19 Luglio 2017, 16:06
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PALERMO – “Il bilancio è irregolare”. La Procura della Corte dei conti insiste. E l’ultimo atto d’accusa del Procuratore generale d’Appello, Pino Zingale, appare persino più duro del precedente, quello con cui ha chiesto la irregolarità del bilancio 2016 in occasione dell’ultimo giudizio di parifica. Nel “mirino” del magistrato contabile, sono finite le “controdeduzioni” che il governo Crocetta ha fatto giungere alla Sezione di controllo il 10 luglio scorso. Una memoria con la quale la Regione dava notizia della costituzione di alcuni Fondi di accantonamento, così come richiesti dalla stessa Procura in sede di requisitoria a fine giugno. In due casi, in realtà, il governo regionale ha affermato, nella sostanza, che le somme stanziate erano già sufficienti: si tratta dei Fondi per i residui perenti e quelli per i contratti. In altri due casi, i fondi per le perdite delle partecipato e quelli per i rischi relativi ai contenziosi, è intervenuta rimpinguando i capitoli. Ma su tre dei quattro “casi”, la Procura ha sollevato dubbi fortissimi. Che mettono ancora una volta in bilico i conti della Sicilia.
In tutti i casi, Zingale ha sottolineato come la Regione è intervenuta “accogliendo” i rilievi formali della Procura in occasione del giudizio di parifica riconoscendo così “l’irregolarità del rendiconto”. Insomma, lo stesso intervento del governo sarebbe la prova che quel bilancio, su quelle poste, non era appunto regolare.
Il fondo per i contratti “derivati”
Il primo dei rilievi riguarda il Fondo per il rischio legato ai contratti derivati. Contratti sottoscritti in un’altra stagione politica, cioè tra il 2001 e il 2003 durante il governo di Totò Cuffaro. Contratti che, come ha spiegato la Corte in sede di parifica, hanno dato risultati positivi solo nei primi anni, poi solo perdite. Ma l’esame del procuratore ovviamente attiene al rendiconto 2016. E in questo contesto, anche in seguito al recepimento in Sicilia delle nuove norme contabili contenute nel decreto 118 del 2011, Per la Procura, la somma stanziata dal governo per “coprire” i rischi di questi contratti, cioè 20 milioni di euro è “macroscopicamente sottostimata”, visto che il rischio relativo alla possibilità che i soggetti che hanno sottoscritto i contratti possano “chiudere” i contratti stessi in una volta, si aggirerebbe tra un minimo di 179 milioni e un massimo di 230 milioni di euro.
Il fondo per le partecipate
L’accantonamento relativo alle possibili perdite delle partecipate regionali, scrive Zingale, “da un punto di vista puramente formale può considerarsi congruo”. Ma non mancano i dubbi nemmeno qui. Il Procuratore infatti richiama la Regione alla “redazione del bilancio consolidato che tenga conto anche delle proprie partecipate”. Un “vulnus”, l’assenza di questo documento, che “incide – dice Zingale – sulla affidabilità e regolarità dell’intero rendiconto”.
Il fondo per i contenziosi
La Procura afferma di non avere avuto la possibilità di “verificare l’effettiva consistenza del contenzioso passivo della Regione siciliana attraverso le Avvocature distrettuali dello Stato”. Un tentativo non andato a buon fine a causa proprio della “massa di contenzioso pendente talmente elevata da non consentire di poter pervenire, in breve tempo, a risultati attendibili”. Così, per la Procura “non appare chiaro quali uffici e con quali competenze specifiche abbiano proceduto alla ricognizione del contenzioso alla quale fa riferimento la Regione la fine di quantificare in soli 103,53 milioni di euro il relativo fondo, pari al 50% della massa critica”. E Zingale fa riferimento, a mo’ di esempio, a una sola “mega-causa”, tra la Regione e una “propria partecipata al 100%”, con “altissima probabilità di soccombenza” e di “importo prossimo ai 100 milioni di euro”. Il riferimento è alla causa tra la Regione e gli ex soci privati di Sicilia e-servizi. Il Procuratore poi snocciola alcuni dati forniti dall’Avvocatura distrettuale di Palermo: solo nel 2016 il numero di nuovi contenziosi è di quasi 6.500 dei quali tremila riguardano la Regione. A queste vanno poi aggiunte 390 procedure mobiliari, ossia pignoramenti. “E’ fin troppo chiaro – conclude Zingale – che un Fondo così contenuto è di pura forma e non appare in linea con le previsioni dei principi contabili del decreto legislativo 118 del 2011 e, in quanto tale, irregolare”.
Il fondo per i residui parenti
Infine, dubbi anche sul fondo relativo ai residui attivi. La Regione ha rimpinguato del 20 per cento il precedente stanziamento del 2015, portando il fondo a oltre 95 milioni di euro. Ma fa notare la Procura, non è chiaro il procedimento che ha portato già nel 2015 a quella quantificazione. E così, anche questo accantonamento è sottostimato, per la Procura, a fronte di quasi due miliardi di residui passivi “perenti”. Somme, cioè, che rappresentano dei “debiti scaduti” della Regione.
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19 Luglio 2017, 16:06