Dagli immobili dell’Esa agli Lsu | Cento milioni di "nuovi debiti" - Live Sicilia

Dagli immobili dell’Esa agli Lsu | Cento milioni di “nuovi debiti”

I debiti fuori bilancio che il governo chiede all'Ars di riconoscere, dalle spese per le missioni al caso degli immobili trasferiti al Fiprs

 

 

PALERMO – All’Esa sono andati 19,9 milioni per via di una sentenza esecutiva del 2015. In essa il Tar ha stabilito il diritto dell’Ente per lo sviluppo agricolo a ricevere il compenso per aver conferito alla Regione cinque immobili di sua proprietà perché poi passassero al Fiprs, il Fondo immobiliare pubblico della Regione Siciliana.

Altri 82,5 milioni sono stati erogati all’Inps per i sussidi dei lavoratori socialmente utili fra il 1996 e il 1999. Al Comune di Catania sono stati pagati invece 4,9 milioni per il trasporto pubblico locale. Sono queste le tre principali voci degli elenchi dei debiti fuori bilancio approvati in una delibera della giunta qualche giorno fa. In totale l’ammontare dei “nuovi debiti” della Regione è di 112,7 milioni ma le tre voci appena elencate valgono 106,3 milioni.

Come ogni anno il governo ha approvato l’elenco dei debiti che sono stati pagati senza un’apposita autorizzazione di spesa nei capitoli di bilancio affidati a ciascun assessorato, proponendo anche le coperture che vengono rintracciate per la maggior parte nel fondi rischi contenzioso e spese legali. Si tratti per 22,37 milioni di spese derivanti dalle cause perse e diventate esecutive e per 90,3 milioni di spese che l’amministrazione ha sostenuto senza che ci fossero le risorse in bilancio o per far fronte ad espropriazioni o occupazioni di suolo. Adesso queste spese saranno oggetto dell’esame dell’Ars che dovrebbe riconoscerle con una legge.

Dall’Esa, alla Regione, al Fiprs

Fra le somme che la Regione ha sborsato per sentenze diventate esecutive c’è il corrispettivo dovuto all’Esa per la cessione di cinque immobili che l’Ente ha realizzato nel 2007 con un accordo di programma ai sensi di una legge del 2004. La Regione, come riporta la sentenza del Tar che ha deciso la questione nel 2015, aveva acquisito gli immobili per trasferirli al Fondo immobiliare con la promessa di un pagamento che non veniva fissato “sebbene – così segnalano nella sentenza i giudici – appaia cogente il contenuto degli obblighi di natura economica posti a carico della Regione”.

L’operazione degli immobili della Regione è venuta alle cronache di recente per l’affare della banca dati di censimento degli immobili che non si riusciva ad aprire per la mancanza della password. La vicenda risale ai tempi del governo Cuffaro quando iniziò a essere concepita l’operazione di trasferimento degli immobili della Regione e dei suoi enti al Fiprs. Nel 2009 il governo regionale pensò, poi di vendere una parte degli immobili di proprietà regionale utilizzando la Spi, Sicilia patrimonio immobiliare, una società mista, al 75 per cento della Regione e al 25 per cento dei privati. Attorno a quell’operazione tanti i dubbi e le ombre, messe nero su bianco anche dalla Corte dei conti. Nel 2012, la scelta del governo Lombardo di escludere la Spi dalla gestione del patrimonio immobiliare. Sarebbe partito poi un contenzioso con i privati rappresentati dall’immobiliarista Ezio Bigotti recentemente finito al centro delle cronache giudiziarie.

In questi anni si è registrato lo strano caso per cui la Regione è andata in affitto negli immobili che aveva venduto. Proprio questo caso riguarderebbe alcuni dei cinque immobili che l’Esa ha dato alla Regione. Il patrimonio trasferito alla Regione riguarda gli uffici sede dell’Esa in via Libertà a Palermo, il centro per le ricerche idrogeologiche in Corso dei Mille a Palermo e poi una palazzina in via De Amicis a Catania, il laboratorio di analisi in via Gravina, sempre nel capoluogo etneo e infine il Palazzo Esa di Catania, il Palazzo dove al momento ha la sede la presidenza della Regione. In quattro di questi casi, come emerge dall’elenco dei beni dell’ente questo continua a svolgere la sua attività negli immobili di cui prima era in proprietà, certamente nel caso degli uffici di Via Libertà la Regione paga l’affitto ai privati per un immobie che prima era suo. E la storia di Palazzo Esa è un paradosso nel paradosso: la Regione ha la sua sede catanese in un immobile che avrebbe ceduto dopo un’acquisizione per la quale è stata poi condannata a pagare.

I sussidi non pagati all’Inps e i fondi per il Tpl

L’altro debito che assorbe la quasi totalità dei “fuori bilancio” è quello che Palazzo dei Normanni ha con l’Inps per il pagamento dei sussidi ai lavoratori socialmente utili per i triennio che va da 1996 al 1999, un debito vecchio 20 anni.

Come detto un altro è il debito fuori bilancio più costoso: i trasferimenti per il Trasporto pubblico locale che la Regione ha fatto al Comune di Catania nel 2018. Anche in altri casi sono mancate le risorse per corrispondere ai Comuni i fondi per il Tpl ma quasi sempre si tratta di cifra che non superano i centomila euro.

Bollette, missioni, e il debito della Regione con se stessa

Il resto è poca roba. Si va dalle poche centinaia di euro di missioni da pagare a dipendenti, dirigenti regionali e assessori alle decine di migliaia per risarcimenti a cui la Regione è stata condannata. Ci sono le spese per le utenze non pagate e quelle per le spese di pulizia.

Ci sono infine, oltre ai debiti che la Regione ha con i suoi enti, anche i debiti che la Regione ha con se stessa. Fra i creditori dell’elenco dei debiti fuori bilancio si legge infatti “Regione siciliana”. Gli uffici avrebbero pagato delle ritenute d’acconto e dell’Irap non prevista e così la Regione ha pure dei debiti con se stessa.

Questi debiti adesso dovranno essere “regolarizzati”, approvati dall’Ars e non è detto che questa legge trovi facilmente l’ok dei deputati. L’anno scorso proprio su questo tema l’Assemblea regionale si è impantanata senza riuscire ad arrivare presto alla conclusione dell’iter.


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