Cuffaro uno, due, tre: il consenso dall'antimafia

Cuffaro uno, due e tre: il consenso dall’antimafia

Il terzo Cuffaro somiglia un po' al primo. E ha un alleato insospettabile
IL PERSONAGGIO
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C’era un Totò Cuffaro numero uno, coincidente con l’idea platonica del ‘vasa vasa’. Conosceva tutti e tutto teneva a mente. A un tale che lo incontrò un giorno e poi parecchi mesi dopo, senza avere intrattenuto altri rapporti con lui, disse, chiamandolo per nome: “Si fatto chiù grosso”. Era un formidabile rabdomante di consenso purchessia. Fu condannato per favoreggiamento aggravato a Cosa nostra e sparì dal Cuffarismo, consegnandoci le sue lettere dal carcere. Comunque la pensiate, in quel potente si verificò un cambiamento.

La mutazione divenne visibile nelle parole e nelle sembianze del Totò Cuffaro numero due. L’uomo uscito da Rebibbia non somigliava per niente al suo predecessore. Era smagrito, provato. Ma aveva in sé il chiarore della sofferenza. Ogni dolore, per ogni persona, con le lacrime, reca in sé un marchio speciale che illumina. Non c’entra l’essere buoni o cattivi, ma avere sperimentato il limite, abbandonando la teoria. Quel Cuffaro parlava di carcerati come fratelli, vibrava al resoconto della loro pena. E parve che potesse diventare, in esclusiva, quello: il portabandiera dei ristretti più derelitti.

Ora, ecco il Cuffaro numero tre che in politica è rientrato con tutte le scarpe, anche se giura che non si ricandiderà più. Al netto della condanna e delle azioni, non per fedina penale, ma per figura, somiglia di più alla prima che alla seconda versione di se stesso. Non abbiamo motivo di non credergli quando afferma che non ci sarà, non con il suo nome, nella scheda per le urne. Ma la politica è pur sempre un demone di voti che brillano negli occhi di chi è posseduto come le monete d’oro nello sguardo di zio Paperone. Il Totò numero tre non è più il numero due, anche se porta l’eco di una tremenda consapevolezza. E’ tornato al suo regno di sempre.

C’è tornato con un successo, nelle ultime amministrative, che ha commentato così: “Siamo in simbiosi e mai sarei tornato senza quel simbolo. Ecco, posso dire questo: non ho mai voluto fare altro. E’ l’unico e piccolo merito che mi prendo. Siamo il partito della moderazione e dell’equilibrio, valori che le persone amano”. Chiaro. Semplice. Cuffaro.

Sono voti di varia natura, quelli dati alla DC, cioè a Cuffaro, e, nella miriade dei significati ci pare possibile individuarne tre fisionomie. Lo votano quelli che considerano l’ex presidente smacchiato dalla riabilitazione e dall’avere scontato la pena: lo votano per idealità e per una visione del diritto. Lo votano quelli che lo considerano vicino, a prescindere da ogni valutazione morale che una sentenza di quel tipo dovrebbe, comunque, sollecitare. Certi baci non si dimenticano e da noi la politica è, soprattutto, un fatto personale. Lo votano, infine, quelli che considerano – a torto a ragione – inquisitoria l’idea dell’antimafia ufficiale di indicare in Totò Cuffaro un ‘impresentabile’, a ogni piè sospinto. Un meccanismo di reazione: più ti additano, più ti scelgo. E questo consenso che viene, suo malgrado, dall’antimafia è un altro curioso contrappasso siciliano.


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