02 Marzo 2009, 00:02
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MATERIE PRIME: inversioni momentanee
La settimana si chiude con -5% per l’oro (+7% da inizio anno), -10% per l’argento(+16%) -1% per il platino(+15%); mentre recupera il 10% il petrolio (-1%) e +4% il gas naturale( -25%) accompagnati dal rame che incassa il 7% (+9%). L’indice generale CRB recupera +4,5% (-7,5%). Settimana quindi di inversioni con le materie prime più industriali in recupero, e quelle più preziose in calo. L’oro dopo aver disegnato una configurazione grafica di doppio massimo con l’impennata a mille della scorsa settimana, ha corretto fino a 930 che è un minimo di due settimane fa e coincide con il 23% di ritracciamento di tutto il rialzo da 700 a 1000. Il supporto è in area 915 (ex resistenza). I fattori tecnici hanno avuto il sopravvento su quelli fondamentali perchè la borsa ha continuato a scendere e il dollaro a salire, e dunque l’oro non avrebbe avuto motivi per scendere, così come petrolio e rame di risalire. Più in generale, anche se il panico si è dissipato negli ultimi tempi, la propensione al rischio continua a soffrire per la recessione incalzante, in un clima di pseudo-nazionalizzazioni e di caccia alle streghe contro il libero mercato, che mina la fiducia degli investitori; a furia di voler contrastare la crisi a tutti i costi i politici sono arrivati al punto di creare deficit senza precedenti aumentando la paura che molte più imprese siano vicine al collasso, ed anche minando un eventuale ripresa futura perchè verrà a dipendere dai politici e non dalla libera domanda e offerta. I principali indicatori del barometro del sentimento generale sono sempre orientati al brutto tempo: il dollaro ai massimi da tre anni (considerato un bene rifugio, solo perchè è la valuta più liquida);i nuovi minimi dodicennali sugli indici azionari; i differenziali in crescita sui titoli ad alto rischio. Sono tutti elementi che pesano ben più della riduzione nella volatilità media e nei premi creditizi, che può essere imputata alla ripresa del funzionamento dei mercati: ma il semplice fatto di avere dei mercati che funzionano normalmente non significa automaticamente che torna l’ottimismo. Pertanto la discesa dell’oro di questa settimana si spiega esclusivamente con le prese di profitto tecniche, non certamente con il venir meno del bisogno di rifugio.
Si conclude con : petrolio a 44,7(aprile) gas naturale a 4,2(aprile) oro a 942(aprile) argento a 13,1(marzo) platino a 1085 (aprile) palladio a 195(marzo) rame a 152(marzo).
CAMBI: dollaro rifugio?
L’indice del dollaro aumenta dell’ 1,8% a 88 (+ 8% da inizio anno). Oltre ai guadagni intorno al punto percentuale realizzati con euro, franco svizzero, e altre valute, il contributo maggiore viene dallo yen che ha perso ben il 4% (rappresentando la novità, segnalata già nelle scorse Note). Graficamente l’indice si trova anch’esso di fronte ad un doppio massimo e se non ne viene respinto, il superamento comporterà addizionale domanda tecnica.
Ed è stata una settimana in cui i fondamentali avrebbero dovuto vedere scendere il dollaro: iniziata con il governo USA che ha ufficializzato il salvataggio di Citigroup, la banca più grande del mondo(36% del capitale, decidendo di convertire in azioni comuni i 25 miliardi di privilegiate in suo possesso), è poi finita venerdì con i disastrosi dati sul PIL del quarto trimestre 2008, il cui crollo è risultato quasi il doppio rispetto alla prima stima: -6,2% invece che -3,8%. Per il momento i contabili hanno evitato che si superasse il record del 1982 ( -6,4) in modo da evitare riferimenti agli anni 30, che restano l’unico precedente confrontabile. Il dettaglio dei dati mostra che il grosso della revisione proviene dai consumi delle famiglie scesi del 4,3%, ma anche gli investimenti privati non scherzano con un crollo del -20,8% e le esportazioni hanno fatto ancora peggio con -23,6%. Anche se gli USA non dipendono dal commercio estero con la stessa intensità di altri (Giappone) è evidente che un rafforzamento del dollaro in queste condizioni oltre ad essere illogico, certamente rende la situazione ancora più complicata per il futuro. Dunque situazione paradossale, simbolo dei tempi: la moneta del paese epicentro della crisi con le prospettive peggiori sottoposta ad un selvaggio processo di indebitamento, viene comprata come “bene rifugio”, per mancanza di alternative (essendo tutte le altre monete afflitte dai propri problemi), ma così facendo si peggiora ancora di più la sua situazione. Non c’è bisogno di essere Nostradamus per prevedere che la attuale forza del dollaro non durerà a lungo (anche se può arrivare a livelli ancora più assurdi, stante lo stato attuale dei mercati).
