29 Marzo 2022, 05:26
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CATANIA – Una volta messa tra parentesi la pandemia, è arrivata la guerra in Ucraina. Benché il conflitto sia lontano dai nostri confini, l’aumento del costo del carburante, delle bollette della luce e del gas, hanno già bussato pesantemente alla nostre porte. Prima ancora, però, è arrivata l’inflazione a mortificare le stime sulla crescita. Maurizio Attanasio, segretario generale della Cisl catanese appena riconfermato, guarda con preoccupazione a questa fase storica. Un fase nera, un po’ come le bandiere che sventolano ai balconi di via Vincenzo Giuffrida. “Vede, le dobbiamo sostituire ogni tre mesi a causa dello smog”, ci avverte una volta entrati nel suo ufficio. Sembrano lontani gli anni in cui la federazione del sindacato cattolico era nella monumentale via Crociferi. I tempi cambiano, ma quella fa capolino nelle foto alle pareti.
Segretario, a cosa sta pensando?
“Penso che il Covid ci abbia lasciato in eredità una serie di novità da cui ripartire. In fondo, è come se avessimo vissuto una vera e propria guerra. Il lockdown ci ha segnati profondamente, come economia e come società. Nella fase della ricostruzione serve una nuova politica: la politica dello stare assieme”.
Lei parla di una progettualità condivisa: come si fa, però, quando un sindaco è sospeso?
“Noi abbiamo chiesto a tutti gli attori pubblici di istituire dei tavoli di confronto non perché vogliamo essere protagonisti sempre e comunque. Chiediamo, semmai, sulla scorta della nostra storia, di poter suggerire quelle soluzioni utili ad attivare processi di sviluppo”.
Attanasio, partiamo appunto dalla vicenda Pfizer, che ha lasciato un po’ tutti di sasso.
“Beh, anche noi siamo rimasti esterrefatti. Dopo che Pfizer ha incassato ingenti risorse, non pensavamo assolutamente che proprio qui si puntasse alla riduzione del personale”.
Che fare?
“Innanzi tutto, abbiamo chiesto a Pfizer di presentare un piano aziendale che possa garantire sia il livello occupazionale e investimenti. Seconda cosa, va detto con chiarezza che non siamo innamorati dell’idea che qui si debbano produrre i vaccini. Ci sono altri prodotti su cui puntare. Uno in particolare, non lo cito per ovvii motivi, costa 1.050 euro a fiala: perché non farlo qui?”
Parla di una riconversione sostenibile?
“Al governo regionale e al governo nazionale, Pfizer ha detto che potrebbe raddoppiare gli investimenti. Questo in parte ci tranquillizza. Ma, insisto, serve capire quali siano i piani industriali da portare avanti”.
Segretario, a Catania però non c’è soltanto il dossier Pfizer da gestire, giusto?
“Esattamente. In merito alla Gigafactory, anche da Enel Green Power – la 3Sun per intenderci – vorremmo capire quali sono i loro piani. Vorremmo che se ne parlasse qui sul territorio, non a Roma”.
Che idea si è fatto, invece, del mancato approdo di Intel a Catania?
“Credo che abbia pesato tantissimo la mancanza di autorevolezza della città nel suo insieme imprenditoriale, politico e gestionale. La Politica dovrebbe dirci cosa fare affinché questa provincia sia appetibile”.
Torniamo al punto di prima, sarebbe stato diverso se Catania non avesse avuto il sindaco fuori dai giochi?
“Mi dispiace che Pogliese viva questa condizione particolare, che a mia memoria non ha precedenti. Quando Catania è andata in default, grazie al confronto tra amministrazione comunale, forze sindacali e governo nazionale, abbiamo ottenuto delle risorse fondamentali. Se avessimo avuto, anche dopo, una condizione di serenità, ne avremmo tratto sicuramente altro giovamento.”.
Cosa ne pensa sulla querelle della scorsa settimana circa le non dimissioni di Pogliese?
“Io penso che non sia nella nostra mission giudicare, spetta semmai alla Politica. Nostro compito è sicuramente richiamare le istituzioni al senso di responsabilità. Crediamo che Catania abbia bisogno di buona politica. Serve un progetto ampio di città che sappia puntare alla socialità e allo sviluppo”.
Catania è una città a suo modo laboriosa, ma i conti stentano a tornare?
“Guardi, Catania è una città che svetta per working poor, per l’alto numero di gente che resta povera nonostante svolga un lavoro. L’utilizzo dei contratti-pirata, i cosiddetti contratti-spazzatura, sta impoverendo i lavoratori e arricchendo i datori di lavoro”.
Poi c’è chi non lavora e riesce lo stesso a “campare” la famiglia, come può essere?
“Esiste il reddito di cittadinanza. Esiste il lavoro grigio ed esiste il lavoro nero. Ringrazio tantissimo le forze dell’ordine per il lavoro svolto quotidianamente nello stanare gli abusi, ma da solo non basta”.
Il reddito di cittadinanza va mantenuto?
“Così com’è non va bene e lo abbiamo detto più volte. Ma ha un obiettivo nobile: combattere la povertà. Se non lo avessimo avuto, durante la pandemia, sarebbe stata una ecatombe sociale”.
La storia della Cisl è la storia di un sindacato radicato nei valori democratici e cristiani, che senso hanno oggi queste dottrine?
“Siamo fieri di essere totalmente avulsi dalla politica. Siamo, tuttavia, demo-cristiani nell’accezione più alta. Nel senso che puntiamo al bene comune e pretendiamo che la Politica si adoperi per i lavoratori, gli anziani e i più deboli. Le nostre radici sono nella dottrina sociale della Chiesa, nella Rerum novarum di Leone XIII”.
Entrando a Catania, monsignor Renna ha rivolto parole importanti proprio al mondo sindacale, che significa?
“Quando si tratta di stare vicini agli ultimi, l’arcivescovo sa di aver nel sindacato un grande alleato. Parlo della Cisl, come delle altre confederazioni. Noi però abbiamo il medesimo bagaglio. La vuole sapere una cosa?”
Prego.
“Abbiamo addirittura una guida spirituale ed è monsignor Sapienza. Chi le parla, poi, è cresciuto tra i salesiani della Madonna delle Salette nel quartiere San Cristoforo. L’oratorio è sempre stato un luogo di crescita. Credo che ancora oggi la presenza della Chiesa possa servire a far accrescere il grado di socialità nelle nostre città”.
Di cosa ha bisogno oggi Catania?
“Di riscoprirsi comunità, in tutti i sensi. Non solo religiosamente. Se la politica saprà puntare ancora una volta al bene comune, possiamo agganciare il treno del rilancio. Serve un grande patto per i giovani e per il lavoro”.
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