Costa: "Noi scomodi per la politica, ora penso ai poveri"

Costa: “Noi scomodi per la politica, ora penso ai poveri”

La politica. La sanità. I favori e i centri sociali. Non manca niente nella chiacchierata-sfogo.
INTERVISTA AL COMMISSARIO COVID
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“Noi siamo scomodi perché abbiamo portato un modello di sanità diverso e inesistente in Sicilia. Quello per cui un paziente non deve aspettare sei mesi per una risonanza o cercare un amico. Abbiamo accolto tutti, abbiamo dato risposte a tutti, senza corsie preferenziali né ritardi. Forse questo è risultato, alla fine, imperdonabile per un certo sistema”.

Sabato mattina. L’hub vaccinale della Fiera è deserto, come accade da parecchi giorni. Nessuno viene per la quarta dose. La convinzione – che ognuno si augura vera dal profondo del cuore – che il Covid stia scomparendo ha contagiato molti, poi bisognerà valutare il futuro alla prova dei fatti. C’è qualche medico (pochi) per una sorta di appuntamento-spot con la vaccinazione. Ma la cronaca marcia da un’altra parte. Il sentimento generale ha archiviato la pratica della pandemia. E la politica si accoda. Tanto più che il luogo in cui siamo è una delle vestigia del già trascorso regno presidenziale di Nello Musumeci. Chi può avere, politicamente, l’interesse ad ascoltare coloro che ancora qui vivono e lavorano, nel momento in cui si proclama il cambio di passo? In trincea, con i suoi, c’è rimasto il commissario Renato Costa, in scadenza, con tutta la baracca, il 31 dicembre prossimo. Ha già detto che non sarà interessato a nessuna proroga in prima persona, ma spera che ‘i suoi ragazzi’ trovino un modo per andare avanti. Lui, comunque vada, farà altro. Ecco cosa. Anche l’incipit virgolettato è suo, come il resto.

Commissario, lei dice che avete rappresentato davvero una anomalia, almeno nell’occuparvi del Covid. Non sarà una valutazione che nasce dalla voglia di salvare il salvabile?
“No, io osservo i fatti. Abbiamo combattuto, all’inizio senza vaccini, contro il Covid, rischiando moltissimo. Abbiamo garantito un servizio a tutti, con i pazienti curati a casa, con migliaia di prestazioni. Perché la sanità normale non può sposare questa novità, scoprendo un legame migliore con il territorio?”.

Lo domando io a lei: perché?
“Mi vengono alla mente soltanto risposte poco diplomatiche”.

Lei non passa per uno diplomatico…
“Perché, in Sicilia, chi sta dalla parte dei diritti è un eretico. E, in sanità, stare dalla parte dei diritti significa, per esempio, garantire servizi per tutti. Ecco che cos’è il modello Fiera. Ma questo crea problemi a chi punta sull’assenza dei diritti, parola che mi piace moltissimo, infatti la ripeto, per acquisire potere”.

Un esempio?
“Se io devo fare un esame e mi prenotano fra sei mesi, magari, cercherò chi può aiutami a sbrigarmi prima. Chi, in cambio, esigerà un favore a sua volta. Noi non abbiamo guardato in faccia nessuno, nel senso che abbiamo aperto le porte a chiunque, senza controllare documenti, appartenenze e cognomi”.

E la politica?
“Lei mi vuole, per forza, tirare fuori quello che ho dentro…”.

E la politica?
“Certa politica, in Sicilia, non ama i diritti, preferisce elargire e scambiare favori. Possiamo mai risultare simpatici? Ecco il motivo di una lenta agonia. Abbiamo un organico dimezzato perché diversi contratti non sono stati rinnovati. C’è gente che piange qui”.

Ma anche voi, commissario, siete, in fondo, uno strumento di potere, o lo siete stati, no? La gestione di una pandemia offre, comunque, una ribalta e delle relazioni ai massimi livelli. Non è così?
“Non è così. Io e i miei ragazzi abbiamo fornito un servizio. Sono un sindacalista, non nasco mica ora. Lo so che la sanità è potere. Ma noi siamo rimasti fuori dallo schema. Ci siamo messi a disposizione da subito, creando una esperienza unica. Un modello, sì, me lo lasci ripetere. Quello che è passato sopra le nostre teste non ci interessa. E saremo qui fino all’ultimo giorno a compiere il nostro dovere”.

Magari ci sarà chi, a destra, non si capacita che sia stato scelto lei, come commissario, non essendo, appunto, com’è noto, di destra.
“Nel caso, la considererei una medaglia al valore e pure una conferma della circostanza che sono un uomo libero, non uno che briga. Io ho accettato per spirito di servizio, sapendo che l’avventura sarebbe stata sfibrante. E che mi sarei fatto dei nemici”.

Quali nemici?
“Questo glielo dirò in un secondo momento. Forse scriverò un libro”.

Il Covid è debellato?
“Si è preso la solita pausa estiva. Adesso viene il freddo, si sta al chiuso e i contagi sono già in risalita. Vedremo”.

Ora cosa succede per lei?
“Tornerò all’ambulatorio popolare del Borgo, quello che abbiamo messo su con il centro sociale ‘Anomalia’. Noi ci siamo sempre e sempre ci saremo per quelli che non hanno nessuno. E non mi fermo qui”.

Non si ferma?
“No, voglio riempire Palermo di ambulatori sociali per l’assistenza ai poveri, agli emarginati, a chi non può pagare le bollette. Vogliamo lenire il dolore, ricevendo, in cambio, la soddisfazione di essere stati utili. Io sono medico per questo, per aiutare il prossimo”.

Non entra in politica?
“Aprire ambulatori e curare le persone è già politica. La migliore che c’è”.

Bello, potrebbe essere l’incipit del suo libro, se mai lo scriverà.
“Sì, lo terrò presente”. (Roberto Puglisi)


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