01 Luglio 2019, 18:50
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PALERMO – Tremano in tanti. Burocrati e politici, locali e nazionali. Se davvero Vito Nicastri si meriterà la patente di pentito allora alla Procura di Palermo saranno mesi di super lavoro
Arrestato negli anni ’90, tornato in cella nel 2018, già condannato a 4 anni per evasione fiscale, Vito Nicastri fu definito dal Financial Times’il signore del vento’.
Ha sempre mantenuto costanti contatti con la politica locale in uno “scenario sconfortante”, scrissero i giudici nel decreto di sequestro poi divenuto di confisca del suo impero miliardario, fatto di “impressionanti condotte corruttive” che nel tempo coinvolsero funzionari regionali, del Demanio e delle servitù militari. Conosce bene la macchina regionale e ha rapporti con politici nazionali e siciliani. Partito da una cooperativa agricola, trasformatosi in idraulico ed elettricista per avviare aziende impegnate nella riparazione di impianti si è poi convertito diventando imprenditore leader per le energie alternative”.
Lorenzo Cimarosa, cugino acquisito di Matteo Messina Denaro, ritenuto attendibile dai giudici, un anno prima che morisse, nel 2017, aveva raccontato un episodio del 2012. Si era incontrato con Michele Gucciardi, boss di Salemi, al quale aveva consegnato un pizzino firmato Messina Denaro. Qualche tempo dopo i due si erano rivisti e Gucciardi gli consegnò una busta: “… sicuramente Matteo Messina Denaro aveva chiesto i soldi in quel pizzino. Lui dopo un mesetto… mi ha fatto chiamare… e siamo andati sempre al solito posto e lui mi ha dato una busta di soldi… e poi io non l’ho visto più a Gucciardi, da quel momento in poi… io l’ho data a Guttadauro (Francesco Guttadauro, nipote del latitante ndr)”.
Gucciardi gli spiegò “che praticamente erano i soldi dell’impianto di… quello degli impianti eolici di Alcamo, e che c’erano stati problemi, ci fai sapere che c’erano stati problemi, perché aveva tutte cose sequestrate e i soldi tutti insieme non glieli poteva dare, perciò glieli avrebbe dati in tante tranches”. Chiaro, secondo gli investigatori, il riferimento a Vito Nicastri.
Uno dei passaggi fondamentali che diede il via alle indagini fu il ritrovamento nel 2007 a Giardinello, nella villa dove fu arrestato Lo Piccolo, di un biglietto con la frase: “Nicastro di Alcamo continuare con Scinardo. Escludere i fratelli Severino. Ok”. Gli investigatori lo interpretarono così: Niacstri e l’imprenditore messinese andavano aiutati mentre i catanesi Severino dovevano essere tagliati fuori dagli affari. Affari in cui si è sviluppata quell’aria grigia in cui Nicastri avrebbe fatto la parte del leone. E si è arrivati alla mega confisca, la più cospicua mai effettuata in Italia, che colpisce l’elettricista di Alcamo diventato il signore del vento spingendosi fino in Spagna, Danimarca e Lussemburgo.
Se davvero Nicastri ha consegnato dei soldi a Messina Denaro allora il suo racconto servirà ad aggiornare le ricerche sul latitante che tanto fece adirare Totò Riina nelle conversazione stimolate dal suo compagno di passeggiata, Alberto Lorusso. Nel carcere milanese di Opera, Riina si doleva per il menefreghismo del padrino di Castelvetrano. “Questo signor Messina – diceva – questo che fa il latitante che fa questi pali eolici (è uno dei tanti business che sono stati attribuiti al latitante)… ci farebbe più figura se la mettesse nel culo la luce e se lo illuminasse… fa pali per prendere soldi ma non si interessa…”
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01 Luglio 2019, 18:50