22 Marzo 2017, 05:02
7 min di lettura
CATANIA – Intercettazioni, verbali dei pentiti, pizzini. Durante l’amministrazione giudiziaria del Gruppo Tecnis, fondato dagli imprenditori Mimmo Costanzo e Concetto Bosco, la magistratura ha analizzato ogni passaggio della vita del colosso catanese degli appalti pubblici. Un’analisi complessa che ha visto gli uomini del Ros e il Pm Antonino Fanara, sotto il coordinamento del procuratore Capo Carmelo Zuccaro, impegnati, complessivamente, in 7 anni di indagini, non a carico dei due imprenditori, ma del “sistema Catania” emerso con l’operazione Iblis.
L’ESTORSIONE – Dalle indagini è emerso che l’azienda di Mimmo Costanzo, socio di Concetto Bosco, è stata sottoposta a estorsione dal gruppo di Picanello del clan Santapaola. Agli atti dei carabinieri del Ros ci sono le dichiarazioni di un certo Ranno, dipendente di Giuseppe Costanzo, padre di Mimmo, dal 1970 al 2010, secondo cui “l’impresa già a decorrere dalla fine degli anni ‘80 ricevette le prime richieste estorsive”. In un primo momento, secondo Ranno, “il fatto venne denunciato alle forze dell’ordine che avevano tentato di arrestare gli estorsori in flagranza senza riuscirvi”. Dopo aver denunciato, i Costanzo si sarebbero ritrovati di nuovo di fronte alle richieste estorsive dei mafiosi a piede libero. Nel 1990, Giuseppe Costanzo, “allorché venne reiterata -ricostruiscono i carabinieri- la richiesta di denaro, diede disposizioni al Ranno di cercare Campanella, del quartiere catanese di Picanello, con il quale concordò il pagamento di un milione al mese”. Gli inquirenti hanno verificato se ci fossero state complicità, ma non è stato trovato alcun riscontro.
SCAMBIO DI PERSONA – Agli atti della magistratura c’erano le dichiarazioni del pentito Gaspare Pulizzi, che parlava del “geometra Bosco di Acireale” per una “messa a posto”. In un primo momento gli inquirenti hanno ipotizzato che potesse trattarsi di Concetto Bosco, ma si trattava di Alessandro Bosco, già titolare della Costruzioni Pozzobon Spa, che interrogato ha spiegato come nel 2007, mentre stava eseguendo i lavori per una strada a Corleone, era finito nel mirino dei Lo Piccolo.
IL PIZZINO – Agli atti dell’inchiesta Golem della Procura di Palermo c’è un pizzino, trovato nel covo di Salvatore Lo Piccolo, che contiene il nome “Mimmo”. Il tribunale sottolinea che non ci sono elementi per provare che si trattasse di Domenico Costanzo detto, appunto, “Mimmo”, a questo si aggiunge che il tribunale di Palermo nel processo Golem ha documentato che il pizzino in questione è attribuito a Girolamo Coppola detto “Mimmo”.
I TERRENI – Per realizzare il nuovo carcere di Bicocca il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria retto da Giovanni Tinebra aveva approvato il progetto presentato dalla Tecnis in project financing: la società siciliana avrebbe realizzato ogni cosa e concesso in locazione il carcere al Governo. Uno dei terreni sui quali ricadeva il progetto era di proprietà di un certo Guglielmino, ma l’ingegnere Bosco aveva condotto la trattativa con Alfio Aiello, fratello del boss Vincenzo. Aiello aveva un diritto d’opzione sul terreno, stipulato con Guglielmino, ad assisterlo nell’operazione immobiliare era Mario Arena, avvocato Capo del Comune di Catania, “persona – scrive il tribunale – che aveva definito Aiello assolutamente affidabile, un vero lavoratore”, confermando la tesi difensiva di Bosco che ha sempre sostenuto di non sapere chi fosse Aiello. Il tribunale ha confrontato anche il prezzo pagato per l’acquisto del terreno di 25 ettari, 15 euro la metro quadrato, con altre operazioni simili nella stessa zona. Per esempio l’ospedale San Marco, realizzato sui terreni della famiglia Ciancio ed espropriato al prezzo di 67,70 euro al metro quadrato dall’Azienda sanitaria provinciale di Catania. Il tribunale ha concluso che il prezzo di acquisto del terreno “risulta conforme al valore di mercato”.
Altro elemento della vicenda è il fatto che, fino al 2010, anno in cui è stato sequestrato il terreno con l’operazione Iblis, la Tecnis ha continuato a pagare le rate da 400mila euro per l’acquisto del terreno a Guglielmino consentendo ad Aiello di restarne in possesso “realizzando ulteriori consistenti plusvalenze”. Secondo l’accusa gli imprenditori sarebbero stati “ben consapevoli del contesto criminale della controparte”, al contrario la difesa ha spiegato che la Tecnis sarebbe diventata proprietaria soltanto al momento del saldo e che l’impresa non aveva alcun interesse a coltivare i 25 ettari, visto che la messa in produzione delle terre sarebbe stata dispendiosa.
Il tribunale ritiene che questa vicenda abbia dei “contorni oscuri”, ipotizzando che Bosco non potesse non sapere chi fosse Alfio Aiello, ma non ci sono elementi che mostrano l’esistenza di alcun patto illecito.
