Cronaca

“Dedicato a Carlotta”: 21 anni dopo, il dolore di una madre

di

15 Agosto 2023, 08:33

9 min di lettura

Ancora una volta sorge questo giorno il 15 agosto

E sono qui a scrivere per Te Figlia mia; gli anni trascorrono come sabbia fine di una clessidra i cui granelli non ritornano indietro, se non per il ricordo. Non riesco a scrivere senza concedermi attimi di  pause: ci sono gli istanti di nebbia perché le lacrime,ti ricordi Carlotta, ti dicevo, servono a fare emergere le emozioni, quelle troppo grandi. E’ giusto che io per Te debba accettare, insieme all’amore, il dolore, ma Dio ci ama tanto e ci ha dato i ricordi…. Posso chiudere gli occhi e sento gli schizzi dell’acqua di un mare incantato della nostra Sicilia  che ti abbraccia  da bambina, mentre giochi ed io sto a guardia sulla riva del mare, seduta per non perderti di vista guardinga: mi sei stata consegnata dalla vita. Spesso mi assalgono i rimorsi: potevo fare qualcosa per impedire ciò che è accaduto?

Sai da dove vieni?
Così venisti al mondo.
Da tanti luoghi vieni,
dall’acqua e dalla terra,
dal fuoco e dalla neve,
da così lungi cammini
verso noi due,
dall’amore che ci ha incatenati,
che vogliamo sapere
come sei, che ci dici,
perché tu sai di più
del mondo che ti demmo.
Come una gran tempesta
noi scuotemmo
l’albero della vita
fino alle più occulte
fibre delle radici
ed ora appari
cantando nel fogliame,
sul più alto ramo
che con te raggiungemmo.” di Pablo Neruda

Un genitore è sempre pieno di domande, di timori, di speranze per i propri figli e pensa sempre di non avere fatto mai abbastanza. Nei giorni che seguirono il tuo viaggio da me, non riuscivo a compiere i gesti della normalità, ero sprofondata nella fissità del tempo: sapevo che non Ti avrei più rivista in questo mondo, ma ho vissuto aspettando di rincontrarti con la mestizia di sapere che per raggiungere Te avrei comunque, un giorno, dovuto lasciare Giorgio. Tuo fratello.

 Tu sai che per me è accaduto come scrive – Langston James Hughes

“Voglio dirti una cosa
la vita per me non è stata una scala di cristallo.
Ci furono chiodi
e schegge
e assi sconnesse
e tratti senza tappeti sul pavimento,
nudi.
Ma per tutto il tempo
ho continuato a salire
e ho raggiunto pianerottoli
voltato angoli
e qualche volta ho camminato nel buio
dove non c’era uno spiraglio di luce.
Quindi, ragazzo, non tornare indietro.

Non fermarti sui gradini
perché trovi che salire è difficile.
Non cadere adesso
perché io vado avanti, amor mio,
continua a salire e la vita per me
non è stata una scala di cristallo”

Non ho mai abbandonato la Fede e soffro ad ascoltare dei detenuti che scelgono il suicidio per fuggire alla propria sofferenza, la nostra società per definirsi civile deve porre grande attenzione alla disperazione ed alla solitudine della reclusione.

Da bambina non sopportavo gli addii, alle  stazioni dove i treni correvano veloci, alla fine della scuola, dopo le feste del Natale… e mi dicevo: torneranno  di nuovo, io aspetto.

Dopo il 15 agosto 2002 c’è stato solo un prima ed un dopo, come se fosse accaduto nuovamente  un anno zero solo per me e per sempre ed è molto difficile scrivere ogni anno nell’anniversario, ma io lo devo a Te Carlotta e lo farò finché avrò vita per ricordare al mondo il tuo passaggio lieve ma persistente per tutti noi e per essere testimone con forza che è solo nel bene che si raggiunge la serenità ed io attraverso la chiave del perdono ho aperto molte porte che avevo chiuse.

Riesco ancora a sentire la tua voce e se mi concentro vedo ancora i tuoi occhi con la luce del cielo riflessa ed i tuoi capelli pettinati dal vento come un velo nel sole .

