11 Agosto 2017, 12:53
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PALERMO – Il ristorante con cibo da asporto si chiama “I Palermitani”. Un nome scelto per mostrare con fierezza le proprie origini, ma anche per attirare con le prelibatezze della cucina siciliana i clienti che vivono al Nord. In questo caso a Rho, in provincia di Milano.
Il ristorante è uno dei beni sequestrati dai finanzieri della polizia tributaria di Palermo a Calogero Rizzuto. In realtà, l’attività commerciale è intestata al figlio Angelo che come il padre è stato arrestato su ordine della Direzione antimafia di Catanzaro in un blitz del 24 gennaio scorso, quattro giorni dopo l’inaugurazione del locale. Il ruolo dei Rizzuto sarebbe l’ennesima conferma del consolidato interesse dei clan mafiosi palermitani per i traffici di droga. Ed è sui rapporti con i boss di Villagrazia- Santa Maria di Gesù che si indaga per scoprire a chi fosse destinata la droga che i Rizzuto facevano arrivare a Palermo.
L’8 luglio 2015 dal un telefonino usato da un palermitano partirono alcuni sms indirizzati a Domenico Iannello, originario di Vibo Valentia: “Ieri in quel ristorante ho mangiato malissimo e ho fatto brutta figura con mia sorella… neanche io me l’aspettavo perché nel ristorante precedente il mangiare era squisito”. Gli investigatori sono certi che a scrivere i messaggi fosse Angelo Rizzuto e che stesse protestando per la scarsa qualità della cocaina. Aveva restituito una partita di droga ai calabresi. Il successivo 20 luglio Iannello fu arrestato sull’autostrada Palermo-Messina all’altezza di Termini Imerese. Dentro la macchina nascondeva due chili e trecento grammi di cocaina, stavolta purissima. Il destinatario della polvere bianca sarebbe stato proprio Angelo Rizzuto.
Il ruolo di padre e figlio nei traffici di droga coinciderebbe con la loro scalata economica ricostruita dai finanzieri palermitani. Si sono permessi il lusso di costruire una bella villa su due piani in un terreno fra i rioni Bonagia e Belmonte Chiavelli. Poco rifinita all’esterno, molto curata all’interno, con ampio giardino e piscina.
Secondo il Gico della Tributaria, i Rizzuto non avrebbero redditi “puliti” tali da giustificare neppure l’apertura del ristorante di via Dante a Rho e della barberia di via Torrevecchia a Roma (entrambe le attività restano aperte sotto il controllo di un amministratore giudiziario). Non sarebbe neppure casuale la scelta di aprire le attività lontano da Palermo per evitare guai. Guai che, invece, sono arrivati.
L’asse tra mafia e ‘ndrangheta è tornato di grande attualità. I calabresi fanno giungere la droga in Italia attraverso i porti di Rotterdam, Anversa e Gioia Tauro. Ed è in Calabria che intervengono i siciliani comprando la cocaina a 35-40 mila euro mila euro al chilo. Un chilo di polvere bianca messo in mano ai pusher che invadono la città di Palermo frutta 250 mila euro. Da 80 centesimi al chilo – pagati ai coltivatori delle foglie di coca nelle foreste colombiane – a 250 mila euro: ecco spiegato, con la forza dei numeri, il grande business della droga, tornato ad essere indispensabile per i boss palermitani che volte si servono della copertura economica di insospettabili imprenditori.
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11 Agosto 2017, 12:53