I VERBALI DI NIZZA – Fabrizio Nizza, fratello del boss Andrea Nizza ha scelto di collaborare con la giustizia. Interrogato nel marzo del 2016, premettendo di far parte dell’organizzazione mafiosa Ercolano – Santapaola, ha detto che suo fratello Daniele, insieme a Orazio Magrì e Benedetto Cocimano si occupava dei rapporti tra l’organizzazione e gli imprenditori. Ha detto che gli stessi si dovevano occupare di un imprenditore dal nome “Costanzo”, che era “da molti anni un imprenditore di famiglia”, un soggetto che pagava da tempo e aveva un rapporto consolidato con l’associazione criminale. Alfio Aiello – lo stesso dei terreni di Bicocca – si sarebbe fatto consegnare circa 240mila euro da “Costanzo”, ma poi non avrebbe trasferito le somme all’associazione mafiosa. Nizza ha detto di non sapere come sia terminata la vicenda e di non ricordare il nome dell’impresa né il settore di operatività. Nessun contatto tra Mimmo Costanzo e Aiello è stato documentato dai carabinieri durante le intercettazioni dell’operazione Iblis.
ESTORSIONE A PICANELLO – Il tribunale conclude che “senza dubbio in passato vi sono stati punti di contatto tra la Tecnis o le società che hanno dato origine ad essa, in particolare la Siciliana Carbolio, e il gruppo di Picanello del clan Santapaola – Ercolano. Il contatto, secondo gli atti del Ros, consisteva in un tentativo di estorsione. I carabinieri hanno intercettato, il 20 aprile del 2008, la cupola del clan Santapaola che parlava di affari e imprenditori. Il boss Vincenzo Aiello parla dell’arrivo di Franco Costanzo e di un problema di leasing, poi aggiunge: “Allora, il canale l’ha vinto… una… che c’è COSTANZO… La Siciliana CARBOLIO… Giovanni… e BOSCO, l’hanno vinta loro… quella… la prima gara… le altre due non si sono potute fare…”.
Sperano che Mario Incarbone, imprenditore ritenuto vicino al clan, possa fornire i mezzi. Ad un certo punto l’imprenditore Carmelo Finocchiaro chiede: “Ma gli operai…chi gli deve fare la mano d’opera?”. “Ora vediamo con COSTANZO – dice il boss Aiello – perché BOSCO è na Casemma di Carabbineri… è un carabbineri BOSCO!”. A questo punto il capomafia richiama l’episodio di due affiliati che si erano recati da Bosco per chiedere “ha qualcosa… lavoro… cose…?”. In risposta alla richiesta estorsiva, l’imprenditore “ha chiamato i Vaddia…è il braccio destro di VECCHIO… perciò non ne devi parlare…”, conclude il capomafia. Il “Costanzo” al quale si riferiva Aiello non è stato mai identificato, nessun collegamento con Mimmo Costanzo è stato documentato dai carabinieri del Ros.
I TERRENI DI PICANELLO – Il tribunale punta l’attenzione su un’operazione immobiliare che coinvolge anche una società estera: la Wyfields Ltd con sede nelle Isole Vergini. La Capinera Srl stipula un contratto preliminare di compravendita con la Wyfields per alcuni lotti di terreno a Picanello, popoloso quartiere catanese, con una clausola sospensiva per la determinazione del prezzo che dipendeva dall’approvazione del Prg. Nell’ottobre del 2005 la Capinera Srl e Bosco Aldo Spa stipulano tra loro un preliminare di vendita con gli stessi terreni promessi alla Wyfields. Bosco Aldo, un mese dopo, si impegna ad acquistare i terreni da una società che controllava la Wyfields. L’elenco delle società che intervengono in quest’operazione di acquisto è ancora lungo. Alla fine, la Gestioni Immobiliari acquista, nel 2006, la piena titolarità dei terreni, pagando 6.160.000 euro. La transazione, secondo la società di revisione che ha esaminato gli incartamenti, “è stata realizzata mediante la strutturazione di una serie concatenata di atti apparentemente leciti e motivati” e presenta “elementi meritevoli di ulteriori approfondimenti” per verificare se il trasferimento all’estero ha evitato la tassazione in Italia.
LE SOCIETA’ DISSEQUESTRATE – Il tribunale ha disposto la revoca della misura di prevenzione dell’amministrazione giudiziaria di queste società, che si sono aggiudicate importanti commesse a livello nazionale: Tecnis Spa, Artemis Spa Cogip Holding Srl, Consorzio Uniter, Salerno Porta Ovest, Cuma Scarl, Medio Sarno Scarl, Nord Sud Scarl, Salaria Scarl, San Marco Scarl, San Quirico Scarl, Spoleto Scarl, Ternirieti Scarl, Tiburtina Scarl, Calata Bettolo Scarl, Metro Catania 2013 Scarl, Gubbio Scarl, Sangro Scarl, Cogip Infrastrutture Spa, Gestioni Immobiliari Spa, Gardenia Srl, Immobiliare Monte dei Cocci Srl, Ospedale della Piana Gioia Tauro Scpa, Marina di Naxos Srl, Porto Turistico Marina di Ragusa Spa, Risanamento San Berillo Srl, Sintec Spa.
Leggi anche: le motivazioni del Tribunale
Pubblicato il
22 Marzo 2017, 05:02