20 Gennaio 2020, 12:04
4 min di lettura
PALERMO – Il tribunale di Caltanissetta ha acquisito la relazione della Dia depositata alla scorsa udienza dal procuratore aggiunto Gabriele Paci nel corso del processo sul depistaggio delle indagini sulla strage di via D’Amelio a carico di tre poliziotti. Nella relazione si evidenziano discordanze tra i nastrini rilasciati dalla macchina che registrava le telefonate fatte dal falso pentito Vincenzo Scarantino mentre si trovava sotto protezione e i brogliacci con le trascrizioni delle stesse conversazioni intercettate. In cinque chiamate, una alla questura di Palermo e quattro ai magistrati che indagavano sull’attentato, la macchina ha accertato l’effettuazione delle telefonate, mentre nei brogliacci si parla di impossibilità di registrare per guasti tecnici.
La registrazione della chiamata in entrata sarebbe, secondo i tecnici, incompatibile col guasto che avrebbe impedito la registrazione. La tesi dell’accusa è dunque che nel corso delle cinque telefonate oggetto dell’accertamento a un certo punto la registrazione sia stata staccata volontariamente. Gli imputati del processo sono tre poliziotti, Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, ex appartenenti al gruppo Falcone-Borsellino, che indago’ sull’attentato in cui perse la vita il giudice Paolo Borsellino. Sono accusati di calunnia aggravata dall’aver favorito Cosa nostra. I tre avrebbero manipolato il falso collaboratore di giustizia, Vincenzo Scarantino per indurlo a dichiarare ai magistrati una falsa verità sulla strage di via d’Amelio.
Nel corso dell’ultima udienza la procura aveva revocato l’istanza di effettuare una perizia sulle bobine con le intercettazioni delle conversazioni tra Scarantino e i pm Anna Palma e Carmelo Petralia che indagavano sulla strage di via D’Amelio e che ora sono accusati di calunnia a Messina. Lo scopo era proprio accertare se ci fossero state manipolazioni dei nastri, discrasie tra i brogliacci e i dati estrapolabili dagli scontrini rilasciati dalla macchina durante le registrazioni.
Ha scelto di rispondere in aula Carmelo Petralia, ex pm del pool che indagò sulla strage di via D’Amelio, citato al processo, in corso a Caltanissetta, sul depistaggio delle indagini sull’attentato che vede imputati di calunnia aggravata Fabrizio Mattei, Mario Bo e Michele Ribaudo, i funzionari di polizia che facevano parte del pool di investigatori che condusse l’inchiesta. Petralia, che non ha dato il consenso alle riprese, si sarebbe potuto avvalere della facoltà di non rispondere in quanto indagato di calunnia aggravata insieme alla collega Anna Palma, nel procedimento connesso a quello nisseno, aperto a Messina. Palma è stata sentita alla scorsa udienza.
Secondo la ricostruzione della Procura, gli inquirenti dell’epoca – pm e investigatori -, avrebbero creato a tavolino pentiti imbeccandoli, costringendoli ad accusare otto innocenti e depistando, così, le indagini. Petralia è attualmente procuratore aggiunto a Catania, mentre Palma è avvocato generale a Palermo. Nei mesi scorsi i pm di Messina, che per legge hanno la competenza sulle indagini a carico dei colleghi catanesi – da qui la loro inchiesta su Petralia – ha scoperto una serie di bobine, mai analizzate prima, con le registrazioni delle intercettazioni di telefonate tra il falso pentito Vincenzo Scarantino, uno dei protagonisti chiave del depistaggio, alcuni investigatori dell’epoca e i due pm. A giugno la Procura della Città dello Stretto notificò ai due magistrati l’avviso di garanzia e l’iscrizione nel registro degli indagati contestualmente alla notizia che sulle bobine sarebbero stati effettuati accertamenti tecnici. Quelle conversazioni sono ora agli atti del processo in corso a Caltanissetta a carico dei poliziotti. Petralia, tra l’altro, dovrà deporre sia sul contenuto delle sue conversazioni con Scarantino, sia, più in generale, sulla gestione dei collaboratori di giustizia poi rivelatisi falsi che, secondo l’accusa, sarebbero stati istruiti e “telecomandati” dagli inquirenti.
“Oggi è relativamente facile cogliere le criticità di quell’indagine. Ma allora c’erano i poliziotti che portavano elementi che avevano suscettibilità di sviluppo investigativo. Loro ci credevano e io non avevo gli strumenti per sospettare una malafede”. Lo dice, deponendo al processo sul depistaggio delle indagini sulla strage di via D’Amelio in corso a Caltanissetta, Carmelo Petralia, ex pm del pool che indagava sull’attentato costato la vita al giudice Paolo Borsellino e agli agenti della scorta. Davanti ai giudici sono imputati di calunnia aggravata tre poliziotti che indagarono sull’attentato e che, secondo i pm, avrebbero creato a tavolino pentiti come Vincenzo Scarantino suggerendo loro una falsa verità sulla strage.
“Non ho conoscenza di colloqui investigativi nè con Andriotta nè con Scarantino. Potevo ipotizzare che la polizia ne facesse uso. Che ci fossero tentativi per acquisire informazioni rientrava nelle cose, ma non seppi di alcun colloquio investigativo delle forze di polizia. Solo dalla sentenza del Borsellino quater ho saputo che quei colloqui c’erano stati e sono rimasto sorpreso”. “La mia partecipazione alle fasi preliminari dell’indagine sulla strage – ha aggiunto – fu limitatissima. Era il periodo in cui le redini erano nelle mani della collega Bocassini che godeva della fiducia di Tinebra (ex procuratore di Caltanissetta poi deceduto ndr) e che aveva un rapporto personale privilegiato con La Barbera (ex questore di Palermo ndr)”. (ANSA).
Pubblicato il
20 Gennaio 2020, 12:04