Crocetta parla fuori dal Palazzo | E i disabili lo lasciano solo

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12 Aprile 2017, 15:58

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PALERMO- Metafora e cronaca coincidono. Rosario Crocetta esce da Palazzo d’Orleans e va incontro ai giornalisti. Le persone disabili e chi ne sostiene le speranze, nel giorno di un’altra marcia per i diritti, gli voltano le spalle. Come se la Sicilia intera avesse asciugato gli ultimi scampoli di consenso di un presidente politicamente impresentabile, ritirandosi, al cospetto della sua nudità.

E’ questa l’immagine che spicca fra le tante, l’epilogo di una mattinata in cui i ragazzi in carrozzina sono tornati a sfilare, con l’arcivescovo Corrado Lorefice e con Pif. Una traversata, dal piano della Cattedrale, fino a Palazzo d’Orleans, passando per Palazzo dei normanni. In testa, Gianluca e Alessio Pellegrino, i fratelli che soffrono di una disabilità gravissima, diventati il simbolo di una battaglia necessaria. E poi tutti gli altri.

Alessio e Gianluca hanno fondato un movimento: “Siamo handicappati, no cretini”, con loro c’è Giuseppe Catalano che li accompagna e commenta: “Crocetta dice che è tutto a posto, che i soldi per l’assistenza ci sono, che le cose sono cambiate? Non è vero. Intanto, le nostre proposte non vengono nemmeno prese in considerazione. Avevamo chiesto di tagliare un po’ di consulenti esterni per dare un segnale e destinare i risparmi alle attività sociali. Abbiamo trovato uno sbarramento. Le cifre che il presidente millanta sono state prese da un cassetto, infilate in un secondo, per spuntare miracolosamente in un terzo. Non c’è un euro in più. E non bastano”. Vincenzo Muratore, accanto a Giuseppe, incalza: “Nemmeno conoscono il numero effettivo delle persone con disabilità e sparano a casaccio. E’ troppo chiedere che ci sia almeno la consapevolezza del problema?”.

Storie e cronaca. L’indifferenza è un’entità concreta. Ci sono famiglie messe in un angolo, come la polvere. Giovanni Ganci e Maria Intagliato sono marito e moglie in sedia a rotelle. Hanno due figlie. Una è malata. “Tutto il peso della nostra debolezza – racconta Giovanni – pesa sulla mia ragazza di vent’anni, Sharon, l’unica che sta bene. E’ sacrificata, non esce, non si diverte. Io ho trecento euro di pensione al mese e dobbiamo arrangiarci”. Interviene Maria: “Ho scritto quattro lettere a Crocetta. Non mi ha mai risposto. Oggi siamo qui per la nostra dignità”. Crocifissa Santangelo accudisce due sorelle: “Sono reclusa anche io. Per venire qui ho dovuto chiedere aiuto. C’è rimasto soltanto Dio”.

La strada si riempie a poco a poco. I primi cartelli. Qualcuno fa le prove di comunicazione con l’altoparlante. Margherita Bravo è la mamma di Gabriele: “Il mio bambino – dice – sopporta patologie importanti per via della sua condizione. Una è la disfagia: non riesce a respirare a deglutire correttamente. Ogni mattina, aspetto con la macchina fuori dal cancello della sua scuola. All’ora di ricreazione gli do da mangiare. Ormai sono un’esperta”. Gabriele è lì, a pochi passi, con suo papà, Roberto. Ha uno sguardo che rammenta i colori di certi sogni che, al risveglio, non ricordi. Lunia Ales è una combattiva ragazza in carrozzina: “Mi sono stancata della pietà, della compassione, delle concessioni. Non ne posso più di sentire parole come ‘i nostri amici disabili’. Potremmo essere anche nemici e avere lo stesso il diritto a un’esistenza il più possibile normale. Io ho diritto ai miei diritti, non cerco favori e non chiedo niente che non sia già mio. Io ho diritto alla mia qualifica di persona umana”.

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Ecco l’ora della partenza del corteo. Ecco Pif e il vescovo, a pochi minuti l’uno dall’altro. “Siamo qui per dialogare – impugna il microfono ‘Don Corrado’ – perché è nel dialogo che dobbiamo crescere. Non vogliamo nessuna strumentalizzazione”. Si procede. Sosta a Palazzo dei Normanni. Pif comizia: “La domanda era chiara a Crocetta: quando risolverai il problema dei disabili? Crocetta ha detto due mesi. Sono passati quasi due mesi e non è successo nulla. A ottobre ci sono le elezioni, almeno per questo dovrebbero risolvere per sempre l’assistenza”.

E’ la continuazione di uno show benefico che ha visto scendere in campo Ficarra e Picone, Jovanotti, lo stesso Pif con la sua protesta iniziale, nel pomeriggio di una celebre rivolta. I cantanti e i comici devono riscoprirsi politici, in assenza dei politici che curano i teatrini personali in vista di elezioni e trombature.

Si arriva davanti al portone di Palazzo d’Orleans, la fermata finale. Spazio alle voci del disagio, a chi ha paura di tornare nell’oscurità da subito, quando lo spettacolo sarà concluso, quando i microfoni e i taccuini che si sono posati sui corpi martoriati, attraversati dalla speranza, saranno impegnati altrove.

Si apre una porta. Esce Rosario Crocetta. Pure lui decide che è scoccato il momento della rappresentazione. Si ferma sulla soglia e improvvisa una conferenza stampa. Qualcuno si arrabbia. Vincenzo Muratore, all’altoparlante, invita alla calma. Pif affronta il governatore con un duro faccia a faccia. Le persone disabili voltano le spalle e se ne vanno, rendendo l’offesa ricevuta per mano di una tragica disattenzione che la retorica non sana. Cronaca e metafora combaciano. Resta l’immagine nitida di un presidente sconfitto e solo. Impalato lì, un attimo prima di rifugiarsi nella sua reggia. Resta solo, Saro, con tutte le sue promesse vane, con tutte le sue colpe. La più grave? Non avere mai consolato il dolore.

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12 Aprile 2017, 15:58

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