“Così abbiamo vinto | la battaglia di Pizzo Sella”

di

22 Giugno 2010, 08:31

2 min di lettura

“Queste famiglie hanno comprato non sapendo cosa ci fosse dietro le concessioni di Pizzo Sella. Con loro avevo già vinto due cause in sede civile contro il comune di Palermo, che ha poi fatto appello. Lì non sappiamo ancora come andrà a finire. Ad ogni modo, l’ordinanza di venerdì scorso è strepitosa, perché certifica che non solo i proprietari hanno acquistato in buona fede, ma non potevano neanche immaginare che dietro l’acquisto di immobili apparentemente in regola si nascondesse tutto questo”. Giorgio Ganci, l’avvocato che ha fornito l’assistenza legale a poco più di una dozzina di acquirenti degli immobili di Pizzo Sella è soddisfatto ai limiti della commozione. Per tredici anni ha seguito alcuni dei proprietari degli immobili sulla collina che per lungo tempo è stata definita “del disonore”. Fino allo scorso venerdì, quando i giudici hanno riconosciuto la buona fede dei proprietari, che nulla sapevano al momento dell’acquisto, delle illegittime concessioni edilizie certificate ai costruttori.

La storia delle villette di Pizzo Sella comincia nella Palermo di Ciancimino, alla fine degli anni Settanta. È il 1978 – racconta Giorgio Ganci – quando Sicilcalce spa, società di Andrea Notaro, cognato del boss mafioso Michele Greco, ottiene 314 concessioni edilizie sulla collina che sovrasta il golfo di Mondello. Poi, un passaggio intermedio a Bondì costruttori, società che non ha la capacità economica e imprenditoriale di realizzare il progetto. Per questo la maxi concessione passa nelle mani della Calcestruzzi di Gardini e Ferruzzi, che ottengono un mutuo dal Monte dei Paschi di Siena per 36 miliardi di vecchie lire, con cui nel giro di un paio d’anni già le prime villette riescono ad essere ultimate e vendute. Giorgio Ganci racconta la vicenda con dovizia di particolari, è una storia che conosce bene come pochi altri. Da tredici anni, appunto, fornisce l’assistenza legale a diversi proprietari degli immobili, che finalmente lo scorso venerdì si sono visti riconoscere il diritto di abitare le proprie case. “Seppure gli acquirenti non fossero mai stati condannati per la vicenda di Pizzo Sella – racconta Ganci – la ‘punizione’ rappresentata dal sequestro rimaneva sulle loro spalle. Dopo la sentenza definitiva della Cassazione, l’intuizione mi è arrivata sulla scorta della sentenza pronunciata dalla Corte Europea sulla vicenda di Punta Perotti, in Puglia. Siccome il regolamento comunitario parla chiaro, i giudici degli Stati membri dell’Unione Europea sono tenuti a seguire le indicazioni contenute nelle sentenze della corte europea. È stato così che, con i 14 proprietari che avevo assistito, nel 2008 ho presentato ricorso. Abbiamo aspettato un po’ di tempo, ma l’8 aprile 2010 il ricorso è stato accolto e nel giro di un paio di mesi si è arrivati alla sentenza dello scorso venerdì”.

Articoli Correlati

Intanto dalla politica torna la proposta di una legge sulla delocalizzazione, per risolvere definitivamente il “caso Pizzo Sella”, insieme ai numerosissimi casi analoghi diffusi nel territorio siciliano. Ma Ganci si mostra fortemente critico: “Per attuare la delocalizzazione – dice – le istituzioni dovrebbero avere la forza economica per sostenere le spese che la norma comporta. Le nostre istituzioni – prosegue – riescono a stento ad acquistare la carta per le fotocopie. Sarebbe una norma inattuabile in questa fase”.

Pubblicato il

22 Giugno 2010, 08:31

Condividi sui social