01 Dicembre 2016, 08:30
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PALERMO – Reggere all’urto di otto sconfitte di fila era impossibile. Il paradosso sta nel fatto di avere incassato l’esonero al termine della gara meno importante per le sorti di una stagione difficilissima (con tutto il rispetto per la Coppa Italia, è evidente che le priorità del Palermo, in questo momento, siano di ben altra natura). Roberto De Zerbi è durato tre mesi. La mentalità da tecnico 2.0, il progresso da lontano pronto per la scalata ai vertici del calcio italiano dopo una breve gavetta in Lega Pro, è stato spinto fuori dalla zattera rosanero dal comandante Zamparini. Non c’era più spazio per la rivoluzione culturale, “Luce” (uno dei soprannomi affibbiati al bresciano) è rimasto al buio. Clausola o non clausola anti-licenzialmento, su cui adesso potrebbe aprirsi un contenzioso col club, stando a quanto dichiarato dal patron. Squadra senza spina dorsale e negli ultimi tempi fuori sincrono rispetto ai ragionamenti del giovane maestro, a cui comunque va concessa l’attenuante legata alla povertà tecnica di un gruppo costruito male ed ereditato a mercato chiuso.
L’azzardo era palese, evidente, ma al fascino (e alle lusinghe economiche, evitando stucchevoli e ipocriti perbenismi) della Serie A era difficile resistere. Palermo terra promessa, con la premessa di lavorare in piena autonomia per effetto di un rispetto dei ruoli divenuto utopia in seno al club di viale del Fante: partenza incoraggiante, equilibri che reggono sino all’inizio di ottobre. Dopodiché, il crollo verticale certificato dai numeri: cinque punti in 12 gare, otto k.o. consecutivi (sette al 90′), nessun punto raccolto al “Barbera” e la debacle contro lo Spezia a ricordare quanto accaduto esattamente un anno fa con l’Alessandria. Gare all’apparenza ininfluenti dietro cui si annidano bombe a orologeria: nella passata stagione saltò il gruppo di congiurati che avrebbe attentato all’equilibrio dello spogliatoio dopo il primo ritorno di Ballardini, questa volta è l’allenatore a fare le valigie. De Zerbi paga colpe non sue miste a scelte azzardate. Novità reale o nuovismo di facciata? Poco importa, l’esito è stato il medesimo di tante altre avventure iniziate con i migliori presupposti: non si può andare oltre, spazio al prossimo. La tentazione di aggiungere l’aggettivo malcapitato è forte.
Da un bresciano all’altro. Spazio alla tradizione, spazio al capitano che torna per salvare la patria da tecnico. Era successo a Beppe Iachini tra i cadetti, adesso è la volta di Eugenio Corini. L’esperienza da calciatore si era conclusa con un rapporto con Zamparini fatto a pezzi da una brusca rottura: una conferenza stampa bagnata dalle lacrime dell’ex regista, per un addio doloroso, segnava l’inizio di un esilio durato nove anni e mezzo. In mezzo ruggini e dissapori a chiudere a ogni ipotesi di ritorno nelle vesti di allenatore. Prima di un riavvicinamento e di un abbraccio figlio dell’esigenza di riportare la bonaccia dopo venti di tempesta. Il “Genio” sarà la figura attorno a cui potrebbe stringersi la piazza, togliendo al patron parte di quella attenzione mediatica spesso costata caro ai tecnici capaci di legare col popolo palermitano. Durata della luna di miele? Impronosticabile. Nella passata stagione, consegnata agli archivi dopo nove avvicendamenti in panchina, il primo cambio avvenne il 10 novembre. Il 1° dicembre di quest’anno nasce la terza gestione tecnica. Rimanendo in media, le possibilità di raggiungere la doppia cifra sono elevate.
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01 Dicembre 2016, 08:30