Al contempo, sull’euro continua a pesare la mina dei paesi dell’est. Mentre scrivo è in corso un summit apposito, in cui questi ultimi chiedono ingenti aiuti(si parla di almeno 200 miliardi di euro) all’europa occidentale, tesi a scongiurare il rischio di fallimenti a catena e in definitiva una divisione intra europea con una nuova “cortina di ferro”.Tecnicamente, la competizione tra l’orbo e il cieco, cioè tra l’euro e il dollaro, vede il cambio ritornare sotto quota 1,27 concludendo a 1,265 e mantenersi ancora nella larga fascia laterale in essere da alcuni mesi (1,23-1,33).
Negli USA i futures sul tasso a tre mesi scadenza dicembre 2009 quotano 1,53% (+6 cts. rispetto a 7 giorni fa), il libor a tre mesi è al 1,26%(+2 cts.) e ad un anno al 2,12%(+4 cts.); i bot a 3 mesi allo 0,26%(-0 cts.). I rendimenti dei bonds a 2 anni a 0,92%(-0 cts.); a 5 anni al 1,92%(+12 cts.); il decennale al 3,02% (+27 cts); a 30 anni al 3,77%(+15 cts.). Si amplia il differenziale tra 2 e 10 anni a 210 (+27 cts.).Salgono i tassi sui mutui a tasso fisso trentennali (+3 cts. al 5,07%) fermi i quindicennali(0 cts. al 4,68) e quelli a tasso variabile ad un anno (+1 cts. al 4,81%). Al rialzo invece i differenziali sui bonds aziendali, in parallelo con la caduta della borsa, ma non i rendimenti degli obbligazionari dei paesi emergenti, con i bonds brasiliani al 6,87% sul decennale (i messicani al 6,48%), ed in lieve calo anche il rendimento del decennale giapponese (1,24).
In Europa i tassi euribor scendono ancora: ad un mese al 1,54% (-5 cts.) a tre mesi al 1,85%(-5 cts.) ad un anno al 2,06%(-4 cts.). I rendimenti sui bund tedeschi fermi sul 2 anni al 1,31%(-0 cts.) e salgono sul decennale al 3,11% (+10 cts.) per cui aumenta il differenziale tra 2 e 10 anni (+180 cts.) meno di quello americano, perchè il differenziale con i bonds USA scende a +9 cts. per il bund sul decennale, mentre resta fermo sulla scadenza a due anni (+39 cts.) sempre a favore del bund.
Mentre negli USA, in Inghilterra e in Germania impazzano i salvataggi bancari a suon di centinaia di miliardi, l’italietta si distingue per un aiuto statale di “appena” 10 miliardi. Come al solito però il nostro paese si mette in mostra per il sistema usato, che tenta di negare l’evidenza. Dopo avere annunciato “urbi et orbi” la lieta novella che le banche italiane stavano benissimo e non avevano problemi, esce fuori che 10 miliardi sono assolutamente indispendabili per tenere in vita le più a rischio (Unicredit e Intesa, ne hanno chiesti 3 ciascuno). Pur di avere questi soldi le banche si dichiarano pronte a pagare interessi da usura visti i tassi di mercato attuali: nientemeno che il 7,5-8,5%. Strano, no? come mai non vanno a farseli dare dalla BCE al 2%? Per il semplice motivo che già si sa che non li restituiranno mai, dunque il tasso è solo una facciata per far digerire all’opinione pubblica questo uso delle sue tasse e dei debiti che vengono fatti in conto delle future generazioni. Nel frattempo tremonti va farneticando di supposti controlli delle prefetture nientemeno che sull’uso di questi soldi che sarebbero forzatamente da destinarsi a piccole imprese e consumatori. Noente di più grottesco e irrealistico.
