05 Novembre 2016, 06:06
4 min di lettura
PALERMO – Una figuraccia non è bastata. Il governo Crocetta ci riprova. Dopo il caos coinciso con l’Expo di Milano, dove la Sicilia ha fatto da “capogruppo” del Cluster Bio-mediterraneo, la Regione ha deciso persino di rilanciare, stanziando nella manovra di assestamento 1,25 milioni di euro per l’organizzazione di un nuovo Expo tutto siculo, in occasione del prossimo G7 a Taormina. Peccato però, che mentre il governo punta al nuovo evento, i creditori del “vecchio” attendono ancora i soldi.
Ovvero il pagamento delle forniture e del personale che in quei mesi ha lavorato nei padiglioni siciliani. “Che colpa abbiamo noi?” avevano protestato già a maggio molti di loro, riuniti in coordinamento. Ma qualcuno è andato oltre, con un pignoramento da 815 mila euro nei confronti delle casse della Regione. Lo “schiaffo” è arrivato dalla Manpower, la multinazionale che ha fornito il personale al lavoro nel padiglione del bio-mediterraneo. Ma si tratterebbe solo del primo e più clamoroso caso. Sono tanti, i creditori in attesa di oltre 2,6 milioni di euro. E nel lungo elenco trovi di tutto. Ci sono produttori storici di caffè, olio, formaggi e birre artigianali, aziende agricole produttrici di agrumi e note case vitinicole. Ma a Expo i fornitori – quasi tutti siciliani – hanno anche portato la porchetta di suino dei Nebrodi e i fichi d’india. Non hanno visto un euro, nemmeno loro, così come l’agenzia che ha portato a Milano il gruppo musicale dei Tinturia, gli chef che hanno lavorato tra i padiglioni, persino gli stagisti inviati lì dall’Università Iulm.
Eppure, ha ribadito anche in commissione bilancio l’ex commissario Cartabellotta, “i soldi ci sono già”. I soldi insomma – paradosso nel paradosso – la Regione li avrebbe già in cassa e sono il frutto dell’”autofinanziamento” dell’evento: insomma, è il provento delle visite e degli scontrini. “Fu proprio una scelta del governo – racconta Cartabellotta – attraverso gli assessori Reale e Caleca e con l’autorizzazione della Ragioneria generale, a di non utilizzare soldi pubblici per le forniture. E si era concordato che appunto il finanziamento per pagare i fornitori sarebbe stato il frutto degli incassi. E gli incassi, alla fine – aggiunge il dirigente – sono stati anche maggiori alle spese per le forniture”. Ma quei soldi il governo non li ha ancora distribuiti a causa di una vera e propria guerra politico-burocratica. Persino difficile da ricostruire, nonostante copra un arco di tempo di appena due anni.
Per farla breve, comunque, è l’aprile del 2014 quando il ministro Martina annuncia che la Sicilia sarà la capofila del cluster bio-mediterraneo: un gruppo di padiglioni tematici e di diverse nazioni del Mediterraneo, appunto. L’assessore, in quei giorni, è Dario Cartabellotta. Ma sarà sostituito poche ore dopo. Da allora, assessori all’Agricoltura ne cambieranno altri quattro (Reale, Caleca, Barresi e Cracolici). Ma Cartabellotta viene inizialmente incaricato di gestire il Cluster, come commissario unico. I primi problemi, però, proprio all’inaugurazione: è il primo maggio del 2015 quando la foto di Cartabellotta all’interno di uno stand allagato scatena le polemiche. Pochi mesi dopo, nonostante i buoni numeri del Cluster, il commissario Cartabellotta viene a sua volta “commissariato” da Roberto Barberi, nominato da Rosaria Barresi. È proprio il neo-commissario, sulla base di un parere dell’Avvocatura dello Stato a chiedere di dichiarare nulli i contratti con i fornitori. Sarebbe mancata la “determina a contrarre”. E i soldi, ovviamente. Ma Cartabellotta afferma di avere già trasferito nel bilancio della Regione oltre 2,6 milioni di euro, frutto, appunto, degli “incassi” del padiglione siciliano. Insomma, i soldi ci sarebbero già, ma i creditori non vengono pagati. Intanto, cambia l’assessore e con lui, il commissario Expo: Cracolici nomina il dirigente generale Ignazio Tozzo. Quest’ultimo punta il dito contro l’assenza della “copertura finanziaria”. Un’accusa respinta al mittente dallo stesso Cartabellotta che aveva già annunciato ricorsi e anche un esposto in Procura. Il dirigente si è sentito “diffamato”.
Tutto risolto? Macché. Nonostante un plotone di assessori, dirigenti, commissari e commissari dei commissari, i creditori non hanno ancora visto un euro. Anche perché il governo ha deciso di coinvolgere anche l’Assemblea regionale siciliana. I deputati, infatti, saranno chiamati ad approvare un disegno di legge per il riconoscimento di quei “debiti fuori bilancio”, approvato dalla giunta il 22 luglio scorso. Ma da allora, nessun passo avanti. Oltre ad aver fotografato una lunga lista di creditori e di aver messo nero su bianco la disponibilità in cassa dei 2,6 milioni di euro necessari per il pagamento di quei contratti, nulla. Perché quelle somme sono considerate debiti fuori bilancio? E perché l’Ars non ha ancora dato il via libera a questi pagamenti? E perché nel frattempo si è consentito ai privati di avanzare richieste di pignoramento andate a segno?
Un caos, insomma. Che al momento sembra di difficile soluzione. Come detto, i debiti potranno essere sbloccati da un voto dell’Ars. Voto che non arriva, nemmeno in commissione bilancio, dove il ddl prende polvere già da settimane. E il motivo è semplice: i deputati non sono convinti della legittimità “formale” di quei contratti e non vogliono assumersi la responsabilità di legittimare, ovvero di “sanare” eventuali rapporti contrattuali illegittimi. E così, i creditori attendono o denunciano la Regione. Che potrebbe essere presto sommersa dai pignoramenti. Mentre pensa a spendere un milione e duecentomila euro per un altro Expo. Per un’altra, potenziale figuraccia.
Pubblicato il
05 Novembre 2016, 06:06