Guardo fuori dalla finestra oggi, davanti ai miei occhi l’azzurro del mare, del cielo, il volo spensierato di uno stormo di uccelli, ricamano disegni insieme, sono liberi ed inconsapevoli.

Ripenso ad un ricordo della mia infanzia, sono in treno torno da Roma, è estate, guardo fuori dal finestrino tutto scorre veloce, il mio cuore di bambina è leggero, vedo una mamma con due bambini per mano correre insieme e ridere e penso  che forse un giorno anch’io proverò quel sentimento di cui in quel momento non comprendo appieno la vastità, la forza. Eppure un’inquietudine mi assale, lo stesso stupore che ci pervade di fronte a ciò che è incommensurabile e che pertanto ci disorienta, ci intimidisce. Forse sento, nel mio essere bambina, che la maternità è sublime e terribile al tempo stesso, perché ci  consegna all’ altro, al figlio per sempre.

 Scrive nella sua poesia Rabindranath Tagore:
“Da dove sono venuto? Dove mi hai trovato?
Domandò il bambino a sua madre.
Ed ella pianse e rise allo stesso tempo e stringendolo al petto gli rispose:
tu eri nascosto nel mio cuore bambino mio,
tu eri il Suo desiderio.
Tu eri nelle bambole della mia infanzia,
in tutte le mie speranze,
in tutti i miei amori, nella mia vita,
nella vita di mia madre,
tu hai vissuto.
Lo Spirito immortale che presiede nella nostra casa
ti ha cullato nel Suo seno in ogni tempo,
e mentre contemplo il tuo viso, l’onda del mistero mi sommerge
perché tu che appartieni a tutti,
tu mi sei stato donato.
E per paura che tu fugga via
ti tengo stretto nel mio cuore.
Quale magia ha dunque affidato il tesoro
del mondo nelle mie esili braccia?”

Quanto abbiamo riso insieme e cantato a squarciagola figlia mia, può mai finire tutto ciò? Assolutamente no.

L’universo questo sconosciuto mistero che ci accoglie ed il tempo, cos’è il tempo?

I miei studi di astronomia mi frastornano sempre, li ho intensificati per raggiungerti ed invece eri sempre ad un passo da me, tutto è così incontenibile ed eterno, la creazione è perfetta ed io  non riesco neanche a concepirla figuriamoci comprenderla… mi affido.

Sei andata avanti, Figlia mia, inaspettatamente, improvvisamente. Ho pensato a lungo che avrei voluto ancora nutrire il Tuo corpo e la Tua anima, proteggerti dal freddo dai pericoli, dal dolore ed invece sei Tu, come un manto, che mi hai distratto dalla consapevolezza del male, che mi hai sorretto quando vacillavo e trattenuto, se volevano farmi inciampare, che mi hai addormentato nelle notti di cupo dolore ed al risveglio c’era un sole nuovo ad accogliermi, lo avevi portato lì a ricordarmi la gioia della vita.

La sento Carlotta quella gioia intatta. Tu sai che ho mantenuto un’intima innocenza ed un incontaminato stupore per gli esseri umani,  io credo e sorrido perché il dolore per fortuna non è contagioso, ma la  gioia sì  ed io vorrei darne tanta di felicità.  Ancora una volta i poeti diventano gli interpreti dell’ umana condizione.

“Non vivere su questa terra
come un estraneo
e come un vagabondo sognatore.

Vivi in questo mondo
come nella casa di tuo padre:
credi al grano, alla terra, al mare,
ma prima di tutto credi all’uomo.

Ama le nuvole, le macchine, i libri,
ma prima di tutto ama l’uomo.
Senti la tristezza del ramo che secca,
dell’astro che si spegne,
dell’animale ferito che rantola,
ma prima di tutto senti la tristezza
e il dolore dell’uomo.

