Costa: "Certi discorsi sul Covid ricordano il nazismo"

Costa: “Certi discorsi sul Covid ricordano il nazismo”

L'atto di accusa del commissario all'emergenza Covid.

“Non mi piace l’aria che avverto. Certi colleghi, inconsapevolmente, dicono cose al limite dell’eugenetica. Ragionamenti sicuramente in buonafede, che partono da altri presupposti, ma che ricordano le agghiaccianti opinioni del dottore Mengele, uno dei medici, ma mi ripugna definirlo così, tristemente famosi ai tempi dei campi di concentramento”.

Il dottore Renato Costa, commissario per l’emergenza Covid nell’area metropolitana di Palermo, parla, in ogni circostanza, con un linguaggio appassionato e preciso. In questo caso la precisione c’è sempre. Ma la passione va ben oltre gli argini di una semplice informazione. E tocca temi sensibili per la coscienza umana, che si sia d’accordo o non sull’impostazione.

Commissario Costa, Mengele era un feroce nazista, un criminale mostruoso, uno che faceva gli esperimenti sulle cavie umane. Non le sembra un paradosso un po’ azzardato?
“E’ un paradosso, infatti. Che non coincide con un giudizio sulle persone, ma che rappresenta un’idea che si fa strada, a poco a poco. Un pensiero, certe volte più nascosto e inconsapevole, certe volte quasi esplicito. E lo sappiamo tutti, inutile nascondersi”.

Ovvero?
“Ovvero: che volete che sia il Covid, al massimo stanno male e muoiono gli anziani e i fragili. Questo sento dire o sottintendere ed è un’affermazione incredibile almeno per due motivi”.

Quali?
“Intanto non è vero che il Covid sia come un’influenza. Non lo è affatto. Anche le persone sane e vaccinate possono essere soggette a sintomi significativi. Stiamo vedendo una recrudescenza delle polmoniti che erano scomparse. Questo è il primo dato”.

Il secondo?
“Ma come possiamo, non dico pensare, ma soltanto immaginare che gli anziani e i fragili siano sacrificabili? Come possiamo accettare di pagare un prezzo in termini di vite umane, di persone? Questa non è forse una sotterranea e, ripeto, inconsapevole, forma di eugenetica? Dobbiamo avere cura di tutti. Ma cosa ci costa indossare le mascherine in un luogo chiuso per proteggerci e proteggere i più bisognosi di attenzione?”.

Lei vede una sottovalutazione?
“Non c’è dubbio. E vedo anche oltre. La struttura commissariale e l’hub della Fiera sono gli avamposti della sanità come dovrebbe essere. Attiva sul territorio, attenta al singolo, non basata sui numeri. Si è fatto per la pandemia. Perché non si può fare sempre?”.

Invece?
“Invece, magari, c’è chi preferirebbe lo schema: medico curante e ospedale, con in mezzo il nulla. Forse perché, per qualcuno, è conveniente accogliere i pazienti nello studio privato e poi assisterli nella struttura pubblica”.

La sua è un’accusa di peso. Con chi ce l’ha?
“Con nessuno in particolare. Parlo di una tendenza che esiste ovunque, a livello nazionale. Io sono sempre stato contro le commistioni. Vuoi lavorare nel privato? Benissimo. Ma se lavori in ospedale, devi lavorare in ospedale e basta. E dobbiamo tenere presente che la sanità è servizio, non potere”.

Anche la struttura commissariale potrebbe essere un centro di potere, o non è così?
“Certamente non con me e con i miei ragazzi. Ci siamo messi a disposizione. Io, in svariate occasioni, pure parlando con lei, ho detto che mi piacerebbe tornare e fare il medico nel mio reparto”.

E perché non lo fa?
“Perché la guerra non è ancora finita ed è necessario combattere il nemico, mettendo a frutto l’esperienza che abbiamo maturato fin qui”. (Roberto Puglisi)


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