16 Maggio 2022, 12:23
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Usando termini assolutamente approssimativi, ma suggestivi, potremmo dire che Claudio Fava, candidato per le primarie del centrosinistra, ‘assolve’ Cuffaro e Dell’Utri e ‘condanna’ Nello Musumeci. Ecco le sue parole: “Non sono d’accordo con i toni di questo coretto perbenista, e a tratti stucchevole, che se la prende con i pregiudicati per mafia, rei – dopo aver scontato interamente e dignitosamente la loro pena – d’aver ancora voglia di parlar di politica. Totò Cuffaro e Marcello Dell’Utri non sono stati condannati all’esilio, alla gogna civile o all’obbligo perpetuo del silenzio ma alla galera”, così scrive Fava in una nota che abbiamo pubblicato, citando la nostra intervista al professore e penalista, Giovanni Fiandaca. “Meno comodo – si legge ancora – è prendersela con chi è andato a cercarli, a richiederne benedizioni e raccomandazioni elettorali: ed infatti sui questuanti eccellenti tacciono tutti, compresi i columnist della nobile stampa antimafiosa”.
Dopo la premessa, ecco l’affondo: “Una decina di giorni fa c’è stato un incontro all’hotel delle Palme. Il presidente della Regione Siciliana, Musumeci, è andato in udienza da Dell’Utri, che lo ha benevolmente accolto; Musumeci ha chiesto un’intercessione con Berlusconi per la propria ricandidatura e il suddetto Dell’Utri gliel’ha concessa passandogli al telefono il Cavaliere. A causa di questo siparietto palermitano, la pubblica riprovazione s’è rovesciata solo su Dell’Utri – scrive Fava – mentre il Musumeci, furbo e muto, ha provato a farla franca. Io la penso esattamente all’opposto, e pazienza per gli irriducibili del moralismo antimafioso che la prenderanno male: ovvero, per me Dell’Utri può parlare con chi vuole, è un suo diritto. Il Presidente della Regione Siciliana, lui no, non può parlare con chi vuole: soprattutto se il suo interlocutore è un condannato in via definitiva per mafia”.
“Avergli chiesto un’intercessione, un favore, un’apertura di credito politico su Roma – continua Fava – ne fa, subito, un presidente dimezzato, un candidato compromesso, un uomo di parte. E della parte sbagliata. Sono d’accordo anche con il giudice Morvillo. Musumeci si tenga lontano, il 23 maggio e il 19 luglio, da chi ricorda i nostri morti. Se frequenti i condannati per mafia non hai titolo per frequentare il ricordo delle vittime di mafia. Provare a fare l’una e l’altra cosa è solo una bestemmia. Delle peggiori”.
Si assiste, dunque, a una sorta di anticipazione e quasi di passaggio di consegne in divenire. La questione del rapporto tra condannati di mafia e candidati – sollevata dal giudice Alfredo Morvillo e poi da Maria Falcone – è fatale che si trasformi in materia polemica per la campagna elettorale. Se n’è già parlato a proposito del candidato sindaco del centrodestra a Palermo, quel Roberto Lagalla che ha, tra le file delle sua ampia coalizione, la Nuova Dc di Totò Cuffaro e che ha ricevuto l’apprezzamento di Marcello Dell’Utri: Cuffaro e Dell’Utri sono stati condannati – e hanno scontato la pena – rispettivamente per favoreggiamento a Cosa nostra e per concorso esterno in associazione mafiosa. Adesso, nelle parole di Claudio Fava, oltre al richiamo a una riflessione, si prefigura lo stesso orizzonte nella sfida per Palazzo d’Orleans, prima ancora che il rito delle elezioni palermitane si sia svolto.
Ma cosa ha detto il professore Fiandaca? Ecco un passaggio dell’intervista che ha rilasciato a LiveSicilia.it: “Persone come Salvatore Cuffaro o lo stesso Marcello Dell’Utri hanno tutta la libertà, se lo ritengono, di continuare a impegnarsi politicamente. E sarebbe ingiusto e incostituzionale pretendere di criticarli per il semplice fatto che da ex condannati, per reati di contiguità mafiosa, intendono continuare a esercitare un ruolo politico attivo, eventualmente condizionando le dinamiche politico-elettorali. Altra cosa è il diritto a ricandidarsi che, in questo caso, presuppone un giudizio di riabilitazione ancora a di là da venire, almeno secondo il diritto tuttora vigente, sempre che la Corte europea non dica niente di nuovo sul punto”.
Ed ecco la successiva replica del presidente della Regione, Nello Musumeci in un post su Facebook: “Quando la mafia tentava un attentato contro di me, per aver revocato un appalto miliardario, il deputato Fava si limitava a commemorare suo padre, al cui ricordo mi sono sempre unito in ogni occasione, ben prima di assumere ruolo di governo locale. L’insulso perbenismo di questo personaggio, invece, è una violenza alla costituzione e alla moralità pubblica. Si dovrebbe vergognare perché è un parolaio che vive di rendita e cerca ogni giorno un titolo di giornale, mentre da candidato alla presidenza non ha avuto neppure la buona creanza di dimettersi da presidente dell’antimafia regionale, come invece feci io nel 2017. L’unica cosa davvero stucchevole è il moralismo di chi si offre, come candidato presidente, agli eredi di quel ‘sistema antimafioso’ che ha guidato la Sicilia e che oggi cerca di farsi vivo di nuovo, magari sotto mentite spoglie. Ma con me Fava cade male: con me in Sicilia è tornata la moralità nelle istituzioni, rese impermeabili a padrini e padroni, di qualunque colore. Se ne faccia una ragione”. Alla replica si aggiunge la postilla dello stesso Fava: “Musumeci insulta, e intanto conferma la sua visita elettorale a Dell’Utri. Ripeto: un presidente dimezzato”.
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16 Maggio 2022, 12:23