Cuffaro condannato, è in carcere: | Cronaca di una giornata storica

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22 Gennaio 2011, 12:51

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Finisce, per ora, in una cella di Rebibbia la vicenda politica dell’ex governatore della Sicilia Salvatore Cuffaro nella giornata che segna la battuta conclusiva del processo di mafia dei colletti bianchi ‘talpe alla dda’. Quattro ore dopo il verdetto della Cassazione che lo ha condannato a sette anni di reclusione – per aver favorito Cosa Nostra facendo sapere al boss Michele Guttadauro che la Procura gli aveva piazzato una ‘cimice’ in casa – il senatore dei ‘Popolari Italia domani’ ha, infatti, varcato l’ingresso del carcere romano dove soggiornarono anche Cesare Previti e Pietro Longo, altri due condannati eccellenti. “Voglio affrontare il carcere con tranquillità”, sono state le sue prime parole da detenuto, recluso nel reparto di prima accoglienza.

Cuffaro ha atteso la sentenza nella capitale, pregando in una chiesa vicino alla sua centralissima abitazione al Pantheon. Nei corridoi della Suprema Corte, ad attendere la decisione della Seconda sezione penale, oltre all’avvocato Oreste Dominioni, c’era una pattuglia dei suoi fedelissimi alla quale si è aggiunto Saverio Romano, anche lui ex Udc e compagno di partito nel ‘Pid’. Ma la lettura del dispositivo, fatta dal presidente del collegio giudicante, Antonio Esposito, davanti alle telecamere autorizzate alla ripresa per la “rilevanza” della vicenda presso l’opinione pubblica, ha gelato ogni speranza. L’aspettativa di una pronuncia clemente si era fatta strada ieri, con la requisitoria del sostituto procuratore generale Giovanni Galati che aveva alleggerito la posizione di Cuffaro sostenendo che non c’era la prova di un legame organico con la mafia, ma solo con singole persone. Insomma si prospettava una cospicua riduzione di pena: sarebbero rimasti quattro anni, tre dei quali coperti dall’indulto.

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Non è andata così. “E’ una sentenza che desta stupore e rammarico perché la Procura, con una tesi molto argomentata, aveva chiesto l’annullamento dell’aggravante mafiosa, richiesta che se fosse stata accolta avrebbe sgonfiato la condanna”, ha commentato Dominioni, difensore di Cuffaro insieme a Nino Mormino. Da Palermo, di diverso avviso, il Procuratore capo Francesco Messineo sottolinea che “la sentenza della Cassazione conferma l’impianto accusatorio sostenuto dalla Procura in primo grado e cioé: il favoreggiamento, con l’aggravante mafiosa che il Tribunale aveva invece respinto”. In effetti, Messineo ha motivo di essere soddisfatto perché la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Palermo il 23 gennaio 2010, meno clemente del primo grado, è stata interamente confermata eccetto qualche piccola prescrizione.

Il carcere si è così aperto anche per l’ex manager della sanità privata Michele Aiello, ritenuto vicino a Bernardo Provenzano. Deve scontare 15 anni e sei mesi, la condanna più elevata del processo alle ‘talpe’. In prigione é finito anche l’ex maresciallo del Ros Giorgio Riolo che deve scontare sette anni e cinque mesi. E’ l’unico ad aver avuto una piccola prescrizione che gli ha ridotto la pena di sette mesi. Tutti gli altri ricorsi sono stati bocciati. Tra questi, quello del dirigente della squadra antricrimine della Questura di Palermo, Giacomo Venezia, condannato a tre anni; del direttore del distretto sanitario di Bagheria, Lorenzo Iannì (quattro anni e sei mesi); del cardiologo Aldo Carcione (anche per lui quattro anni e sei mesi). Numerose le reazioni all’epilogo di questa vicenda. Molti gli ex compagni di partito di Cuffaro, tra i quali il leader dell’Udc Pierferdinando Casini, che gli hanno espresso “vicinanza”, pur rimarcando che le loro strade politiche si erano separate. Di sentenza “sproporzionata” parla, invece, l’ex ministro dell’agricoltura Calogero Mannino, anche lui del ‘Pid’, uscito indenne da 23 anni di processi per mafia, mentre il sottosegretario Carlo Giovanardi, “allibito”, esprime “sconcerto e preoccupazione per la condanna”. L’europarlamentare Rita Borsellino ha espresso “rispetto per come Cuffaro ha affrontato il processo e non si è sottratto alle conseguenze, anche se sono gravi i crimini commessi e il coacervo politico mafioso della Sicilia negli ultimi dieci anni”. Al Senato, nel seggio di Cuffaro, subentrerà Maria Pia Castiglione. Anche lei del ‘Pid

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