17 Settembre 2019, 18:26
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PALERMO– Fratel Mauro è uno dei volti della speranza di Danisinni. Da anni si spende affinché nel quartiere dalle multiple fratture sociali, che compare e scompare alla vista di Palermo come una minuscola città fantasma, si impianti il seme della dignità umana. Non è semplice immaginare un orizzonte in mezzo a esistenze diroccate. Mauro ci prova, non da solo. Ed è questa già la buona novella: c’è una collettività di persone che vogliono costruire insieme un futuro migliore e diverso, perché lo ritengono possibile.
Poi capita un fatto di cronaca nera, come la recente sparatoria, dai contorni ancora da chiarire, e Danisinni, sulla bocca di tanti, ritorna a essere un ingiusto esempio di irredimibilità, un non luogo, il ghetto di una narrazione che poco sperimenta della realtà.
“Non ci sto – dice Mauro, parroco di Sant’Agnese da cinque anni, ma attivo sul territorio da molto più tempo -. Non mi va che per colpa di qualche balordo gli sforzi di tanti siano resi vani. Qui il bene è molto più grande del male. L’altra sera c’erano gli artisti del Teatro Massimo, in piazza, per l’opera lirica. E nel coro c’erano donne e uomini della zona che si sono impegnati per tante settimane, con grande sacrificio”.
La musica che porta la bellezza. La volontà che edifica muri dove c’era il deserto. Il morso concreto della necessità. Una rivoluzione luminosa e friabile come una fiammella. Anche un soffio può offuscarla.
Fratel Mauro continua: “Abbiamo moltissimi progetti sociali, c’è qualcosa che si sta muovendo, soprattutto perché i residenti non si sentono più abbandonati. E poi c’è il balordo che spara ed ecco che la parola ‘Danisinni’ torna a essere uno stigma sociale, una colpa, una maledizione. E allora gridiamo che non è così, che non sarà più così, perché qui c’è un popolo che ha rialzato la testa. La prossima tappa sarà la ristrutturazione dell’asilo, chiuso da anni. Verrà realizzato dal basso con le nostre idee e con i finanziamenti del Comune”.
Ma non tutto è speranza: “Chi commette atti di violenza – dice Mauro, il frate che sta curando le anime della trincea – causa danni spesso irreparabili che impoveriscono il territorio e non risolvono nulla. Qui abbiamo il problema dello spaccio e del consumo di droga ed è un problema immenso. Chi fa uso di crack perde il lume della ragione e combina sciocchezze spesso fatali. Molte famiglie soffrono per qualcuno che sbaglia. Ci sono mogli senza mariti. Ci sono figli senza genitori. Ora basta”. Mauro ci crede davvero: “Offro il mio appello ai violenti. Questo è il momento di cambiare vita”.
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17 Settembre 2019, 18:26