Democrazia sospesa da anni | I fallimenti di Crocetta: le province

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06 Marzo 2017, 06:05

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Non c’è angolo di Sicilia che non mostri, dopo oltre quattro anni di governo Crocetta, i segni del fallimento. Le macerie di una rivoluzione mancata. Continua il nostro viaggio in una legislatura che avrebbe dovuto risolvere i problemi e ha finito per crearne di nuovi. Dopo la Sanità ci occupiamo della “madre di tutte le riforme”. Abortite.

PALERMO – “La sovranità appartiene al popolo”. Sarebbe il comma secondo dell’articolo 1 della Costituzione. Quella che guai a chi la tocca. Ebbene, da quattro anni quel primo articolo della Costituzione conosce un’eccezione alla regola che ormai non desta quasi più impressione. E che potrebbe protrarsi ancora per un pezzo, chissà, forse fino all’anno prossimo. Sì, c’è un pezzo d’Italia in cui la sovranità non appartiene più al popolo per un’anomalia istituzionale figlia di uno dei più clamorosi disastri di questa sventurata legislatura, cioè la riforma delle Province. Quelle che ormai da quattro anni sono commissariate dal governo, prive degli organi democraticamente eletti che dovrebbero guidarle. E che c’è la possibilità concreta che non saranno eletti da qui alla fine della legislatura regionale. Una follia a cui si è fatta quasi l’abitudine.

Di elezioni ancora non si parla. L’Ars ha stoppato il governo qualche tempo fa, puntando a reintrodurre l’elezione diretta al posto di quella di secondo livello. Al nuovo testo deve lavorare la commissione Affari istituzionali dell’Ars. “Ma lo stallo su finanziaria sì, finanziaria no ci ha bloccato – racconta il presidente Salvatore Cascio -. Ho subito convocato per martedì prossimo (domani, ndr) la commissione. Abbiamo individuato un consulente a titolo gratuito che ci aiuterà nella stesura, una ricercatrice dell’Università di Catania, Francesca Leotta”. Parente dell’ex assessore regionale Leotta? “Figlia”.

Chissà se la consulenza giusta metterà finalmente le ali a questa riforma delle Province, diventata la più tragica barzelletta di questa legislatura. Annunciata in pompa magna in tv da Rosario Crocetta, che si vantava di aver bruciato sul tempo il Parlamento nazionale nell’archiviare le Province, la riforma s’è impantanata e aggrovigliata tra passi falsi, impugnative e pastrocchi. Il risultato? Da quattro anni i sei liberi consorzi, cioè le ex Province di Agrigento, Caltanissetta, Enna, Ragusa, Siracusa e Trapani sono commissariate. Cioè la democrazia rappresentativa è sospesa, e comanda la baracca un inviato del governo regionale. Comanda si fa per dire, visto quel poco che resta: le ex Province oggi liberi consorzi, infatti, sono squattrinate e ridotte all’osso. Hanno tagliato i servizi che dovevano assicurare ai cittadini e alcune ce la fanno a malapena a pagare gli stipendi.

I commissari sono scaduti qualche giorno fa. Ma niente paura, assicura l’assessore regionale al ramo Luisa Lantieri, le proroghe sono state firmate e garantite fino alla fine dell’anno. Così, non si sa mai. Per allora viaggeremo verso i cinque anni di commissariamento e la legislatura dell’Ars sarà già chiusa. I commissari sono sei a capo dei liberi consorzi e tre per supplire ai consigli delle Città metropolitane, che hanno un sindaco (quello del Comune capoluogo) ma non il consiglio. Sono stati tutti riconfermati.

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A Siracusa nei giorni scorsi il commissario Giovanni Arnone ha parlato espressamente di dissesto dietro l’angolo, se non ci saranno “urgentissimi interventi finanziari straordinari”. Ad Agrigento i sindacati sono sul piede di guerra per l’allarme stipendi. I servizi ai cittadini, dalla manutenzione delle strade alle scuole superiori, sono ridotti al minimo. Ma Lantieri si mostra ottimista. “Eravamo rimasti fuori dal riparto nazionale. Ho spiegato al ministro che eravamo pronti ad attivare un contenzioso. Ci hanno riconosciuto 70 milioni. Sono dei soldi che ci spettavano, che ci dovevano dare. Ora ho parlato con l’assessore Baccei, in totale per le province ci saranno 105 milioni”.

Per far quadrare i conti, però, servirà anche altro. “Togliamo delle competenze come quella del trasporto disabili che passa alla Regione – spiega l’assessore -. Poi con la mobilità del 15 per cento del personale risparmieremo 30 milioni”. Già, la mobilità. Ma c’è un problema. Che se i dipendenti delle ex Province dovessero transitare ai Comuni si accenderebbe una guerra con i precari. “Dovranno passare sia a enti locali sia a enti statali”, dice l’assessore. Vedremo.

Intanto, si aspetta la nuova legge. L’ennesima. “Noi non vogliamo stravolgere l’impianto della Delrio. Vogliamo fare l’elezione diretta degli organismi e vogliamo evitare altre impugnative. Quindi prima di presentare il testo avremo un’altra interlocuzione col ministro”, dice il presidente della prima commissione Cascio. Finirà che si voterà l’anno prossimo? “Per fare questa legge basterebbe una settimana – risponde Cascio -. Bisogna volerlo. Vedremo se si vuole fare melina o no”.

(Seconda puntata – segue)

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06 Marzo 2017, 06:05

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