Dai Malpassotu ai Santapaola |Il profilo criminale di Navarria

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23 Marzo 2017, 14:03

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CATANIA – Negli anni Ottanta era lo “spazzino” del clan del “Malpassotu”. Colui che faceva sparire i cadaveri, insomma. Carmelo Aldo Navarria, accusato di aver ordinato e ucciso Renato Caponnetto nel 2015, è stato un boss mafioso pericoloso e spietato. Il profilo criminale che si evince leggendo alcuni atti giudiziari del passato che lo riguardano, come la sentenza del processo Aria Pulita celebrato negli anni ’90, è a tratti agghiacciante.

Sono almeno quattro gli omicidi per cui è stato condannato in via definitiva, uno commesso nel 1982, uno nel 1984 (con sequestro di persona), uno nel 1986 e uno tre anni dopo. Ma alla fine invece del carcere a vita è uscito dopo 26 anni. Anni dietro le sbarre in cui ha coltivato la sua vena poetica, “la ballata dell’ergastolano” è finita anche in alcuni giornali che si occupano di diritti dei detenuti.

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Per un periodo è stato il braccio destro del capomafia Giuseppe Pulvirenti, si apprende da fonti investigative. E all’interno del clan – come detto – aveva un ruolo preciso: era addetto alla distruzione dei cadaveri. Una capacità che gli sarebbe servita anche per uccidere Renato Caponetto, pestato, strangolato e poi bruciato tra i pneumatici.

I giudici scrivevano che la “cava di Belpasso era diventata una sorta di campo di sterminio”. Navarria finisce in galera: 26 anni dietro le sbarre però non bastano per estirpare la sua ambizione criminale. Appena fuori ha raccolto i suoi uomini più fidati, tra questi i generi e poi ha costruito un gruppo criminale dedito alle estorsioni e secondo gli inquirenti sarebbe diventato il braccio armato di Francesco Santapaola, quello che nell’inchiesta Kronos è indicato come il nuovo reggente della cupola di cosa nostra catanese.

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23 Marzo 2017, 14:03

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