‘Non toccare le mogli dei detenuti’| Così il capomafia fu cacciato

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05 Ottobre 2016, 06:02

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PALERMO – Le mogli dei carcerati “non si guardano e non si toccano”. Non si fa uno sgarbo a chi sta dentro. Lo impone quello che, in una visione distorta dei valori, viene definito il codice etico di Cosa nostra. E non importa se nel frattempo la donna sia ormai l’ex moglie di un detenuto.

Fu una delle colpe per cui Giovan Battista Ciulla, reggente della famiglia mafiosa di Monreale, si attirò l’ira di chi lo ha spodestato. Nel febbraio scorso Ciulla, che prima di finire in carcere era un insospettabile fisioterapista, contattò la fidanzata al telefono. Era stato costretto a fuggire in fretta e furia dalla Sicilia per raggiungere un piccolissimo paesino della provincia friulana.

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Ciulla, tramite il padre, aveva saputo che “persone più grosse” volevano punirlo perché si era messo “contro di loro”. E così all’indomani Ciulla era già seduto sul pullman che lo portava lontano. Alla donna che gli chiedeva perché stesse accadendo tutto ciò, l’uomo rispendeva rivolgendole con una domanda: “E tu di chi sei moglie?”. Risposta: “Di un ex carcerato”. E le mogli di un carcerato “non si toccano, non si guardano”·

Inutile che la donna precisasse: “L’ex moglie comunque, no moglie… tu gli dovevi dire a loro, prima di dire che non si toccano, io sono… ex moglie, ma no di quando lui è entrato là dentro, anche di prima”. Le ultime parole di Ciulla furono trancianti: “A loro non gli interessa un cazzo”

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05 Ottobre 2016, 06:02

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