Più in generale l’aspetto paradossale è che lo Stato italiano dall’alto dei suoi quasi 2 mila miliardi di debito pubblico, e dei suoi 60 miliardi di ulteriore deficit nuovo che fa ogni anno, piazzando bot btp e cct per pagare le sue uscite e gli interessi sui debiti esistenti (80 miliardi l’anno, di cui la metà se ne va all’estero), si toglie pure lo sfizio di fare l’investitore: 10 miliardi a un tasso più alto di quanto paga (visto che per ora il costo medio del debito è circa del 4%). Peccato che, come per l’Alitalia, questi soldini non si rivedranno mai più e andranno nel calderone generale; tanto 10 miliardi di debito in più che importanza possono avere per il ricco grasso popolo italiano che già ne ha 2000 sul groppone? infatti, e ce lo dice il nostro grande condottiero Silvio Mussoloni, noi siamo messi meglio di tutti gli altri……(ma lui è palesemente un pò confuso: finora ha spinto il popolo a consumare, adesso scopre che è un bene che gli italiani siano meno spendaccioni degli americani e se ne è vantato nei vertici internazionali; lo si può capire, in fondo resta pur sempre un venditore di pubblicità, anche se con ambizioni “rondiste”).
BORSE: ai minimi dal 1997
Negli USA la settimana si conclude con sp500, Dow Jones e nasdaq ai valori nominali del 1997. Del resto, i dati economici continuano a peggiorare: i prezzi delle case sono scesi nel 2008 di quasi il 20%; la fiducia dei consumatori è ai minimi record nonostante l’operazione pubblicitaria imperniata su Obama; la disoccupazione aumenta implacabile. Gli indici azionari dunque sono scesi ancora, ma con il calo di questa settimana hanno raggiunto il requisito minimo necessario per completare tecnicamente il primo ciclo ribassista iniziato a ottobre 2007.
Sette giorni fa scrivevo: “Probabile pertanto che il ribasso in corso si fermi a 735 circa (140 punti totali, come la prima caduta); dopodichè una quarta di rimbalzo a 804 , e la quinta ultima al ribasso fino a circa 680-700 (si potrebbe arrivare anche in area 600, ma è meno probabile). Questo sviluppo entro metà marzo circa”. Ebbene questa settimana la terza si è fermata a 740 (invece che 735) e la quarta al rialzo si è fermata a 780 (invece che 804); dopodichè è iniziata la quinta (dovrebbe essere l’ultima) che venerdì ha fatto il nuovo minimo a 734. E da lunedì prossimo inizia marzo. Non appena si completa questa quinta si completa anche la quinta minore della quinta maggiore del primo ciclo primario,e si vedrà se questa crisi epocale va al di là di ogni precedente storico: nel 1929-1932, 1937-1942 e 1973-1974 ogni volta vi fu un ritracciamento del 50% dopo che la borsa si era dimezzata. Dunque è lecito aspettarsi anche questa volta(la borsa si è già dimezzata) un rimbalzo grosso modo in questa misura che potrebbe durare da 2 a 4 mesi, prima del nuovo ciclo ribassista. Anche tecnicamente continuano ad esserci segnali che fanno propendere per un imminente svolta di questo tipo. Sempre meno azioni stanno partecipando al ribasso degli indici, il baltic index continua a salire, così come i rendimenti obbligazionari. Manca ancora un cedimento finale impulsivo che spinga ad un estremo in grado di funzionare da minimo di periodo. Questo potrebbe succedere da un momento all’altro. L’sp500 venerdì ha tenuto tutto il pomeriggio nonostante il dato sul PIL ma nel finale è ripiombato sui minimi a 734 che sono 210 punti dall’inizio della quinta onda iniziata a 944; finora l’ampiezza media delle onde è stata fino ad un massimo di 240 punti quindi 704 si dovebbe vedere nei prossimi giorni, anche perchè in area 700, coincidono proiezioni di Fibonacci, fino a 680. Se la caduta avverrà in modo impulsivo, considerate le divergenze esistenti su varie scale temporali, potrebbe poi dare il via all’inversione.
