26 Febbraio 2013, 19:06
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CATANIA – I cadaveri di Giuseppe Spampinato e Francesco Grasso non si sono mai trovati, ma intanto la macchina della giustizia non si è fermata. Sono stati rinviati a giudizio Rosario Grasso e i suoi familiari. Il Gup Sebastiano Di Giacomo Barbagallo ieri ha accolto, infatti, la richiesta del sostituto procuratore Pasquale Pacifico: il titolare dell’agriturismo Akis di Pennisi (frazione di Acireale) dovrà rispondere di omicidio aggravato in concorso con ignoti, occultamento e distruzione di cadavere in concorso e detenzione e porto abusivo di arma da fuoco. La moglie Maria Gabriella Pappalardo e i due figli Filippo e Angelo Grasso invece sono accusati di favoreggiamento personale in concorso.
Un indagine difficile quella riguardante i pregiudicati Giuseppe Spampinato, affiliato al clan dei Laudani e Francesco Grasso, imparentato con un boss ergastolano, svaniti nel nulla nel febbraio del 2011. Per gli inquirenti i due sarebbero stati uccisi proprio nell’azienda agrituristica Akis, di Pennisi, frazione di Acireale, di proprietà dell’imputato. Il luogo è stato localizzato grazie a un’attenta attività di intelligence dei carabinieri che ricostruendo una fitta rete di contatti telefonici intercettarono una cella telefonica di Pennisi, molto vicina al b&b, a cui si erano agganciati i cellulari di Spampinato e Grasso, poco prima di far perdere le loro tracce. L’agriturismo era molto frequentato da Spampinato e Grasso, andavano nel locale di Pennisi a cena in compagnia, si legge nell’ordinanza, di molte donne. Ipotesi confermata dalla dichiarazioni dello stesso Rosario Grasso che nelle sue varie deposizioni ai magistrati racconta che quella sera i due erano andati a trovarlo all’agriturismo per la restituzione dell’ultima rata di un prestito di 10 mila euro.
Un appuntamento con la morte. Francesco Grasso e Giuseppe Spampinato infatti vengono uccisi. Il titolare dell’Akis racconta i dettagli del delitto. Se in un primo momento agli inquirenti dichiara che tutto era avvenuto all’esterno dell’agriturismo: tesi che non ha mai convinto i magistrati, in una seconda deposizione Rosario Grasso racconta una nuova versione dei fatti. Tre uomini sarebbero entrati in ufficio, pochi secondi e sarebbe partito un colpo di semiautomatica contro Francesco Grasso, che sarebbe finito morto sul pavimento in una pozza di sangue, la pistola poi – secondo la ricostruzione dell’imputato – sarebbe stata subito puntata su Spampinato, la pallottola però sarebbe rimasta in canna, perché l’arma si sarebbe inceppata. Questo non ha fatto desistere il sicario che lo avrebbe con il calcio della pistola colpito violentemente al capo. I due corpi, mai più ritrovati, sarebbero stati trascinati fuori e caricati in un’Audi scura. Grasso non ha parlato immediatamente, perché avrebbe ricevuto delle minacce. “Se parli muori”. Per non lasciare tracce sarà lo stesso Grasso a ripulire il sangue da corridoio e dal pavimento e a ridipingere le pareti. Ed è proprio su questo punto che arriva la svolta, grazie all’intuizione di un biologo molecolare del Ris.
Si decide di utilizzare il luminol, un reagente chimico, che ha permesso di isolare vaste porzioni di sangue, invisibili ad occhio nudo, dalle pareti e dal pavimento, tra le mattonelle in cotto e su alcune pietre ornamentali.(LE FOTO DEI RIS) L’elemento che sarà determinante nell’impianto probatorio e che il sangue rinvenuto, sottoposto al test del dna, sarebbe compatibile con uno dei familiari delle vittime. Rosario Grasso, detenuto nel carcere di Catanzaro, era stato arrestato lo scorso aprile. Ieri non era presente in aula: ha deciso di non comparire. Forse ci sarà il prossimo 17 maggio, data in cui è stata fissata la prima udienza davanti alla Corte D’Assise di Catania. Ma sul caso dell’Akis c’è un altro sospetto, Romeo Nicola Orazio che è indagato per gli stessi reati e che secondo gli inquirenti avrebbe ucciso Grasso e Spampinato insieme al titolare del agriturismo.
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26 Febbraio 2013, 19:06