01 Marzo 2013, 08:19
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CATANIA – Colpiti duramente nel cuore i business della cosca Santapaola. Confiscati beni del valore di 30 milioni di euro a Maurizio Zuccaro, cognato di Vincenzo Santapaola (nipote di Nitto, ndr). Due tra i più pericolosi boss di cosa nostra catanese.
Il provvedimento, emesso dal dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale del capoluogo etneo, è stato eseguito dalla Direzione Investigativa Antimafia di Catania diretta dal capocentro Angelo Bellomo. Un ingente patrimonio che già era stato sequestrato dalla Dia nel 2010. Maurizio Zuccaro, figlio del boss di San Cocimo “Saro”, era riuscito a entrare in possesso di una larga porzione di beni che il padre, scomparso nel 2005, aveva accomulato con i suoi loschi affari. 21 immobili, compreso un complesso residenziale di lusso, tre attività commerciali nel settore della ristorazione e dell’alimentazione, un parco veicoli e numerosi rapporti bancari, tutto per un valore di 30 milioni di euro, strappati al potere del clan Santapaola.
“Uomo d’onore” della famiglia Santapaola: così definiscono Maurizio Zuccaro molti collaboratori di giustizia. Il boss, condannato diverse volte per associazione mafiosa, sta scontando l’ergastolo per una sentenza divenuta irrevocabile per i reati di omicidio e distruzione di cadavere in concorso. Per motivi di salute, il Tribunale di Sorveglianza di Messina, lo ha sottoposto alla detenzione domiciliare.
Le attività d’indagine patrimoniale effettuate dalla Dia hanno fatto ricorso in particolare alla più recente normativa in tema di misure di prevenzione, il cosiddetto pacchetto sicurezza, che prevede la possibilità di applicare provvedimenti in maniera disgiunta da quelle personali e in caso di morte dell’indagato nei confronti dei suoi eredi. d
I beni infatti erano già di proprietà di Rosario Zuccaro, padre di Maurizio, che come detto è deceduto nel 2005. Le indagini della Direzione Investigativa Antimafia si sono soffermate nell’arco temporale compreso tra il 1993 al 2010 e hanno permesso di accertare forti profili sperequativi tra i redditi dichiarati e il patrimonio posseduto.
Un accumulo di richezze che secondo gli uomini diretti da Bellomo erano fonte delle attività criminali di Zuccaro, ipotesi questa che è stata condivisa dalla Procura della Repubblica e accolta dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Catania, che ne ha disposto la confisca. Un provvedimento che oltre a sferrare un duro colpo all’organizzazione di cosa nostra catanese, rilancia la concorrenza leale tra gli imprenditori del settore della ristorazione e dell’alimentazione in cui operava Zuccaro.
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01 Marzo 2013, 08:19