l’appoggo di Aldo Ercolano, figlio di Sebastiano, e Antonio Tomaselli, penna bianca (che dalle indagini del Ros Chaos diventa reggente fino al 2017). I carabinieri piazzano le telecamere a casa del boss di San Pietro Clarenza e immortalano le visite di Tomaselli ed Ercolano.
Ma non solo, le intercettazioni permettono di individuare vecchi e nuovi affiliati. E così tornano in auge gli Stimoli, storici rappresentanti mafiosi del gruppo di San Pietro Clarenza – Barriera. Ma l’indagine porta anche a Lineri (frazione di Misterbianco) dove avrebbe un certo peso criminale Carmelo Di Stefano, genero di Carmelo Rannesi, un ‘malpassotu’ doc.
A completare il puzzle dell’inchiesta sono le dichiarazioni di Carmelo Aldo Navarria, diventato qualche anno fa collaboratore di giustizia insieme ai fratelli Gianluca e Mirko Presti.
Il 12 ottobre 2019 scattano le manette nei confronti di decine di indagati. A pochi mesi di distanza arriva la richiesta di rinvio a giudizio: 24 imputati optano per il rito abbreviato. I pm Andrea Bonomo e Alessandra Tasciotti hanno chiesto al gup Santino Mirabella pene severissime. Giuseppe Faro e Pippo Felice rischiano 20 anni di galera. Pietro Stimoli e Antonio Tomaselli, invece, 16 anni. 14 anni, invece, la condanna avanzata nei confronti di Carmelo Di Stefano.
I due magistrati della Dda etnea non ha concesso sconti. E pensare che le pene sono già ridotte di un terzo visto il rito alternativo.
Ecco le richieste di pena: Carmelo Ardizzone, 18 anni e 8 mesi, Angelo Arena, 2 anni e 8 mesi e 6 mila euro di multa, Orazio Domenico Cosentino, 18 anni, Roberto Carmelo Di Mauro, 4 anni e 4 mila euro di multa, Carmelo Di Stefano, 14 anni e 8 mesi, Giuseppe Faro, 20 anni, Gianluca Felice, 10 anni, Giuseppe Felice, 20 anni, Venerando Leone, 12 anni e 8 mesi, Gianluca Lo Presti, 10 anni, Salvatore Messina, 10 anni, Corrado Monaco, 6 anni e 20 mila euro di multa, Lorenza Stefania Politini, 6 anni e 4 mila euro, Mirko Presti, 2 anni e 2 mila euro, Vito Romeo, 4 anni e 8 mesi e 4 mila euro di multa, Antonio Sangrigoli, 4 anni e 4 mila euro di multa, Giuseppe Santonocito, 12 anni, Vincenzo Sapia, 12 anni, Emanuele Spanò, 2 anni, Barbaro Stimoli, 12 anni, Carmelo Orazio Stimoli, 10 anni e 8 mesi, Salvatore Gabriele Stimoli, 4 anni e 4 mila mila euro di multa, Pietro Stimoli, 16 anni e 4 mesi, Antonio Tomaselli, 16 anni.
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23 Ottobre 2020, 19:38