11 Settembre 2019, 05:33
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PALERMO – Cade l’aggravante della transnazionalità e arrivano sconti di pena per gli imputati sotto processo per avere organizzato un grosso traffico di cocaina dal Sud America a Palermo. Il reato diventa transnazionale solo se i fornitori di droga sono operativi in più Stati contemporaneamente.
Otto anni e quattro mesi è la pena inflitta ad Antonino Lupo, fratello del boss di Brancaccio, Cesare, che in primo grado era stato condannato a 12 anni. Undici anni e quattro mesi ad Antonino Civale (in primo grado erano stati 14), quattro anni e mezzo a Ignazio Catalano (8 anni in primo grado). Lo sconto di pena più consistente – da 14 anni a 8 di reclusione – è arrivato per Cruz Peguero.
La Corte di appello presieduta da Adriana Piras deve avere tenuto conto che l’imputato, assistito dall’avvocato Gloria Lupo, ha collaborato con la magistratura seppure per le sue dichiarazioni non sia stato ammesso al programma di protezione.
“Il signore voleva quella ottima”, registrarono le microspie dei finanzieri della polizia tributaria. A Palermo doveva arrivare solo cocaina di qualità. Dentro un container c’erano 110 chili di polvere bianca che, piazzati sul mercato, avrebbero fruttato quasi cinque milioni di euro. I contatti con i grossisti sudamericani erano competenza di Civale. Quest’ultimo faceva un lavoro di copertura: era pizzaiolo a Porto Cervo, nella rinomatissima Costa Smeralda. Un copertura se l’era creata pure Lupo attraverso la “Pregi di Sicilia”, una ditta con sede a Catania che ufficialmente importa frutta esotica.
Civale e Lupo usavano i nomi in codice “Ramon” e “Pedro” per scambiarsi messaggi via “pin to pin”, una chat per i telefonini Blackberry. “Perché i milioni saranno tanti anzi tantissimi… qui ne hanno a tonnellate e vogliono lavorare con noi”, scriveva Pedro. Civale parlava spesso anche con Peguero Cruz, l’uomo che gestiva i contatti con i narcos colombiani: “Andiamo a Palermo con mio signore… dobbiamo parlare di tutto con mio signore”.
Non avevano fatti i conti con un incredibile errore. Tra il 4 e il 5 marzo 2017 furono frenetici i contatti fra Peguero, alias “Maria Teresa”, e Pedro. Il successivo 8 marzo sarebbe arrivato un grosso carico di stupefacenti: “Mercoledì arrivano 100 a Salerno”. Ed ecco l’incredibile errore. Gli spedizionieri avrebbero caricato la merce sulla nave sbagliata: “Digli al signore che la mia gente sta mandando 100 per sbaglio che invece di mandarli a Palermo lo stanno facendo a Salerno”. E così Pedro aveva scritto a Lupo: “E invece hanno sbagliato nave e l’hanno caricato su una nave che arriva a Salerno mercoledì della prossima settimana… ci sono dentro 100 che erano per noi”.
Peguero sperava anche nell’aiuto di Lupo per recuperare la droga. L’8 marzo arrivò la risposta dell’uomo di Brancaccio: “Il problema è che la nave arriva domani… Quindi in non credo che riusciremo a fare qualcosa… Sono giorni che ti stavo scrivendo per dirti questa cosa…Vabbè non fa nulla… Leggeremo sul giornale quello che troveranno”. A bordo della nave Brussels c’erano cento chili di cocaina.
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11 Settembre 2019, 05:33