Ti diano gioia
tutti i beni della terra:
l’ombra e la luce ti diano gioia,
le quattro stagioni ti diano gioia,
ma soprattutto, a piene mani,
ti dia gioia l’uomo” – Nazim Hikmet

E’ uno strano tempo dell’umanità quello che viviamo, tempo di contrasti e contraddizioni di eccessi senza scopo, abbiamo freneticamente  necessità di stupire per esistere: i giovani cercano emozioni ad ogni costo, senza limite, e la natura viene piegata spesso alla retorica, tutto diventa costume anche l’identità sessuale che io penso sia comunque un fatto intimo personale. Siamo una società che tende spesso a far prevalere sulle persone i personalismi, sulla realtà la finzione. Un mondo virtuale pervade, sempre più estremo, il nostro modo di concepire le relazioni e quindi anche l’essere genitori e quindi generatori di un esempio, di un modello. Perché stupirci se le nuove generazioni non concepiscono più le regole e le considerano spesso un limite, se noi stessi abbiamo perso il senso del desiderio puro come principio ispiratore delle aspirazioni e dei nostri sogni?

”Insegnerai a vivere, ma non vivranno la tua vita. Ma in ogni volo, in ogni sogno e in ogni vita rimarrà per sempre l’impronta dell’insegnamento ricevuto”. (“I figli sono come gli aquiloni”, Madre Teresa di Calcutta).

Penso a questa struggente poesia di Alda Merini dedicata ad un figlio mai nato ma comunque esistito nella sua anima; “A mio figlio”.

“Ti ho generato col solo pensiero figlio
e non sei mai sceso nel mio corpo come una buona rugiada.
Però sei diventato un’ape laboriosa, hai fecondato tutto il mio corpo
e a mia volta son diventato tuo figlio, figlio del tuo pensiero.  
Forse, quando morirò, partorirò tutta la dolcezza
che mi hai messo nel primo sguardo perché figlio,
ti ho guardato a lungo, ma non ti ho mai conosciuto.
Figlio figlio mio sognato, figlio ti ho solo pensato non sei mai sceso
nel corpo come una buona rugiada ti ho guardato a lungo,
ma non ti ho conosciuto mai”.

Infine, mi perdonerete, vorrei consegnare a chi legge queste parole perfette per ispirare i genitori al miracolo consapevole  della vita e sperare che si possa non sprecare un solo istante dell’ essere madri e padri.

Tuo figlio
(Fabrizio Caramagna)

 “Dì a tuo figlio che è bello e ha gli occhi pieni di colori,
portalo a vedere i prati quando fioriscono
e leggigli un libro prima di dormire.
Incoraggialo anche a scrivere poesie
e spiegagli come si fa a cancellare il “giammai”
e allungare a dismisura le sillabe e gli spazi del “si può”.
E se è un sognatore
insegnagli a fare le prime passeggiate sulle nuvole.
E soprattutto ascoltalo
quando il vento degli anni è più forte
e si porta via le parole e le certezze”.

Perché per me :

I figli
(Alda Merini)

“I figli sono
la mia poesia,
la più grande verità
che mi ha dato la vita”.

Ma aveva ragione il poeta Khalil Gibran

“I tuoi figli non sono figli tuoi.
Sono i figli e le figlie della vita stessa.
Tu li metti al mondo ma non li crei.
Sono vicini a te, ma non sono cosa tua.
Puoi dar loro tutto il tuo amore,
ma non le tue idee.
Perché loro hanno le proprie idee.
Tu puoi dare dimora al loro corpo,
non alla loro anima.
Perché la loro anima abita nella casa dell’avvenire,
dove a te non è dato di entrare,
neppure col sogno.
Puoi cercare di somigliare a loro
ma non volere che essi somiglino a te.
Perché la vita non ritorna indietro,
e non si ferma a ieri.
Tu sei l’arco che lancia i figli verso il domani”

Il Tuo domani su questa terra io non l’ho vissuto, Carlotta, ma sei nata e cresciuta nella gioia nell’ amore. Questo è assoluto e sono grata a Dio per ciò che ci ha donato.

Perché ci siamo incontrate per sempre.

“Non ci sono addii per noi. Ovunque tu sia, sarai sempre nel mio cuore.” (Mahatma Gandhi)

Dedicato a TE Carlotta.

Pubblicato il

15 Agosto 2023, 08:33

Condividi sui social