24 Marzo 2016, 16:27
2 min di lettura
PALERMO – È ritenuto socialmente pericoloso. All’imprenditore Marcello Sbeglia viene imposto l’obbligo di soggiorno a Palermo e scatta la contestuale confisca di una serie di beni a lui riconducibili. La decisione è del collegio della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo composto dal presidente Giacomo Montalbano e dai giudici Luigi Petrucci e Giovanni Francolini che hanno accolto la richiesta del pubblico ministero Calogero Ferrara.
Sbeglia nel 2009 è stato indagato, ma scagionato dall’accusa di intestazione fittizia di beni. Nel 2014 è stato arrestato, ed è ancora sotto processo, per la stessa ipotesi ma riferita a operazioni diverse, e per alcuni reati fiscali. Nella stessa operazione scattò pure il sequestro di tre noti alberghi cittadini della famiglia Ponte, dissequestrati nella scorse settimane. Si tratta degli hotel Astoria Palace di via Monte Pellegrino, Vecchio Borgo di via Quintino Sella e Garibaldi di via Emerico Amari.
Sbeglia era finito in manette assieme a Salvatore Brusca e Gaetano Troia, considerati prestanome del costruttore. Secondo l’accusa, Sbeglia avrebbe utilizzato la ditta individuale intestata a Brusca e la Ve.Co.Si srl per nascondere i soldi del padre Francesco Paolo il quale, pochi mesi prima che nel 2002 divenisse definitiva la condanna a suo carico per riciclaggio, trasferì al figlio l’impresa Cedam. L’obiettivo era evitare, sostiene l’accusa, che finisse sotto la scure delle misure patrimoniali.
Ed è proprio per conto del padre, detenuto agli arresti domiciliari, che Marcello Sbeglia avrebbe intrattenuto rapporti economici con il gruppo Ponte. Per fare ciò si sarebbe servito del prestanome Brusca, utilizzandone la ditta per architettare un castello di fatture false e farsi pagare lavori per 400 mila euro dagli stessi albergatori. Tutto ciò nelle scorse settimane non è stato sufficiente per fare scattare la confisca delle società che gestiscono i tre alberghi, restituiti ai proprietari. Nonostante l’esistenza dei rapporti far Sbeglia e i Ponte, infatti, non è stato raggiunto il livello probatorio necessario per passare dalla sospensione temporanea dell’amministrazione delle società alla confisca. Bisognava, infatti, dimostrare, che le stesse fossero “frutto di attività illecite o ne costituissero il reimpiego”.
Diverso è il caso di Marcello Sbeglia per il quale, secondo il collegio, le manovre finanziarie “denotano, al di fuori di ogni ragionevole dubbio, il protagonismo criminale”. Il costruttore avrebbe fatto intestare alla moglie e alla suocera rapporti bancari e immobili di cui era il dominus. Da qui la confisca di una decina di conti corrente, libretti a deposito, polizze di assicurazione, una cassetta di sicurezza e tre appartamenti in largo Scobar e via Albergheria.
Pubblicato il
24 Marzo 2016, 16:27