22 Luglio 2015, 06:00
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PALERMO – Quella che per il presidente della Regione era una semplice “multa” da oltre un milione di euro è stata confermata in Appello. Per i giudici contabili – rifacendoci al vocabolario del Crocettismo – quella è “manciugghia”. Dovunque si volti, ormai, Crocetta vede un fedelissimo “colpito” da guai giudiziari e contabili. E quel “cerchio magico” su cui aveva fondato la sua rivoluzione è sempre più stretto. Sempre più decadente.
Patrizia Monterosso, il vertice della burocrazia regionale siciliana è stata condannata a risarcire un danno erariale da quasi 1,3 milioni. Solo l’ultima brutta notizia per i più stretti consiglieri del presidente della Regione, quel “circolo” di favoriti del governatore che appare sempre di più come una voragine di guai giudiziari. La più alta burocrate, plenipotenziaria di Palazzo d’Orleans, è stata condannata anche in secondo grado per la nota vicenda degli extrabudget della Formazione. Somme aggiuntive illegittimamente destinate agli enti per i corsi di Formazione negli anni passati. Una sentenza che, al netto delle differenze di “qualità” e portata dei provvedimenti, si aggiunge, nel giro di poche settimane o al massimo mesi, all’arresto del medico personale di Crocetta, Matteo Tutino, all’indagine sul manager amico Giacomo Sampieri, a quelle, di natura penale e contabile che hanno coinvolto ll’ex pm Antonio Ingroia, a quella che ha riguardato un’altra burocrate “di peso” nelle stanze del potere, cioè Anna Rosa Corsello.
Guai giudiziari che assumono persino una connotazione simbolica. Dentro c’è di tutto: la Formazione professionale, la Sanità, le società partecipate, i simboli della casta e la burocrazia regionale. Pilastri che proprio Crocetta, novello Sansone, aveva annunciato di voler abbattere, per ricostruire la Regione sulle fondamenta della legalità e della moralità. Ma adesso, dovunque si volti, è un problema. E il cerchio magico sembra stringersi sempre di più attorno a un governatore già all’angolo.
Crocetta aveva difeso Patrizia Monterosso in maniera aperta, sanguigna, plateale. Ne aveva sottolineato i meriti nella battaglia “legalitaria” portata avanti dentro la Regione. Lo aveva fatto persino a Sala d’Ercole, puntando il dito contro i deputati grillini: “Una multa può arrivare anche a voi”, aveva detto. E adesso i parlamentari Cinquestelle rilanciano chiedendo la rimozione del Segretario generale. La mozione, del resto, da oltre un anno prende polvere in modo quasi grottesco, tra i punti all’ordine del giorno delle sedute d’Aula. Una difesa, quella di Crocetta, che aveva scatenato anche la reazione del presidente della Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti Luciana Savagnone, che aveva “rimproverato” al governatore di sottovalutare la sentenza di primo grado, e gli aveva ricordato che spetta proprio a lui procedere con il recupero di quelle somme.
Perché il problema nel problema è proprio quello. I fatti che emergono dalla sentenza di appello della Corte farebbero gridare alla “manciugghia”, se solo il governatore non avesse operato, in questi due anni e mezzo, basandosi su una doppia morale che “mascarìa” e assolve. A seconda della posizione “al di qua” o “al di là” del cerchio. Aspetto poi tragicomico è legato alle motivazioni con cui l’Appello ha confermato la condanna al Segretario generale: quel ricorso è stato ritenuto inammissibile per il ritardo col quale i suoi legali (tra cui il marito e commissario dell’Aran Sicilia, Claudio Alongi) avrebbero trasmesso alla Procura alcune notifiche. Ma, precisano i giudici, quasi a non voler spingere a una nuova sottovalutazione della sentenza, “una notevole efficacia concausale nella produzione del danno sia ravvisabile” anche nei comportamenti di Patrizia Monterosso.
