Droga, immobili e forniture imposte |Gli affari della ‘stidda’ a Gela

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26 Settembre 2019, 15:31

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GELA (CALTANISSETTA), 26 SET – Le intercettazioni degli investigatori nell’ambito dell’operazione antimafia “Stella cadente” hanno alzato il velo sugli ultimi affari della stidda gelese a partire dal 2014 quando sono tornati in libertà i fratelli Bruno e Giovanni Di Giacomo e hanno riallacciato le fila di una fitta rete di contatti con sodali, vecchi e nuovi, costituendo – dicono gli investigatori – una doppia anima della consorteria, imprenditoriale e militare, funzionale allo sviluppo di attività criminali nei settori di operatività tipici delle associazioni mafiose che hanno come principale fine il controllo del territorio. I fratelli Di Giacomo – secondo gli inquirenti – sono riusciti a imporre la loro costante presenza nel territorio gelese fino a penetrare stabilmente nel tessuto economico legale avvalendosi d’imprese mafiose, intestate fittiziamente a prestanome, dedite alla distribuzione dei prodotti per la ristorazione e di prodotti alimentari, in quello delle serate in discoteca e nel settore immobiliare. La stidda capeggiata da Bruno Di Giacomo si è resa responsabile “di una seriale attività estorsiva avvenuta attraverso il metodo dell’imposizione dei prodotti per la ristorazione e alimentari a numerosi commercianti gelesi che erano costretti ad acquistare beni, talvolta a prezzi maggiorati e in altre occasioni in quantità maggiori rispetto al loro volere, per il solo fatto che erano commercializzati dal capo mafia”. Alcuni imprenditori hanno trovato il coraggio di denunciare le estorsioni subite alla Polizia grazie al sostegno del presidente dell’associazione antiracket di Gela, Renzo Caponetti. Altro settore economico d’interesse degli stiddari è stato quello della costruzione, ristrutturazione e compravendita immobiliare, dove la stidda si era inserita attraverso società di comodo, intestate a Alessandro Emanuele Pennata, costituite “al chiaro scopo di ripulire il danaro sporco provento delle attività illecite”. Il gruppo mafioso trafficava anche in stupefacenti, che apportavano denaro contante. Quando i fratelli Di Giacomo erano ancora in carcere, sin dal 2012 la consorteria era riuscita a strutturare un imponente traffico di stupefacenti anche con importanti trafficanti napoletani, gestito da Scilio Alessandro Scilio, Vincenzo Di Maggio e Massimiliano Tomaselli. Dopo la loro scarcerazione i fratelli Di Giacomo hanno ripreso il controllo del traffico degli stupefacenti. Durante l’inchiesta sono stati scoperti numerosi covi dove gli stiddari nascondevano armi e droga.

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(ANSA).

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26 Settembre 2019, 15:31

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