21 Aprile 2009, 10:58
1 min di lettura
Roberto è nato e ha sorriso, come se nulla fosse accaduto. Non sapeva di avere rischiato grosso. Non sapeva che i suoi angeli custodi l’avevano appena salvato facendolo nascere. Sì, nascere in fondo non è difficile. Ma provateci su un’ambulanza in corsa, sparata a cento all’ora verso l’ospedale, in un abitacolo angusto, con gli attrezzi del mestiere e le medicherie che ciondolano e cascano da tutte le parti. Roberto è nato così, pericolosamente, su un mezzo del 118, mentre il medico che l’aveva aiutato a uscire e l’infermiere che aveva aiutato il medico, se lo passavano tipo pallone scivoloso, attentissimi a non farlo cadere. Questa (bella) storia palermitana la racconta Augusto Iadicola, valoroso camice bianco del 118. “Ieri – spiega – siamo arrivati con l’ambulanza a San Martino. L’allarme veniva da una casetta immersa in una specie di cava”. Entra il dottore, in quella casina da sette nani. Entra e trova una Biancaneve rumena, con marito e altro figlio, straziata dai dolori del parto. “L’abbiamo subito caricata in ambulanza e ci siamo diretti verso il vicino ospedale ‘Ingrassia’”. Ma Roberto aveva fretta. “A un certo punto abbiamo visto spuntare la testa – racconta il dottor Augusto – e che dovevamo fare? Tanto in ospedale non saremmo arrivati in tempo. Abbiamo gestito la gravidanza come potevamo. Tutto è durato un minuto. Abbiamo tagliato il cordone ombelicale, tutto senza fermare l’ambulanza. Il bambino è in ospedale e sta bene. Con me – ricorda il medico – c’erano l’infermiere Giuseppe Mancuso, il soccorritore Angelo Stancampiano e l’autista Antonio Bonura”. E’ un popolo generoso quello del 118. Agisce spesso con pochi mezzi e salva tante vite. Come quella di Roberto che sorride e pensa magari alla cicogna.
Pubblicato il
21 Aprile 2009, 10:58