Il costruttore condannato per mafia| “Sono vittima, ridatemi 400 case”

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13 Gennaio 2018, 19:17

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PALERMO – Vittima dello strapotere dei fratelli Graviano, altro che imprenditore mafioso. Gaspare Finocchio si gioca l’ultima carta contro la misura personale e patrimoniale. Spera che la Cassazione cancelli il bollo di “pericolosità sociale” e gli restituisca un patrimonio milionario composto soprattutto da immobili. I legali del costruttore, gli avvocati Santi Magazù e Corrado Sinatra, hanno presentato un ricorso ai supremi giudici convinti di potere ribaltare il giudizio di primo e secondo grado.

Finocchio, oggi alla soglia degli 88 anni, finì nei guai giudiziari la prima volta negli anni Ottanta. Fu arrestato, ma arrivò l’assoluzione in primo grado per la vecchia insufficienza di prove e in appello con formula piena. E così riprese la sua attività edilizia. Nel 2006, però, fu condannato per mafia. Saltarono fuori della pesantissime intercettazioni con alcuni boss della provincia. I fatti contestati erano avvenuti fra il 1989 e il 2004.

Ed ecco il cuore della questione. Secondo i legali, non c’è alcuna prova dell’attuale pericolosità sociale di Finocchio. Una pericolosità che, aggiunta alla sperequazione fra guadagni e investimenti, sta alla base della decisione di confiscargli i beni. I legali cercano di dimostrare che negli anni antecedenti al 1989 Finocchio sarebbe stato una vittima dei soprusi dei mafiosi e non un imprenditore in affari con Cosa Nostra. Ritengono per questo che dovrebbe rientrare in possesso di un patrimonio sterminato di case e ville a Palermo e provincia. In particolare a Campofelice di Roccella. In totale, si tratta di circa 400 immobili.

Nel primo processo, quello che si concluse con l’insufficienza di prove, il costruttore veniva accusato di essere legato ai Graviano, capimafia stragisti di Brancaccio. Mentre nel secondo, quello che gli costò una condanna di poco inferiore a sei anni, in ballo entravano i Rinella di Trabia.

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Finocchio nega ogni accusa e cita a sua discolpa il fatto che un pezzo grosso della mafia, poi pentitosi, come Nino Giuffrè non ricordasse neppure il suo nome. I Graviano? “Non è vero che lo hanno agevolato nell’acquisizione di alcuni terreni edificabili – scrivono i legali nel ricorso – visto che è stato poi costretto a cedere in permuta un certo numero di case”.

E poi ci sono le richieste di pizzo e i danneggiamenti che ha subito. Se davvero fosse stato legato ai boss, è questo il cuore della difesa, non lo avrebbero preso di mira. Così come se dietro la sua scalata imprenditoriale ci fossero stati i capitali di Cosa Nostra Finocchio non avrebbe avuto necessità di accendere mutui miliardari con le banche, garantiti con i suoi immobili.

Ce n’è abbastanza, a dire della difesa, per ribaltare il giudizio che finora lo hanno sempre visto soccombere. Condannato con sentenza ormai definitiva nel penale, in primo grado e appello in sede di misure di prevenzione. I giudici hanno sempre sostenuto che la forza della mafia lo ha reso uno dei costruttori palermitani attivi.

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13 Gennaio 2018, 19:17

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