Catania

Da Acireale fino all’Oscar: “In Sicilia il talento non manca”

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12 Dicembre 2022, 19:17

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Antonio Catania, Lei è nato ad Acireale, ma porta Catania anche nel cognome. Che rapporto ha con questa città?

Per me Acireale è stato il serbatoio di personaggi, colori, suoni, voci che mi hanno arricchito anche inconsciamente ed aiutato nel mio lavoro. C’era l’opera dei pupi del CAV. Macrì , il carnevale, i personaggi borderline. Acireale era ricca di stimoli e di storie. Catania era la festa di Sant’Agata, i locali, la movida, il teatro. La città caotica. Per un ragazzino lontana, arrivavo al massimo ad Acicastello. 

Com’era la Sicilia quando Antonio Catania era ancora un bambino?

Per me la Sicilia era il mare, mio padre che andava sott’acqua e prendeva pesci enormi, i tuffi,  mia nonna e mia zia, il mercato, la chiesa di San Sebastiano, i cugini, i parenti che raccontavano sempre le stesse storie e i loro malanni. Vicino casa c’era il cinema Spadaro, mi piacevano i film d’avventure, i pirati, il western, mai pensavo che un giorno avrei fatto l’attore.

È stato difficile sognare “Il Cinema” partendo dal profondo Sud Italia?

Tutto è nato per caso a Milano, mi sono ritrovato dentro una scuola di teatro, la Paolo Grassi, poi al teatro dell’Elfo con Salvatores fino a Mediterraneo, un esperienza un po’ magica, in una terra mitologica che ha contribuito al successo del film, ma poi un gruppo di attori affiatati e creativi, con cui ho lavorato spesso in seguito.

Nel’92 avete vinto l’Oscar con “Mediterraneo” di Salvatores. Che ricordi hai di quell’esperienza straordinaria?

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A parte le sensazioni sul set, si avverte quando c’è qualcosa di buono in più, sono stato al festival di Toronto dove il film è stato accolto con entusiasmo da una comunità eterogenea mediterranea: greci, turchi, libanesi, italiani ovviamente. 
Li ho capito la forza del film, nell’ evidenziare la bellezza dei luoghi, l’umanità delle persone e la ricchezza di una vita semplice. Come eravamo e come dovremmo ancora essere. 
Certo l’Oscar non se l’aspettava nessuno e addirittura Salvatores era tornato con un senso di colpa nei confronti di “Lanterne rosse”, che tutti indicavano come favorito. Molti sono rimasti delusi, specialmente in Italia. 
Anche questo è il cinema.

Clark Gable diceva che che nel mestiere d’attore “solo i primi 30 anni sono duri”. È davvero così?

Credo che Clark Gable dicesse così per dire che il mestiere dell’attore e difficile sempre. Ma non ci si può rilassare neanche dopo trent’anni, perché non si finisce mai d’imparare.

Recentemente hai aperto con tua moglie un’Accademia di Cinema a Catania, “Ciaksigira”, come mai questa scelta e perché avete scelto Catania come sede?

Se il bagaglio accumulato negli anni può essere d’aiuto a qualcuno, che non ha l’opportunità di trovarsi nei posto giusto, a Roma per esempio, dove si fa il cinema, ed è costretto a lasciare la Sicilia, vale la pena fare qualcosa. Perché in Sicilia il talento non manca. 
E così io e mia moglie abbiamo fondato “Ciaksigira”, con l’intenzione di coinvolgere professionisti e dare gli strumenti necessari e magari fare anche produzione.
Il talento da solo non basta, ci vuole pure l’occasione.

Nel film “Sud”, Elia, il tuo personaggio, dice che “Nella vita, se uno non fa una qualche sorta di *azzata, è come se non esiste.”. Ha fatto molti errori, nella sua vita, Antonio Catania per “esistere”?

A proposito di quello che dice  Elia in “Sud”, la visibilità spesso è legata anche alle cose negative: a volte un immagine troppo pulita si vende poco.
Io di errori ne ho fatti molti e altri ne farò, sempre legati al mio lavoro, quelli però non fanno gossip.

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12 Dicembre 2022, 19:17

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