L’intercettazione e il nuovo allarme| Palermo, il pm Di Matteo è a rischio

di

11 Ottobre 2016, 17:30

2 min di lettura

PALERMO – L’allarme stavolta scatta per un’intercettazione. Un uomo di Cosa nostra, non un capo dell’organizzazione ma vicino ai vertici di un importante clan palermitano, rimproverava la moglie in macchina. Non voleva che la figlia andasse al Tc2, il circolo del Tennis di Palermo, perché è uno dei luoghi frequentati dal pubblico ministero Antonino Di Matteo. Aveva paura perché, aggiungeva incollerito, “lo devono ammazzare”.

L’intercettazione è di qualche settimana fa ed è finita dal tavolo del procuratore di Palermo Francesco Lo Voi a quello dei pm di Caltanissetta e infine al Consiglio superiore della magistratura. Il Csm, infatti, se ci sono rischi per l’incolumità di un magistrato può decidere di trasferirlo in altro ufficio di pari livello. Una proposta in tal senso era stata avanzata nei mesi scorsi, ma Di Matteo aveva preferito restare a Palermo. O meglio, non voleva che fosse lo stato d’emergenza a dettare il suo trasferimento. E infatti aveva poi fatto domanda alla Procura nazionale antimafia. Solo che il Csm gli aveva preferito altri tre colleghi.

A fine ottobre scade il termine per partecipare ad un nuovo concorso per sei posti, sempre alla Dna, nel quale Di Matteo in caso di partecipazione avrebbe buone chance di successo. La situazione si ripete. Il vice presidente del Csm Giovanni Legnini ha convocato Di Matteo per chiedergli se vuole andare via da Palermo. Bisogna, dunque, capire se il magistrato accetterà la proposta oppure preferirà attendere il trasferimento per meriti e curriculum.

Articoli Correlati

Intanto resta l’emergenza che per la verità va avanti ormai da anni. Nel 2014 Totò Riina durante l’ora d’aria nel carcere di Milano Opera diceva che avrebbe voluto fargli “fare la fine del tonno”. Un anno dopo il pentito Vito Galatolo disse che era stato comprato in Calabria il tritolo per uccidere il magistrato. Dell’esplosivo, che sarebbe stato spostato, nessuna traccia. Contemporaneamente scattò l’allarme per la presenza di un furgoncino sospetto nei pressi del Tc2. In quel caso l’allarme parve rientrare. Dentro il mezzo non c’erano armi, come alcuni testimoni dissero di avere visto, ma pistole sparachiodi. Poi, via via sono arrivate le dichiarazioni di altri collaboratori di giustizia. Tutti convergono nel dire che il pm del processo sulla trattativa Stato-mafia è finito nel mirino dei clan.

La vita del magistrato è diventata blindatissima, con il massimo livello di sicurezza che possa essere garantito. Su una delle auto di scorta è stato anche piazzato un sofisticato dispositivo che blocca a distanza i segnali radio dei telecomandi per innescare una bomba. Alla luce delle nuove intercettazioni si ripropone l’ipotesi di trasferimento per motivi di sicurezza. 

L’INIZIATIVA A PALERMO
“Palermo sta con Di Matteo e con il pool antimafia”. E’ questo lo striscione che stamani è stato affisso sulla facciata principale di Palazzo delle Aquile. “Un nuovo gesto di solidarietà e di vicinanza a Di Matteo a tutti coloro che ogni giorno lavorano con professionalità contro ogni criminalità organizzata e per investigare su legami indicibili fra pezzi dello Stato e la mafia” hanno dichiarato il sindaco Leoluca Orlando e il presidente del Consiglio comunale, Salvatore Orlando.

Pubblicato il

11 Ottobre 2016, 17:30

Condividi sui social