02 Dicembre 2012, 06:45
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PALERMO – Rifiuti, pneumatici, carcasse di auto incendiate, un moderno impianto di irrigazione saccheggiato e distrutto, un canale di scolo rotto, un anfiteatro abbandonato, alberi secchi, gli scheletri di un passato industriale a far da cornice. E in mezzo, quasi ci si trovasse in un romanzo, una casa di fortuna fatta con pietre e materiale di scarto. Sembra uno scenario a metà fra l’Apocalisse e la fantasia di Daniel Defoe, e invece è uno degli scorci più belli della costa meridionale di Palermo.
Siamo ad Acqua dei Corsari, la borgata al confine della città, nei pressi del bivio che porta a Villabate o prosegue per Ficarazzi, percorrendo la via Messina Marine. Di fronte a un bar c’è un cancello, ben chiuso con un lucchetto, e una recinzione che lascia intravedere una vasta area chiamata “ex discarica di Acqua dei Corsari”. E malgrado la preposizione “ex” sembri quasi una presa in giro, visto lo stato di abbandono di un tratto di costa lungo mezzo chilometro, è qui che negli anni Sessanta, durante il Sacco di Palermo, costruttori privi di scrupoli venivano a scaricare detriti e materiale di risulta che col tempo hanno formato il così detto Mammellone, ovvero una collinetta che copre quasi la vista del mare.
Uno scempio in piena regola, a cui il Comune ha posto rimedio nello scorso decennio con un’imponente opera di bonifica, costata più di cinque milioni di euro e finanziata con fondi europei. Una riqualificazione da manuale, terminata nel 2008, con l’abbassamento del Mammellone, la piantumazione di essenze arboree, la creazione di percorsi ciclabili e pedonali, un moderno impianto di irrigazione auto-alimentato con tre cisterne, un anfiteatro che ha come visuale uno dei tratti più affascinanti della costa palermitana. Un paradiso, insomma, al confine della città: un segno della rinascita del capoluogo, in una borgata non particolarmente felice ma riqualificata dalla restituzione al pubblico di un vero e proprio gioiello.
“Il problema è che poi bisognava capire che fare di quest’area – ci spiega Anthony Passalacqua, uno degli attivisti del comitato ‘Acqua dei Corsari’che ha aperto anche una pagina Facebook– fare cioè la caratterizzazione. E mentre gli enti si rimpallavano le
responsabilità, qui è stato tutto abbandonato”. Uno scempio, prima ancora che uno spreco di denaro dell’Unione europea, talmente eclatante da aver attirato l’attenzione perfino della televisione tedesca in un reportage su come vengono impiegati i fondi Ue al Sud. E basta fare una passeggiata nell’ex discarica per accorgersi che quell’ex è solo pro forma.
Basta seguire il sentiero per trovare due ingressi “secondari”, ricavati perforando la recinzione. Sulla destra ci sono ruderi di archeologia industriale, resti abbandonati di un’economia che appartiene ormai al passato ma che salta all’occhio del passante per i rifiuti e il degrado. L’immondizia è praticamente ovunque, del tipo più vario, e qua e là si notano piccoli spiazzi di terra annerita, frutto della combustione del rame. E appena girato l’angolo, si è colpiti da un panorama mozzafiato: un lungo tratto di costa, tra una torretta di osservazione e il Mammellone, che rapisce la vista e incanta il cuore con il suo mare placido e le barche sullo sfondo. Ma basta abbassare lo sguardo per rovinare l’incanto.
L’anfiteatro, costruito sul fianco della collinetta, è pieno di rifiuti ed erbacce. E sulla spiaggia cumuli di pietre ben ordinati che nascondo un giaciglio di fortuna arredato, però, di tutto punto: l’abitazione di un clochard che ha trovato riparo in questa zona, come tanti altri che si arrangiano come possono. E un’area che è più grande del Parco Uditore di giorno è proprietà di pescatori e cercatori di funghi, mentre la notte diventa il rifugio perfetto di ladri, coppiette in cerca di intimità e drogati. Tra le pietre, in riva al mare, si vede perfino qualche fossile. E accanto, a far da contraltare, un canale di scolo di acque piovane rotto quasi in punta e, dall’odore per niente piacevole, divenuto oggetto di qualche allaccio abusivo.
I percorsi ciclabili e pedonali sono ancora percorribilied è facile notare i resti dell’impianto di irrigazione, mentre una scalinata in pietra risale la collina e porta in cima, fra alberi ormai secchi e cumuli di vetri lasciati lì chissà da quanto. E guardando verso il mare, il profilo di una carcassa d’auto, o almeno di quel che le fiamme hanno risparmiato, è il segno più tangibile di un degrado diffuso divenuto perfino l’habitat di una numerosa colonia di conigli selvatici.
“Da circa un anno tentiamo di far riqualificare la zona – spiega Passalacqua – abbiamo organizzato delle pedalate, delle passeggiate, perfino un pic nic per il 25 aprile con tanto di cartello che indicava dove ci eravamo piazzati. Ma non è servito a molto, perfino il cartello è stato utilizzato da qualcuno per la carbonella”. Il cartello dei lavori, invece, giace accartocciato nei pressi dell’ingresso. Il simbolo dell’Unione europea è ancora ben visibile, così come quello della Regione e la data di consegna dei lavori che sembra quasi un insulto all’intelligenza di chi la legge. “Vorremmo che qui sorgesse un parco cittadino, che il consiglio comunale ha già deciso di intitolare a Libero Grassi – conclude Passalacqua – e poi si potrebbe affidarlo ai cittadini, come è stato già fatto, con ottimi risultati, per il Parco Uditore. Ma per ora è tutto fermo e rimane così com’è”.
Alcune immagini dell’ex discarica al termine della bonifica
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02 Dicembre 2012, 06:45