Una “colpa” condivisa con alcuni ex assessore di Raffaele Lombardo, e altri alti burocrati, e attribuita già senza troppi dubbi dal giudice di primo grado: “Tali comportamenti, ad avviso del Giudice di primo grado, – viene riportato anche nella sentenza di ieri – erano stati indubbiamente caratterizzati (sia pure con diverse gradazioni, a seconda delle funzioni istituzionalmente svolte dai soggetti sopra indicati) da colpa grave, sotto i profili dell’inescusabile negligenza, dell’ingiustificabile inosservanza delle disposizioni vigenti in materia, del macroscopico disinteresse per la sana ed oculata gestione delle risorse finanziarie pubbliche, della palese superficialità nell’assunzione di scelte incidenti in maniera particolarmente onerosa sulle finanze della Regione Siciliana”. Disinteresse per le risorse finanziarie della Sicilia. Sprechi. E utilizzo leggero (negligente, scrivono i giudici contabili) dei soldi pubblici, erogati violando la legge.
Già dopo quella sentenza di primo grado, Crocetta difese la Monterosso. Così come difese, anzi sottoscrisse, con una firma in calce a una delibera di giunta, le scelte di un altro fedelissimo come Antonio Ingroia. Le assunzioni a Sicilia e-Servizi, secondo i giudici contabili sono avvenute “al buio” e violando il blocco previsto dalle norme. E nonostante il governo avesse deciso, inizialmente, di “internalizzare” il servizio con la creazione di uno specifico ufficio regionale dell’informatica. Una scelta rinnegata, poi, con le assunzioni, appunto, degli ex (non di tutti, a dire il vero) dipendenti delle società private che facevano parte dell’azienda, adesso totalmente pubblica. E a essere stata “rinnegata”, secondo i giudici contabili, è stata anche una “scelta di legalità”. Per questo i pm della Corte dei conti hanno chiesto a Crocetta e Ingroia il risarcimento del danno per centinaia di migliaia di euro.
Mentre anche la Procura di Palermo ha deciso di aprire un fascicolo. Assunzioni “immotivate”, secondo gli inquirenti. Come se non fossimo in piena rivoluzione. Dove anche il simbolo della “casta” può, tutto sommato, non lasciare traccia nei discorsi del presidente che si presentò da governatore con un “pacchetto Tsunami” che avrebbe dovuto spazzare via soprusi, privilegi e sperpero di denaro. Per l’uso disinvolto dell’auto blu i pm hanno chiesto di processare Anna Rosa Corsello, altra potentissima di Palazzo d’Orleans, attualmente a capo del dipartimento Lavoro e citata anche nell’ultima sentenza della Corte dei conti per avere, da dirigente generale della Formazione e sotto input del Segretario generale Patrizia Monterosso, provato a “cancellare” il danno erariale incombente, attraverso la cosiddetta “compensazione”. Trattenendo, cioè, agli enti che erano stati destinatari degli extrabudget, somme relative all’Avviso 20. Una pratica “bocciata” dai giudici contabili.
E infine, ovviamente, c’è il cerchietto sanitario. Quello dei medici “amici” del governatore. Matteo Tutino è in carcere per le accuse gravissime sulla gestione del reparto di chirurgia plastica a Villa Sofia. E indagato è anche l’ex commissario Giacomo Sampieri. Dalle telefonate tra questi medici e tra loro e il governatore, emerge una Sanità malata, un labirinto di clientele, favori e abusi. Una invasione che giungeva fino alla scelta dei nomi da piazzare al vertice delle aziende sanitarie. Una “escalation” quella di Tutino che, per usare le parole dei pm, si avvaleva “soprattutto dei suoi rapporti particolarmente privilegiati con il presidente della Regione onorevole Rosario Crocetta”. Quei rapporti privilegiati che sono stati fonte di guai per un governatore politicamente incapace persino di scegliersi “gli amici”.
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22 Luglio 2015, 06:00