Cronaca

Crivellati di colpi, niente mafia: un ergastolo e un’assoluzione

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21 Giugno 2021, 15:46

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PALERMO – Una condanna all’ergastolo e un’assoluzione. La ricostruzione dell’accusa regge solo per uno due omicidi e senza l’aggravante mafiosa. La Corte di assise di Palermo ha inflitto il carcere a vita a Corrado Spataro per il delitto di Giuseppe Lo Baido. Assolto e subito scarcerato il fratello Domenico Spataro, difeso dall’avvocato Antonino Giampino, che rispondeva da solo dell’omicidio di Giuseppe Cusumano.

È stato il pentito di Resuttana Sergio Macaluso ad accusare se stesso e i cognati Corrado (difeso dall’avvocato Rosario Loria) e Domenico Spataro. Poi si aggiunsero anche le dichiarazioni di un altro collaboratore, Domenico Mammi.

Lo Baido e Cusumano furono assassinati a Partinico nel 2007 e nel 2011. I delitti rimasero irrisolti per anni. Macaluso raccontò della vendetta nei confronti di Lo Baido e Cusumano, accusati di avere partecipato nel 2005 al delitto di Maurizio Lo Iacono, fratellastro del collaboratore di giustizia e zio di Lo Iacono. Per quest’ultima posizione, già al Riesame le accuse del pentito non avevano retto. Nella sua ricostruzione c’erano delle incongruenze, soprattutto temporali.

Gli Spataro, però, e questa potrebbe essere la tesi che ha fatto breccia nel collegio, non avrebbero avuto conoscenza della caratura mafiosa di Macaluso.

Il primo a cadere sotto i colpi di pistola fu Lo Baido, piccolo imprenditore. I killer attesero che parcheggiasse il suo fuoristrada per esplodere tre colpi: uno in volto e due alla nuca. Già nel 2006 Cosa Nostra aveva deciso di eliminarlo, ma la polizia intervenne appena ascoltò due uomini del pizzo che parlavano della sua condanna a morte. Prima che lo ammazzassero Lo Baido era stato negli Stati Uniti dove aveva incontrato il boss Francesco Nania e veniva considerato vicino al capomafia di Altofonte Mimmo Raccuglia.

Macaluso voleva essere certo che non stessero commettendo un errore. E avrebbe chiesto, così ha messo a verbale, al nipote Francesco: “ … ma sei autorizzato a fare questo omicidio a Partinico.?… che sicurezza hai che questo ragazzo abbia ucciso Maurizio?”. E avrebbe ricevuto questa risposta: “Lui mi disse quelli che lo dovevano sapere mi hanno autorizzato a poterlo fare…” Era stato lo stesso Lo Baido, dopo avere “saputo che gli avevano bruciato un villino”, a mettere in giro la voce che “appena Maurizio usciva lo doveva ammazzare”.

Macaluso e il cognato Corrado, così ha ricostruito la Procura con le indagini coordinate dai pubblici ministeri Dario Scaletta e Federica La Chioma, sarebbero arrivati a bordo di una una Fiat Uno e in sella a uno scooter Honda Sh. Macaluso ha raccontato che era “vestito con gli scarponi, tuta arancione, pennello in mano… tutto sporco di cemento tipo che ero muratore… “. Quindi entrarono in azione: “Lo Baido abitava qua all’angolo scende e gira con la Jeep… fa scendere la fidanzata… gli dico senta un’informazione me la può dare?… Mio cognato aveva il fucile a canne mozze e io avevo la pistola poggiata nella parte dove c’è lo stereo della macchina… mancava lo stereo, avevo la pistola lì col colpo in canna…”.

I killer ebbero uno scrupolo di coscienza: “… lui era con la fidanzata spesso… una porcata del genere non l’avremmo mai fatta… Francesco mi diceva non me ne fotte niente… ci dissi ste cose le fai tu ste cose…”. La donna si allontanò, Lo Baido restò solo: “… appena lui parla mio cognato alza il fucile lui lo capisce e dice no no… va per sparare e il fucile non spara… perché c’è la sicura messa o perché ha fatto cilecca…”.

“…. aiuto aiuto… mi vogliono ammazzare aiuto…”, urlava Lo Baido. Tentò una fuga disperata: “…. voleva salire, gli è scivolato il piede… si è buttato nello scarrabile… a terra… è rimasto incastrato…” Macaluso mantenne la calma: “… ho preso la pistola, l’ho puntata e gli ho sparato io… un colpo l’ho preso nel collo e fece così con la testa, ha avuto tipo un brivido, e un altro colpo l’ho preso in testa e si è visto proprio il buco in testa”. Dopo l’omicidio, Macaluso disse al nipote Francesco Lo Iacono: “…. ora prendi cinquemila euro e li regali a mio cognato… ha rischiato la vita… ha rischiato l’ergastolo”.

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Quattro anni dopo toccò alla seconda vittima: “Mio nipote mi dice che questo Giuseppe Cusumano aveva partecipato all’omicidio e doveva morire pure lui… mi dice è arrivato il momento di chiudere il conto… mi disse che mio padre stava mandando due persone per potere chiudere questo discorso… stavano venendo due persone da Secondigliano ma gli ho detto ce la posiamo sbrigare noi”.

Il corpo fu ritrovato nell’atrio di una palazzina di via Filippo Testa, nel centro di Partinico. La vittima viveva di lavori saltuari in agricoltura e nell’edilizia. Nel 2001 era stato arrestato dai carabinieri che lo trovarono intento a prendersi cura di una piantagione di marijuana nelle campagne di Menfi, assieme al nipote del boss Giovanni Bonomo. Due mesi prima del delitto gli era stata bruciata la macchina. Forse un avvertimento. Evidentemente non ascoltato.

Così Macaluso ha ricostruito il delitto. Un ragazzo, “Giacomo”, aveva il compito di stanare la vittima: “Giacomo mettiti quattro volantini… vai là dove c’è scritto Cusumano… li arrotoli e suoni, appena affaccia qualcuno ci dici posso mettere quattro volantini nella buca… il ragazzino subito partì… suonò e affaccio lui dall’ultimo piano”.

Pochi istanti dopo Cusumano scese da casa e quando aprì il portone “mio cognato gli diede un colpo di casco e iniziò a gridare come un pazzo… aiuto aiuto… mi stanno ammazzando. Mi cognato e Giacomo scapparono e mi hanno lasciato da solo come un bue inferocito… gli ho sparato due colpi, uno nel petto e uno in testa”.

Ancora una volta Francesco Lo Iacono avrebbe sborsato cinque mila euro. Duemila euro andarono a Domenico Spataro, duemila e cinque li tenne Macaluso, mentre a Giacomo andò una mancia di 500 euro. Macaluso è stato condannato, i cognati sono sotto processo, mentre per lo Iacono il caso è ancora aperto.

La Corte di assise, presieduta da Sergio Gulotta, una volta venuta meno l’aggravante mafiosa, ha dichiarato prescritti i reati legati alla detenzione di armi. Secondo l’avvocato Loria, che assiste Corrado Spataro, l’assoluzione da uno dei due omicidi e il venire meno delle aggravanti lascia ampi margini per l’appello.

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21 Giugno 2021, 15:46

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