“Così salviamo i bambini e le loro madri” |Un giorno alla Culla per la vita

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07 Dicembre 2014, 19:37

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PALERMO – “È mai successo che qualche donna sia tornata pentita?”. È il primario di neonatologia e terapia intensiva dell’Ospedale Civico di Palermo, Marcello Vitaliti, a rispondere. È il medico che ha prestato soccorso alla neonata gettata nel cassonetto dalla madre. “Se questa culla fosse stata conosciuta quanto basta, possibilmente avrebbe strappato alla morte la piccola Giorgia”. È neonatologo da oltre trent’anni e di casi come questi ne ha visti molti. “L’ho voluta fortemente la culla per la vita, è un un’opportunità di estrema civiltà”.
Si possono salvare molte vite così. E qualche volta c’è chi torna indietro. “Era il 2008, mi trovavo a Marsala. La donna non era una nostra connazionale e aveva problemi economici – racconta il primario -. Le trovammo una sistemazione alberghiera, alcuni lavoretti, così da poter garantire sussistenza a lei e al piccolo. È stata un’esperienza molto bella, per chi fa terapia intensiva e ha dedicato la propria esistenza ai bambini conosce l’importanza di avere una madre. Essere riuscito a far recuperare questo è stato un valore enorme”. Storie di madri e figli, d’abbandono e rinascita.
Ma quante donne ne fanno davvero uso? “Da quando è stata donata la culla termica da Inner Wheel Italia lo scorso anno, nessuna donna ha sfruttato questa possibilità”. E se da un lato il dato è consolante, dall’altro fa emergere un aspetto occulto. “Questo può significare che le madri con gravidanze indesiderate si liberino del bambino gettandolo in un cassonetto o altrove” constata il Dottor Vitaliti. “Se dovessi fare una statistica invece di neonati affidati in adozione dopo un parto assistito e in assoluto anonimato, direi che annualmente arriviamo a una decina di casi”.
La struttura è attiva da un anno. Si trova di fianco al capolinea dell’Amat, in piazza Nicola Leotta, vicino all’ingresso principale dell’Ospedale Civico di Palermo. È in un angolo appartato, lontana da occhi indiscreti e telecamere che non garantirebbero l’assoluto anonimato a tutte quelle mamme che abbandonano i figli non riconosciuti. Al civico 8, un cancello verde accoglie una nuova vita strappandola a una fine infelice. Qualche scalino, “le istruzioni per l’uso” e la finestra che è un passepartout di tutela per quei neonati che da lì a poco verranno dati in adozione. Una volta aperta facendo pressione su un bottone rosso, allocato il bambino nella culla termica e riscaldata, alcuni sensori collegati lanciano un allarme all’unità operativa di Neonatologia del nosocomio. Il personale di servizio, tra medici e paramedici, presta il primo soccorso. La culla è dotata di ogni bene di prima necessità come pannolini, tutine e coperte.
La “culla d’accoglienza”, tuttavia, è l’estrema ratio. Oggi la legge consente alle mamme di partorire in forma anonima, proteggendo la loro privacy e quella del figlio. “La “donna che non vuole essere nominata”, può lasciare il figlio al nido e sarà nostra cura prenderlo in consegna – spiega Vitaliti -. Se dopo il percorso psicologico la donna è convinta della sua scelta, procediamo con una segnalazione al tribunale dei minori, molto solerte in quest’iter, che ci nomina come tutori transitori fino a quando il bambino non viene consegnato alla casa famiglia in attesa d’adozione”.

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07 Dicembre 2014, 19:37

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