12 Agosto 2010, 16:33
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“Sì, Giuseppe Falsone sono io”. Il boss fa la conferma che gli inquirenti aspettavano da cinquanta giorni, gli stessi in cui Linghi linghi, ostinato, ha continuato a ripetere di chiamarsi Giuseppe Sanfilippo Frittola. Sarà stata l’aria del Bel paese, ma poco dopo aver passato la frontiera, il boss di Campobello di Licata ha dismesso quei modi alla continentale, imparati in terra francese e ha ripreso a parlare in siciliano, meglio in campobellese. Falsone ha confermato la sua identità e ha chiesto di poter vedere i familiari. Di fronte alle telecamere della Polizia italiana, che, nel commissariato di Ventimiglia, lo riprendevano durante le procedure di rito, ha commentato spaesato: “Ma sti cosi in Francia nun si ponnu fari, dico filmati, fotografie”. Giuseppe Falsone, il boss, il superlatitante, il numero due di Cosa nostra, uno dei prediletti di Binu Provenzano, si è presentato all’autorità italiana dime sso, bonario, quasi collaborativo. In buona forma, abbigliamento casual, ma ricercato, i capelli corti, non più alla moda borghese del giorno dell’arresto. Falsone non ha per niente l’aria del boss e pare aver perso quell’orgogliosità mafiosa, che tutta Cosa nostra agrigentina gli riveriva da anni. Numero uno della consorteria di Agrigento, ha sulle spalle decine di omici, per uno di questi, quello di Salvatore Ingaglio, stiddaro, dovrà scontare l’ergastolo. Non basta, oltre che sanguinario, Falsone era il terrore di qualasiasi tipo di imprese. Negli ultimi dieci anni, infatti, si era messo in testa di fare affari nella grossa distribuzione e nell’edilizia. Secondo gli inquirenti, gli sfuggiva poco o nulla dei grossi affari agrigentini e aveva messo su un impero di capitali, mobili e immobili, certosinamente smantellato da una serie di blitz antimafia. Sequestri di beni e arresti di fiancheggiatori lo avevano spossato, al punto da fargli scegliere “l’esilio” francese. Ieri è tornato in patria e a occhio nudo pare che resti poco del baldanzoso boss. Dialoga con naturelezza con i poliziotti, pare non conservare nulla di quell’appeal minaccioso, che ha fatto la sua forza, già da giovanissimo. Che sia il preludio di una collaborazione con la giustizia? Non sarebbe il primo boss superlatitante a fare questa scelta. In merito, al momento, gli inquirenti non sono nelle condizioni di pronunciarsi.
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12 Agosto 2010, 16:33