09 Novembre 2012, 19:22
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PALERMO- Cosa sarà la politica dell’immediato futuro? Esiste un taumaturgo in grado di guarire le piaghe della Sicilia? Sono queste le due domande che si impongono, altro non è dato. E si riassumono nel domandone finale: ce la farà Rosario Crocetta a cambiare un destino annunciato di sottosviluppo e declino? Non lo sappiamo. Non abbiamo la palla di vetro. Però le dichiarazioni del governatore rilasciate a Livesicilia rappresentano – a nostro parere – un primo passo. Dice Crocetta: “I prossimi assessori avranno lo stesso spessore e la stessa competenza di Lucia Borsellino, Franco Battiato e Nicolò Marino”. E ancora, a proposito delle posizioni da occupare: “Dobbiamo guardare in faccia la realtà: lei crede che un governo che non ha una maggioranza numerica può permettersi di fare nomine di quel tipo? Di concentrarsi sui colori, i numeri e le spartizioni? La strada non è questa. E devono capirlo tutti. Gli schemi del passato sono finiti: questa è la rivoluzione di cui parlo”.
Ora, a questo punto del discorso, salta su un dispettoso spiritello filosofo e comincia a disquisire sulla distinzione tra tecnica e politica, sul primato dell’una sull’altra. E’ un dibattito drogato dall’iconografia recente che prevede una distinzione con l’accetta. Come se politica e tecnica, dal Montismo in giù, fossero i servitori inconciliabili e contrapposti di due concezioni irriducibili. E invece si dimentica una semplice verità. La politica è l’arte delle idee schierate a difesa del bene comune. La tecnica è la prassi migliore per realizzarle. Un mondo tutto politico si muove dal pensiero, ma può trasformarsi in commercio, dietro la bandiera dell’ideale. Un universo tecnico in esclusiva è per sua natura senz’anima. Pratica il mezzo, ignorando il fine.
Il governatore ha detto esplicite parole di buonsenso. Ha rivendicato la primazia del suo ruolo. Ha spiegato che presterà ascolto a tutti e che deciderà. Ha sistemato tra l’incudine e il martello che imprigionano la Sicilia una prefazione di discontinuità. Volgiamo appena lo sguardo indietro. La politica ha abbandonato il percorso della decenza, per intraprendere la strada alternativa del mercanteggiamento e delle clientele, aiutata in questo da un popolo immaturo, minorenne e affamato che si è prestato al gioco, salvo battersi il petto sulla pubblica piazza, perché nel portafoglio è rimasta l’ombra di una ragnatela. Il politicume nostro e non solo nostro ha reso l’Ars e la giunta simili a un tempio pieno di mercanti. La casa dell’interesse di ognuno è diventata la trincea del privilegio di alcuni. La discussione tra tecnica-politica-politica- tecnica è oziosa. Una mutazione genetica avverrà davvero quando nascerà finalmente la buona politica, l’unico ingrediente che potrebbe sottrarre un’Isola di macerie allo spettro di una sorte segnata.
Franco Battiato (con la sua intermittenza), Lucia Borsellino, Nicolo Marino e altri assessori che il presidente eventualmente sceglierà non in base – secondo la sua impostazione – al Cencelli della partitocrazia, ma in omaggio a competenze e statura morale, saranno soggetti pienamente politici nel momento in cui diventeranno garanti di un bisogno generale di equità, etica e salvezza. E’ esattamente il percorso nuovo in cui si confida. Il politico come interprete di richieste generali, non di prebende da gruppuscolo o da cosca. L’aspirazione al bene comune non estinguerà le differenze, la dialettica e le contese. Che, invece, si incardineranno intorno a un fine condiviso.
Se questa è sul serio la rotta che Rosario Crocetta ha in mente, non potremo che osservarla con attenzione, perché sarebbe il frutto di un atto di coraggio, di un capovolgimento che, inevitabilmente, cozzerebbe contro le roccaforti di un regno antico. Se la rivoluzione agitata dal presidente sarà una parvenza, una scenografia per nascondere i negozi e gli inciuci di sempre, ce ne accorgeremo presto. Nel caso, non mancheremo di fare notare l’inganno di un’altra occasione perduta. Il meglio, adesso, è una necessità.
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09 Novembre 2012, 19:22