21 Maggio 2014, 19:31
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CATANIA. Non ci sarebbe stata alcuna premeditazione nell’omicidio di Maria Rita Russo, l’insegnante giarrese deceduta nel novembre del 2009 in seguito alle gravi ustioni riportate dopo essere stata data alle fiamme dal marito. Così hanno deciso i giudici della prima sezione della Corte di Cassazione, che hanno accolto il ricorso presentato dai legali della difesa Enzo Iofrida e Giovanni Spada, annullando la sentenza d’appello limitatamente all’aggravante della premeditazione. Adesso una nuova sezione della Corte d’Assise d’Appello di Catania dovrà rideterminare la pena inflitta a Salvatore Capone. L’ex sottoufficiale dell’aeronautica, attualmente rinchiuso nel carcere di Brucoli, era stato condannato in primo grado all’ergastolo poiché accusato anche del tentato omicidio dei due figli. Nel febbraio dello scorso anno la Corte d’Assise d’Appello di Catania, presieduta da Luigi Russo, aveva escluso quest’ultimo capo d’imputazione e la pena era stata ridotta a 30 anni. Con l’esclusione dell’aggravante della premeditazione Capone usufruirà di un ulteriore sconto.
La pronuncia della Cassazione è stata accolta con grande soddisfazione dai difensori di fiducia. “L’aggravante della premeditazione era già stata esclusa dal Tribunale del Riesame – dichiara a LiveSiciliaCatania Enzo Iofrida – Era stata poi ritenuta sussistente dal Gup e dalla Corte d’Assise d’Appello. Finalmente la Cassazione l’ha esclusa, accogliendo il ricorso presentato dalla difesa. In attesa che venga fissato un nuovo giudizio d’appello – conclude l’avvocato Iofrida – ci attendiamo una minima riduzione della pena”.
La sentenza della Cassazione ha lasciato sgomenti i familiari di Maria Rita Russo. “E’ come se mia sorella fosse stata uccisa di nuovo – dichiara Cetty Russo – L’unica cosa che mi viene da dire è che è una vergogna. Dalla morte di mia sorella mi sono impegnata in prima persona, andando nelle scuole, prendendo parte a manifestazioni e attività promosse dallo sportello Rosa del comune di Giarre per contrastare la violenza di genere. Oggi però – prosegue – sono delusa e mi chiedo: a cosa servano le attività di sensibilizzazione e di prevenzione quando è lo stato a tutelare gli assassini?
Maria Rita era una donna, una figlia, una sorella, una madre, un’insegnante. E’ stata privata del diritto di vivere e di veder crescere i propri figli. Quanto vale la sua vita – conclude Cetty Russo – e quella di tante altre donne che muoiono ogni giorno per mano di mariti, ex compagni, fidanzati, secondo la nostra legge?”.
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21 Maggio 2014, 19:31