Via D’Amelio, parla l’ex questore: |”Mai sentito parlare di agende”

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09 Settembre 2019, 12:17

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CALTANISSETTA – “Una volta sola il falso pentito Vincenzo Scarantino mi disse che aveva paura di non essere creduto e io gli risposi se tu stai dicendo la verità non devi avere paura. E’ stata l’unica volta in cui ho parlato di qualcosa che riguardasse la strage. Non ci sono mai voluto entrare nelle dinamiche delle sue dichiarazioni”.

Lo ha affermato Giuseppe Di Gangi, poliziotto del gruppo Falcone Borsellino, rispondendo al Pm Stefano Luciani nel corso dell’udienza del processo sul depistaggio della strage di via D’Amelio ripreso questa mattina a Caltanissetta e che vede sul banco degli imputati il funzionario di Polizia Mario Bò, gli ispettori Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, accusati di concorso in calunnia.

Sono devastato da questa situazione. Sono in un uno stato di depressione provocato da questa situazione”. ha affermato Di Gangi ha risposto al pm Luciani aggiungendo di non ricordare molto a causa del malessere provocato da questa situazione. “A volte rimanevamo a casa di Vincenzo Scarantino. – ha detto – Ci occupavamo in generale dei bisogni del nucleo familiare. Quando portavamo Scarantino a fare degli interrogatori ce ne occupavamo insieme al personale della questura di Imperia. Se Scarantino aveva bisogno di qualcosa si rivolgeva al gruppo Falcone Borsellino. Noi eravamo lì per quello e per questo si rivolgeva a noi. Erano le disposizioni che ci erano state date”.

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Un giorno dall’ufficio di Palermo mi chiesero di andare alla questura e ritirare un fax, con la copia di un articolo, e sottoporlo a Scarantino dove si diceva che Gaetano Scotto si trovava a Bologna il giorno della strage e comunque in quel periodo”, ha aggiunto Di Gangi. “Il giorno prima della ritrattazione Scarantino aveva detto al personale dell’ufficio di Imperia che voleva parlare con loro urgentemente. Scarantino disse al dottore Bo che voleva tornare in carcere perché non voleva più collaborare. – ha proseguito – Ho assistito alla discussione tra Scarantino e il dottore Bo. Abbiamo dovuto ammanettarlo a casa perché Scarantino si stava avventando contro il funzionario. Davanti alla moglie e ai bambini. Non feci alcuna relazione di servizio”. (ANSA).

*Aggiornamento

“Ho detto a Scarantino che doveva smetterla con questo atteggiamento. Anche in maniera alterata. Gli dissi di fare la persona seria e gli feci capire, insomma, che non gli davo tanta fiducia”. L’ha detto Vincenzo Ricciardi, ex questore di Bergamo, rispondendo alle domande del Pm Stefano Luciani, nel corso del processo sul depistaggio nella strage di via D’Amelio. “Se avessi avuto degli elementi – ha aggiunto – ne avrei fatte due di relazioni, non una, per mettere nero su bianco i miei dubbi sull’attendibilità di Scarantino. Ma ne avevo parlato a La Barbera, ne avevo parlato a un magistrato, che dovevo fare di più?”. Poi Ricciardi, sempre rispondendo al Pm Luciani che gli chiedeva della borsa di Borsellino, ha detto: “Di agende e di borse non ne ho mai sentito parlare, neanche indirettamente. Se avessi visto una borsa in quella stanza, quanto meno avrei detto: cosa ci fa qui? Dopo un anno che sono andato via da Palermo, sono rimasto fuori dall’amministrazione, in aspettativa. Ho subito un intervento al cuore, avevo altri problemi e non mi interessai più di Scarantino. Può sembrare strano, ma l’avevo proprio cancellato Scarantino, di queste indagini mi ero disinteressato. Se dovesse chiedermi il perché non glielo saprei dire. Contatti con il dottore Bo, con gli altri, con il dottor La Barbera non ne ho avuti più. Ma non c’era un motivo in particolare per cui questo accadde”. (ANSA).

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09 Settembre 2019, 12:17

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