Dal carcere arrivò l’ordine | Soldi e donne: il boss fu posato

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22 Gennaio 2018, 19:34

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PALERMO – Francesco Fragapane ha ricevuto il bastone del comando dal fratello Stefano, che a sua volta era stato il successore del padre, l’ergastolano Salvatore. Nulla accade per caso nella Cosa Nostra agrigentina.

Anche Francesco è finito nei guai giudiziari. Fino al 10 novembre 2012 è rimasto in carcere. Per tornarci di nuovo nel 2013. Nell’anno di libertà si sarebbe attorniato di uomini fidati, tra cui il favarese Giuseppe Quaranta. E così la vita di Quaranta è finita ai raggi x. Partendo da lui gli investigatori hanno ricostruito l’assetto del mandamento di Santa Elisabetta, nel quale rientrano i territori di Raffadali, Aragona, Sant’Angelo Muxaro e San Biagio Platani, e che ha assorbito quello di Santo Stefano di Quisquina (Santo Stefano di Quisquina, Bivona, Alessandria della Rocca, Cammarata e San Giovanni Gemini. Un supermandamento che veniva indicato con il nome “montagna” e che è stato azzerato grazie al blitz dei carabinieri coordinato dalla Procura di Palermo.

Prima di consegnarsi ai carabinieri nel 2013, dopo essersi dato alla latitanza per alcuni mesi, Francesco Fragapane ha nominato suo referente Giuseppe Quaranta, mentre Giuseppe Nugara divenne responsabile della famiglia mafiosa di San Biagio Platani. Per guidare il mandamento fu scelto il bivonese Giuseppe Luciano Spoto, storicamente legato ai clan mafiosi. Arrivò pure il benestare di Ciro Tornatore di Cianciana, che verrà indicato in seguito come vice capo della provincia mafiosa agrigentina.

Il prestigio di Quaranta, però, durò poco. Sul suo conto iniziarono a circolare cattive notizie: dai soldi che non arrivavano ai parenti dei Fragapane al mancato pagamento di una ingente partita di droga acquista a credito alla famiglia mafiosa di San Cataldo, fino alle dicerie sul suo strano rapporto con la moglie di un pezzo da novanta della mafia.

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Francesco Fragapane decise così di posarlo. Da luglio 2014 Quaranta perse ogni incarico. Della sua estromissione furono informati i favaresi Pasquale Fanara, Calogero Limblici e Luigi Pullarà. Fu proprio quest’ultimo a comunicare ai tre personaggi più importanti della “montagna” – Giuseppe Luciano Spoto, Calogerino Giambrone e Giuseppe Nugara – quali erano gli ordini di Fragapane detenuto a Sulmona. Così diceva Giambrone: “… però quando si è saputo la notizia che Francesco (Fragapane ndr) manda a a dire”. E Nugara aggiungeva: “… comunque… glie l’hanno detto e te l’ho raccontato… giustamente dice… lo ha detto… la da lui che ci sono andato… a Peppe… gli ha detto vedi che… è arrivata la notizia che tu… per la famiglia… non devi camminare completamente più…”.

Il garante degli interessi dei Fragapane diventò il cugino di Francesco, Daniele. Sarebbe stato lui a guidare il clan nell’attesa che Francesco finisse di scontare il residuo di pena per cui era tornato in carcere. Cosa che avvenne il 24 aprile 2015. Da allora Francesco Fragapane fece ritorno a Santa Elisabetta. Era ancora un sorvegliato speciale. Così Sporto raccontava la sua accortezza: “… lui arriva con lo scooter… terreni terreni… che c’è l’appuntamento… manda ad uno con la macchina… viene a guardare la situazione… dopo dieci minuti un quarto d’ora poi arriva lui… perché le cose sono molto delicate”.

 

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22 Gennaio 2018, 19:34

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