Dalla speranza all’inferno | “Così sono stata violentata”

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08 Novembre 2013, 14:49

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PALERMO – Violenze, abusi sessuali, torture. Cercavano una vita migliore e sono finite dritto all’inferno. Un inferno che hanno raccontato agli investigatori della sezione Criminalità organizzata delle squadre mobili di Palermo e Agrigento e del Servizio centrale operativo. Il sostituto procuratore Geri Ferrara, della direzione distrettuale antimafia di Palermo, è volato a Lampedusa per registrare i racconti dell’orrore dalla voce delle sfortunate protagoniste. Una di loro è una ragazza eritrea di 18 anni. Il suo incubo è iniziato a luglio: “Assieme ad altri miei compagni, all’incirca 130 persone di cui 20 donne, c’eravamo messi in marcia nel deserto tra il Sudan e la Libia: all’improvviso siamo stati fermati e costretti sotto la minaccia di armi da fuoco a salire su alcuni furgoni. Ci condussero con la forza all’interno di una casa nella città di Sebha. Erano circa 50 uomini, di origine somala e sudanese”.

La ragazza ha riconosciuto uno dei suoi aguzzini. Fingeva di essere uno dei tanti ospiti del centro di accoglienza di Lampedusa. Uno dei presunti organizzatori della tratta di clandestini si chiama Elmi Mouhamud Muhidin, somalo di 24 anni. Il racconto della ragazza si è fatto disperato quando ha ricordato che “anch’io sono stata oggetto di violenza sessuale da parte di quest’uomo e dei suoi complici. Infatti una sera dopo essere stata allontanata dal mio gruppo sono stata costretta con la forza dal somalo e da due suoi uomini ad andare fuori, gli stessi dopo avermi buttata a terra e successivamente bloccata alle braccia ed alla bocca mi hanno buttato in testa della benzina provocandomi un forte bruciore al cuoio capelluto, alla pelle del viso ed infine agli occhi, successivamente, non contenti i tre a turno hanno abusato di me. Dopo circa un quarto d’ora e dopo essere stata picchiata sono stata riportata all’interno della stanza e lì ho raccontato ai miei compagni di viaggio ciò che mi era accaduto”.

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Una sorte toccata non solo a lei: “Preciso che tutte e 20 le ragazze che sono state sequestrate sono state oggetto di violenza sessuale e che nel compiere l’atto i miei stupratori non hanno fatto uso di protezione non curanti neanche della mia giovane età, in quanto ancora vergine”. La diciottenne prosegue: “All’interno della casa in questione dopo averci rinchiusi in una grande stanza ci prelevavano uno per uno e privandoci dei nostri effetti personali e utilizzavano il nostro telefono cellulare per chiamare i familiari e richiedere un riscatto per la nostra liberazione. Preciso che eravamo costretti a stare in piedi per tutta la giornata e che ci obbligavano a vedere i nostri compagni mentre venivano torturati con vari mezzi, tra cui manganelli, scariche elettriche alle piante dei piedi e nel peggiore dei casi per chi si ribellava gli stessi venivano legati con una corda collegata gli arti inferiori ed il collo, in modo che anche un minimo movimento creava un principio di soffocamento”.

 

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08 Novembre 2013, 14:49

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