“Noi, Vito Chimenti e lo zio Renzo | Perché abbiamo salvato il Palermo”

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18 Febbraio 2019, 14:16

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PALERMO- Un poeta che non si studia a scuola diceva che esistono cose estremamente più fragili, belle e pericolose dei sogni di un bambino. I sogni di un uomo. Se un uomo sogna, non riceve le sponde protette del’infanzia. Se si sporge troppo dal davanzale della realtà, rischia di cadere. E allora restano i cocci. Bellissimi e colorati. Ma pur sempre cocci.

Dario Mirri, imprenditore palermitano, ha fatto il suo sogno, condiviso con il papà, Daniele. E insieme si sono mossi. Dentro, c’erano i capelli candidi dello zio, Renzo Barbera, che è come dire il Palermo; le biciclette di Vito Chimenti e il gusto agrodolce, l’odore familiare, di certe domeniche allo stadio, quando la fine della partita ricorda a tutti che domani è lunedì.

Ieri notte, un comunicato stringato della società chiariva: “L’U.S. Città di Palermo e la Damir srl annunciano con soddisfazione di aver raggiunto un’intesa grazie alla quale sarà possibile proseguire con rinnovato entusiasmo il cammino verso la promozione. Si apre così, con l’appassionata partecipazione di un imprenditore locale, una nuova fase della storia del Palermo, che ci si ripromette di portare all’altezza della città e della tifoseria. Il Presidente del Palermo, Rino Foschi, ringrazia la famiglia Mirri per lo sforzo e la disponibilità dimostrati in questi giorni, a testimonianza del grande attaccamento ai colori rosanero e alla città di Palermo”. Poche parole per riportare in alto i cuori rosanero. Due milioni e otto per pagare gli stipendi ed evitare la penalizzazione ormai quasi certa in cambio della gestione della pubblicità e del marketing per i prossimi quattro anni.

Per saperne di più del sogno di Dario Mirri e di suo padre Daniele, basta andarli a trovare. Una stanzetta spartana alla Damir, dietro il mercato Sanlorenzo che è della famiglia. Daniele è indaffarato con le ultime pratiche da sistemare, semplice burocrazia. Dario si ferma per qualche minuto.

Perché avete deciso di intervenire? Cosa vi ha spinto?

“Innanzitutto devo chiedere scusa ai tifosi e ai palermitani. Vorrei cominciare così”.

Perché?

“Perché qualcuno, in buonafede, può avere pensato che la nostra scelta sia stata determinata da ragioni preminenti di interesse. Non è vero: si è trattato di un gesto d’amore, anche se capisco che l’amore può risultare strano, perché fuori moda”.

Cioè?

“Non abbiamo una sola quota della società e tra un mese c’è un’altra scadenza milionaria da onorare. Stiamo investendo una somma considerevole al buio, senza certezze per il futuro. Soldi che, facciamo gli scongiuri, potrebbero essere persi. Avrei voluto comprare il Palermo, ma non posso permettermelo. Ho unito i miei sogni e le mie responsabilità che un imprenditore deve sentire per il suo territorio, per la sua gente. Sapesse quanti mi hanno ripetuto: ‘siete pazzi…’”.

Una pazzia che, intanto, ha evitato la mortificazione di punti in meno. Un taglio che sarebbe stato dolorosissimo...

“Io mi sono ispirato a due figure, per questo e per altro”.

Quali?

“Una è Vito Chimenti, il mio idolo. Il ragazzino che è in me non lo dimenticherà mai. In campo era un esempio”.

L’altra?

“Libero Grassi a cui guardiamo tutti con umiltà, sapendo con quale luminoso coraggio ha affrontato la sua missione. Grazie a Libero e al suo sacrificio abbiamo imparato che un imprenditore è uno che fa qualcosa per la sua comunità. Un insegnamento che non si dimentica”.

Insisto, perché? Possibile che sia soltanto amore?

“Sì, è soltanto amore. Perché, mi chiede? Perché ho visto le persone cantare e abbracciarsi al ‘Barbera’, che porta il nome dello zio di papà. E so quanto sia importante essere felici a Palermo, più che altrove. E mai avrei voluto rivivere scene di penalizzazioni o difficoltà che ci riportassero ai tempi cupi della radiazione. Abbiamo sofferto e pianto troppo. Lancio un appello…”.

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Prego.

“Io sono qui anche per esercitare professione di trasparenza, da palermitano verace. Se ci sono investitori che vogliono il bene della squadra della città, vengano avanti. Le porte sono aperte. Se c’è qualche principe azzurro, mi passi l’espressione giocosa, che vuole sposare i colori rosanero, sapendo che prende un impegno d’amore, è questo il momento di dirlo”.

Lei va in tribuna?

“No. Io vado allo stadio, da quando ero bambino, in gradinata. Ingresso 20, fila 19. Da lì non ci siamo mai spostati e non ci sposteremo. Siamo tifosi e palermitani nella profondità dell’anima. La maglia ce l’abbiamo tatuata sul cuore”.

Una storia di passione?

“E di lacrime. Ho pianto di gioia per il Palermo in serie A. Ho pianto tanto pure di tristezza”.

Per la radiazione?

“Sì e per la cessione di Chimenti. Non la smettevo più. Ero appunto un ragazzo. Chi ci avrebbe ridato le sue biciclette?”.

E come finì?

“Papà telefonò allo zio Renzo che prese a consolarmi, con la sua consueta dolcezza. Mi disse: ‘Dariuzzo, i giocatori vanno e vengono. Il nostro amato Palermo resterà per sempre’”.

Un altro calcio.

“Un calcio romantico, di grandi presidenti che erano persone e che regalavano gesti d’amore”.

Non è che se ne pentirà, se le cose dovessero – vada pure con gli scongiuri – non procedere nel senso sperato?

“No e sa perché?”.

Perché? Un altro ancora. L’ultimo.

“Perché stamattina, mentre arrivavo in ufficio, sono stato fermato da tanta gente che sorrideva e questo mi ha reso felice. Abbiamo pianto troppo”.

Per completezza di informazione, Dario e Daniele Mirri sono titolari della società Spa che rappresenta, a sua volta, la metà dell’azienda Wan tra gli editori di LiveSicilia.it

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18 Febbraio 2019, 14:16

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