Naturalmente non va dimenticato che le cause di questa recessione globale sincronizzata non sono quelle tipiche del ciclo economico. Si è in presenza di una massiccia deflazione dei debiti, una riduzione delle leve su scala mai vista, con un industria finanziaria che deve essere interamente rifondata, un settore immobiliare in crisi in tutto il mondo, una gran quantità di eccessi in molte altre industrie. Soprattutto è stato decimato il risparmio di una generazione che pensava di poter andare in pensione, e che adesso sta scoprendo che non potrà farlo e dovrà lavorare ancora per molto, ricominciando a risparmiare, sacrificando il tenore di vita cui era abituato. Pertanto questa volta in Borsa potrebbe benissimo non verificarsi quello che si verificò nei precedenti sopracitati, anche se si tratta della Grande Depressione, della Seconda guerra mondiale e del primo shock petrolifero.
Si conclude con Dow a 7063 -4,1% ( -20% da inizio 2009) SP500 a 735 -4,5%(-19%) Nasdaq100 a 1117 -5%(-8%)Russell -5%(-22%) Trasporti -7%( -30%) utilities -3,7% (-13%) semiconduttori +1,2% ( -6%) Broker -4%( -17%) Banche +11%( -45%).Il rapporto tra put e call scende a 0,98 e l’indice della volatilità VIX scende a 46.
Il Nikkey giapponese a 7568 +2%(-14% da inizio 2009), il Dax a 3843 -4%(-20%) il cac francese a 2700, il footsie inglese a 3830 spmib a 15282 e mibtel a 12526804 -2% (-14%). Tra gli emergenti: Brasile -3%(+1%) Russia -1% (-14%) India -1%(-8%) Cina -8%(+14%).
PREVISIONI: settimana intensa
Si inizia a pieno regime fin da lunedì, con il probabile calo dei tassi australiano, con l’esito del summit sull’est europa, con gli indici manifatturieri sia in Europa (dove ci sarà anche l’inflazione), sia negli USA dove saranno resi noti i dati relativi a redditi e consumi delle famiglie, e spesa edilizia, oltre a esserci un paio di interventi di fed boys. Martedì taglio dei tassi in Canada e dagli USA vendite di case e automobili, mentre torna a farsi sentire bernanke questa volta in materia di bilancio dello Stato. Mercoledì, indice dei servizi sia in Europa che negli USA dove si avrà anche la stima ADP dei privati sull’andamento dell’occupazione, ed in serata il Beige Book della Fed, oltre ad un altro paio di fed boys che diranno la loro. Poi giovedì toccherà alla BOE(potrebbe abbassare i tassi al nuovo record di 0,5%) ed alla BCE con la conferenza di Trichet dopo che si sarà saputo il PIL del quarto trimestre europeo; negli USA gli ordini alle fabbriche, mentre il ministro del tesoro testimonierà sul bilancio, ed il vice di bernanke sul caso AIG. Infine venerdì si chiude con i sempre molto attesi dati sull’occupazione americana relativi a febbraio. Si prevede il 14simo calo consecutivo ad un nuovo record di caduta mensile (-645 mila), con un tasso di disoccupazione previsto raggiungere il record post bellico dell’8% dal 7,6 del mese scorso. Risultati di questo genere, o peggiori, confermeranno l’idea che la crisi è destinata a durare a lungo.
L’eurodollaro è atteso ballare parecchio in questo insieme di eventi, soprattuto se ci saranno sviluppi inattesi. Un ruolo importante l’avrà la decisione della BCE: ci si attende un calo di mezzo punto del tasso ufficiale, che scenderà quindi al minimo storico dell’1,5%, ma l’incertezza è elevata, infatti sui futures è scontata solo una riduzione di 25 cts. mentre il mezzo punto è dato solo al 50% di probabilità. Soprattutto conterà poi ciò che dirà Trichet circa le intenzioni future: se vi sarà una indicazione precisa circa il fatto che i tassi hanno raggiunto il minimo, l’euro potrebbe ricevere- almeno inizialmente- una buona spinta. Tutto questo però potrebbe passare in secondo piano di fronte ad una degenerazione della crisi dell’est e dei differenziali sui debiti dei vari paesi componenti l’eurozona. Come si è visto recentemente, in tal caso l’euro sarebbe venduto a piene mani. Invece, se dovesse apparire che vi è la capacità di impedire ogni degenerazione, l’euro dovrebbe beneficiarne. A complicare le cose c’è poi il lato americano dell’equazione sul cambio, con la perversa correlazione che vede il dollaro salire quando la borsa cade e viceversa.
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02 Marzo 2009, 00:02